Commiato appartiene alla prima stagione poetica di Giuseppe Ungaretti, quella dell’Allegria (1919). Si presenta come una poesia scritta in forma di lettera indirizzata all’amico Ettore Serra, un giovane ufficiale conosciuto sul fronte. Come molte poesie scritte durante la guerra anche Commiato riporta in epigrafe un luogo e una data precisa: Locvizza il 2 ottobre 1916.
Ungaretti scrisse il testo su uno dei suoi famosi foglietti volanti, brandelli di carta che usava tenere con sé in trincea e sul quale registrava un costante esame di coscienza con sé stesso. L’intento iniziale di Giuseppe Ungaretti non era la pubblicazione, disse che non partecipava alla guerra per “riscuotere applausi”; ma per fortuna un suo amico soldato comprese il valore incommensurabile di quei brandelli di carta volanti che il poeta teneva raccolti alla rinfusa nel tascapane.
Il nome del soldato era Ettore Serra, fu il primo ammiratore di Ungaretti e a lui dobbiamo la stampa della prima edizione de Il porto sepolto (1916), pubblicata in una tiratura limitata di appena ottanta copie a Udine. La poesia che chiudeva quella prima edizione di versi ungarettiani era proprio Commiato che si apre con una dedica dal taglio epistolare: Gentile, Ettore Serra.
Proprio con quei versi Giuseppe Ungaretti si preparava a consegnare i suoi foglietti “destinati a nessun pubblico” al mondo intero. Se oggi possiamo leggere le poesie di Ungaretti dobbiamo dire grazie a Ettore Serra, quest’uomo sconosciuto ai più eppure così determinante per la nostra storia letteraria.
In Commiato è contenuta anche la dichiarazione di poetica più celebre di Ungaretti, il riferimento alla parola pura: “scavata nella mia vita come in un abisso”.
“Commiato” di Giuseppe Ungaretti: testo
Locvizza il 2 ottobre 1916
Gentile
Ettore Serra
poesia
è il mondo l’umanità
la propria vita
fioriti dalla parola
la limpida meraviglia
di un delirante fermentoQuando trovo
in questo mio silenzio
una parola
scavata è nella mia vita
come un abisso.
“Commiato” di Giuseppe Ungaretti: analisi e commento
Tra il silenzio e l’abisso c’è la parola. La parola che è vita, che è salvezza. Nella seconda strofa di Commiato troviamo la cifra essenziale della poetica di Ungaretti.
In questi versi il poeta-soldato delinea tutte le coordinate essenziali entro cui si muove la sua poesia. Nella prima parte Ungaretti si dà una definizione universale di poesia, facendola coincidere con l’intera umanità e con il mondo stesso, con la vita che sboccia e fiorisce anche nelle condizioni più impensabili. È la confusione magmatica dell’esistenza, il suo stesso inarrestabile vitalismo, a generare la poesia.
Nella seconda strofa, la più incisiva, Ungaretti ci dà la sua personale definizione di poesia introducendosi in prima persona. A segnalarci lo stacco netto dalla prima parte non è solo la prima persona singolare dei tempi verbali, ma anche l’uso marcato dei pronomi possessivi “mio silenzio/mia vita”.
Come possiamo osservare la lirica ha una costruzione speculare, le due sezioni in cui è divisa sono perfettamente simmetriche, si rovesciano l’una nell’altra. Per spiegare la sua visione di poesia Ungaretti si serve della metafora dello scavatore, dello speleologo.
La poesia è ciò che nasce dallo scavo interiore, dall’incontro con quell’abisso insondabile che è dentro di noi nel quale non vi è silenzio, ma una riserva inesauribile di parole. Di quei foglietti scritti sul Carso, salvati dall’intervento provvidenziale di un lungimirante Ettore Serra, Ungaretti era solito dire che fossero il suo “esame di coscienza”. La poesia, non a caso, ci viene presentata come uno sprofondare consapevole nella nostra inquietudine umana. Era quello il “porto sepolto” che poi avrebbe dato il titolo alla prima raccolta poetica ungarettiana.
Nella prefazione all’edizione de L’Allegria datata 1923 sarebbe stato lo stesso poeta a spiegare la distinzione tra vocabolo e parola:
Trovare una parola significa sprofondare nel buio abissale di sé senza turbarne né riuscire a conoscerne il segreto.
Il segreto dunque non deve essere svelato, la poesia esiste dove permane il mistero, la sottile linea d’ombra tra la parola e il silenzio, tra la vita e l’abisso.
Come nasce la poesia? Giuseppe Ungaretti in un’intervista Rai, nel 1961, spiegava:
Si fa poesia non pensandoci. Perché occorre farla. Ho scritto il primo libro di poesie, Il porto sepolto, e la prima parte dell’Allegria, l’ho scritta in trincea, su dei pezzetti di carta che mi capitava di avere, su delle cartoline di ghisa.
Proprio in quell’intervista il grande poeta del Porto sepolto concludeva il suo discorso con una dichiarazione di resa: la “parola è impotente”, dice proprio lui, il poeta della parola pura e illuminata, “non riesce mai a svelare il segreto che è in noi, lo avvicina”.
Così conclude Ungaretti, con un sorriso dolcissimo e arreso, consapevole in fondo di tenere per sé anche quell’ultimo segreto di poetica.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Commiato” di Giuseppe Ungaretti: una poesia epistolare dal dedicatario illustre
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo Poesia Storia della letteratura Giuseppe Ungaretti
Lascia il tuo commento