Comprendere il caos siriano
- Autore: Randa Kassis e Alexandre Del Valle
- Genere: Politica ed economia
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2017
Nessun occidentale può considerarsi al sicuro dal totalitarismo islamista nel mondo. La nostra vecchia Europa è territorio di reclutamento, base logistica, teatro d’azione e bersaglio privilegiato dei fanatici musulmani. E molto si deve al crogiolo siriano, in ebollizione da anni. Un volume che sostiene queste tesi è apparso l’anno scorso in Francia, a firma di Randa Kassis e Alexandre del Valle. D’Ettoris Editori di Crotone lo ha importato in Italia nel gennaio 2017, col titolo “Comprendere il caos siriano. Dalle rivoluzioni arabe al jihad mondiale” (pp. 392, euro 22,90).
Alexandre Del Valle, politologo italofrancese, insegna relazioni internazionali ed è autore di diversi libri sull’islamismo radicale. Randa Kassis è una scrittrice e antropologa siriana, cacciata nel 2012 dal movimento anti Assad, il Consiglio nazionale siriano, per aver denunciato l’aggressività omicida delle fazioni islamiste, eterodirette dall’estero.
È un libro che sarebbe piaciuto a Oriana Fallaci, per la determinazione con cui insiste sulla minaccia dell’Islam radicale, "scioccamente" sottovalutata in Europa. È quello che sosteneva con passione la giornalista fiorentina, che ha speso gli ultimi anni della sua vita per mettere l’Occidente sull’avviso: qualcuno laggiù ci odia, detesta il nostro modo di vivere, le nostre libertà civili, la nostra democrazia, il nostro progresso e ci vuole far tornare al medioevale oscurantismo etico e sociale in cui vive.
La nuova strategia del terrore islamico, portata avanti soprattutto, ma non solo, dai tagliagole dell’Isis e quindi Daesh (prima ci sono stati al-Khaeda e i talebani), lancia un messaggio dal significato inequivocabile. Non ci odiano per quello che facciamo, ma per quello che siamo. Non puniscono il potere economico, il capitalismo, i bombardamenti USA, ma ci ammazzano perché infedeli, ebrei, cristiani, laici, atei.
Islamikaze: è con un neologismo efficace che gli autori chiamano i killer della gente comune, i fanatici musulmani che uccidono gli innocenti, vecchi, bambini, giovani, colpendo a caso, nel mucchio, sacrificando perfino i loro correligionari.
Il 19 dicembre 2016, la Germania ha subito il primo attentato jihadista ad alta intensità, quando un camion si è schiantato contro un mercatino natalizio a Berlino. La cancelliera e il paese più immigrazionista d’Europa sono stati ripagati così per la loro "apertura". Cosa insegna questa strage? La risposta degli autori è che ormai ogni paese europeo, compresi quelli più filoislamici come la Germania o altri che non hanno colonizzato i paesi arabi (Belgio, Stati scandinavi…) possono diventare in ogni momento un nuovo bersaglio del totalitarismo islamista armato, che ha dichiarato guerra a tutte le società moderne e a tutto il mondo miscredente. In secondo luogo, la vicinanza del responsabile, Anis Amri, all’imam della moschea di Moabit cancella la stucchevole autodifesa di ogni musulmano: che
“gli jihadisti non hanno niente a che vedere con l’islam, e che si sarebbero radicalizzati da soli sul web”.
Gli islamisti hanno un progetto di conquista del mondo paragonabile a quelli del nazismo e del comunismo.
“Non si accontentano più di terrorizzare i cristiani o gli ebrei nei paesi musulmani, ma lì vanno a cercare e a sgozzare fino all’Europa e ovunque nel mondo”
come dimostra la strage crudele compiuta da giovani fanatici musulmani a Dacca, nel Bangladesh, nel luglio 2016, in un ristorante frequentato da occidentali. È costata la vita anche a nostri connazionali, uomini e donne.
Far penetrare la paura nel cuore degli infedeli è uno degli obiettivi dichiarati della strategia della tensione terrorista. E il peggio deve ancora arrivare. Gli attentati non potranno che moltiplicarsi nel nostro continente quando le bandiere nere dell’IS saranno sconfitte nel Califfato e i volontari foreign fighters torneranno in Occidente.
L’Europa multiculturale, che ha costruito il suo mito fondatore sul concetto di pace perpetua e sul rifiuto dello scontro di civiltà, è in prima fila e deve rendersi conto di essere di fatto in guerra. Le nazioni post-coloniali hanno trascurato la difesa dei loro valori e della loro identità, condizione essenziale per governare l’integrazione degli immigrati e la crescita di una società equilibrata. Hanno riconosciuto ciecamente ai musulmani un "diritto alla differenza",
“traviato da un comunitarismo sovversivo e vendicativo che ha posto le basi per il jihadismo europeo”.
Qualche segno di speranza viene da giovani arabi assetati di progresso e di emancipazione, che pur esposti a rischi gravi non esitano più a criticare la sharia e i suoi seguaci. È il più grande scacco per i fanatici,che restano i veri autolesionistici responsabili dell’islamofobia che comincia a diffondersi nel mondo e che fa sempre più associare la religione islamica alla violenza, alla guerra e al terrorismo.
È vero che gli islamisti reclutano volontari jihadisti dovunque, comprese le nostre società aperte, ma è anche vero che nonostante siano capaci di mobilitare gruppi di psicopatici, stanno facendo nascere in molti correligionari una riprovazione senza precedenti, che mette in discussione la stessa ortodossia islamica e l’islam politico.
Comprendere il caos siriano. Dalle rivoluzioni arabe al Jihad mondiale
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