Cimbri
- Autore: Umberto Matino
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2019
Il cimbro è una lingua germanica ancora oggi parlata da un ristretto numero di persone in alcune zone montane del Veneto e nella provincia di Trento. La leggenda secondo la quale alcune popolazioni tedesche insediatesi in Italia discenderebbero da quegli stessi cimbri contro cui si scontrarono i romani è un’invenzione che ha avuto grande successo presso gli intellettuali dei secoli passati, ma che non corrisponde alla realtà.
I cimbri originari della regione che va dallo Jutland al basso Elba, che invasero la Gallia nel 109 a.C. e che furono vinti da Gaio Mario (157 a.C.-86 a.C.) presso i Campi Raudii, nel 101 a.C., non sono parenti degli attuali cimbri dei Sette Comuni vicentini. Questi ultimi, infatti, discendono dai coloni tedeschi che raggiunsero le nostre montagne dopo il Mille, portando con sé il loro idioma e la loro cultura: essi erano chiamati “Tzimber”, cioè carpentieri, e da qui nacque l’equivoco del nome.
Fuori dal Veneto l’affascinante storia di questo popolo non è molto conosciuta, ma dal 2019 i lettori della Penisola possono giovarsi di un nuovo testo sull’argomento: Cimbri di Umberto Matino, pubblicato dalle Edizioni Biblioteca dell’Immagine.
Matino è un saggista, ma innanzitutto un romanziere che ama la sua terra, il Veneto:
“non mi sono proposto di redigere una vera e propria “Storia dei Cimbri”: non sono uno storico” premette subito lo scrittore, “e già questa constatazione basta e avanza per far capire perché non mi sia posto un obiettivo del genere”.
“In questo libro intendevo semplicemente raccontare il mondo dei Cimbri così come l’ho conosciuto mentre ideavo i miei romanzi e cercavo loro notizie nelle tante pubblicazioni che li riguardavano”.
L’autore ha quindi deciso di raccogliere le fonti, non di rado in contraddizione tra loro, e di commentarle, componendo il percorso dell’identità dei cimbri dalle origini ai giorni nostri. Le difficoltà non sono poche, molti documenti sono stati distrutti dalle guerre
“Ma una causa niente affatto secondaria del silenzio e del mistero che avvolgono le loro vicende è da ricercarsi nella natura stessa di quel popolo di montanari, che mai fu dedito alle lettere e che solo sporadicamente annoverò fra la propria gente qualcuno che si prendesse la briga di raccontarne le origini e le gesta”.
Circondati da venetofoni, attraverso i secoli, i cimbri hanno subito un processo di erosione linguistica e di “venetizzazione”. Tuttavia, la data che segna l’inizio del vero declino cimbro è da considerarsi il 29 giugno 1807, il giorno in cui Napoleone Bonaparte pose fine alla Spettabile Reggenza dei Sette Comuni, privando quella porzione del Vicentino delle storiche autonomie e privilegi che gli erano sempre stati garantiti, sin da quando quella terra aveva fatto spontaneo atto di dedizione alla Repubblica di Venezia, il 20 febbraio 1405. Il colpo di grazia all’antico mondo linguistico, che era sopravvissuto tanto a lungo arroccato sui monti, fu la Grande Guerra, con tutti i suoi orrori e la completa evacuazione messa in atto nel 1916.
Oggi la lingua cimbra conta meno di mille parlanti, ma Matino nella sua opera sottolinea che il popolo cimbro non è scomparso, egli critica
“la radicata convinzione che, alla fin fine, i Cimbri si siano estinti e che solo le località dove sopravvive qualche individuo che parla l’antico dialetto cimbro debbano essere considerate la vera terra della attuale “minoranza cimbra” la quale, altrove, viene quindi data per scomparsa.”
“In pratica, secondo questa curiosa concezione, solo a Giazza, a Luserna e a Roana – ove appunto sono presenti persone che parlano il dialetto cimbro – esisterebbero ancora i Cimbri”.
In realtà, le genti montane che parlavano l’antica favella non sono state sostituite, né sterminate:
“i Cimbri non sono scomparsi e i loro discendenti vivono nei medesimi luoghi di sempre. Vivono insieme ai loro compaesani veneti con i quali, per oltre nove secoli, hanno pacificamente convissuto e con i quali si sono mischiati e accoppiati dando origine a un mix originale di culture montanare, una sintesi di apporti centroeuropei e di apporti veneti”.
Cimbri è un libro che non ha pretese accademiche ed è anche segnato da alcuni errori; ad esempio sarebbe stato più giusto che l’autore, anziché utilizzare l’appellativo di “Altopiano di Asiago”, scegliesse sempre il nome “Altopiano dei Sette Comuni”, che è quello autenticamente tradizionale. La dicitura “Altopiano dei Sette Comuni”, oltre che più corretta, è da preferirsi anche perché tiene conto di quella natura federale e plurale che rispecchia la storia e il tessuto sociale del territorio.
Ciononostante non è il caso di emettere un giudizio negativo sul lavoro di Umberto Matino, che ha scritto con passione, mosso da un amore sincero, ed è riuscito a raggiungere un traguardo importante: solitamente, le pubblicazioni relative ai cimbri non escono dal circuito locale e molti ottimi tomi sono ormai reperibili solo nelle biblioteche, egli è riuscito a portare la storia dei cimbri nelle librerie d’Italia ed è un grande risultato.
A quanto pare, Cimbri ha avuto successo, continua a essere acquistato e ciò è segno che esiste una massa di persone che vuole informarsi sul particolare tema affrontato. C’è da sperare che il libro dia i suoi frutti, soprattutto presso i giovani: chissà che nelle sue montagne, un giorno, il cimbro possa anche essere insegnato a scuola...
Questo saggio è raccomandabile ai ragazzi e agli adulti principalmente per una ragione: esso tenta di proporre una riflessione sull’identità cimbra nel presente, spinge a porsi delle domande, ma offre anche delle risposte che non sono né banali né astratte.
Cimbri. Vicende, cultura, folclore
Amazon.it: 17,10 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Cimbri
Lascia il tuo commento