Con Garibaldi alle porte di Roma
- Autore: Anton Giulio Barrili
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2021
Il mito dell’Eroe dei due mondi ha doppiato due secoli. Garibaldi è stato qui: negli anni Ottanta, circolava una ricerca che registrava minuziosamente i luoghi in cui il generale si è fermato in Italia. Alcuni sono tuttora segnalati da targhe e lapidi, apposte anche su palazzi, edifici e case private che l’abbiano ospitato, sia pure per poche ore. Siamo stati “con Garibaldi”: quanto orgoglio e che onore per i patrioti che condivisero le sue imprese. “I posteri ci invidieranno” dichiarava uno scrittore garibaldino, Anton Giulio Barrili, nel dedicare il suo libro di memorie al compagno d’armi e fraterno amico Stefano Canzio, ufficiale delle camicie rosse e genero del condottiero. Dal 1895, Con Garibaldi alle porte di Roma è stato riedito più volte, la pubblicazione più recente fa capo alle edizioni Gammarò (giugno 2021, 216 pagine), nella collana i Classici del marchio ligure, con la prefazione di Francesco De Nicola e le note a cura di Vincenzo Gueglio.
In appendice, sono riprodotte le immagini in bicromia del carteggio conservato nella Biblioteca Civica di Carcare (SV), esempi della corrispondenza tra Garibaldi e il giornalista savonese, con le lettere del generale aperte immancabilmente da un affettuoso “Caro Barrili”.
Chi è Anton Giulio Barrili
Anton Giulio Barrili, nato a Savona nel 1836, ha trascorso gran parte della vita a Carcare, dov’è morto nel 1908. Volontario nell’esercito piemontese nel 1849, avviò la carriera giornalistica fondando "L’Occhialetto" e assunse poi la direzione della testata filogaribaldina "Movimento". È stato deputato della sinistra, prima di scegliere l’insegnamento accademico: letteratura italiana nell’Università di Genova. Scrisse una cinquantina di romanzi.
Barrili ha seguito Garibaldi in Trentino nel 1866 e nella campagna contro lo Stato Pontificio nel 1867, nel corso della quale venne ferito. Garibaldino nel profondo del cuore: sfidò a duello un ufficiale, che aveva contestato lo sdegno espresso in un suo articolo per le fucilazioni e le torture inflitte ai garibaldini prigionieri in Aspromonte.
Con la camicia rossa stampata sulla pelle, Barrili si è inserito nella memorialistica garibaldina decidendo di riprendere in mano le pagine sulla sfortunata campagna romana del 1867, dopo aver pronunciato l’elogio funebre di Garibaldi il 15 giugno 1882, nell’Aula Magna dell’Ateneo genovese. A caldo, le aveva già proposte nel 1868 sul "Telegrafo del mattino".
Il libro Con Garibaldi alle porte di Roma venne dato alle stampe nel 1895, nel venticinquennale di Porta Pia e gli diede la notorietà postuma più dei tanti romanzi. Lo fa notare il prof. De Nicola, ricordando il parere assai positivo di Benedetto Croce (che invece non aveva nascosto pesanti riserve sulla narrativa barriliana). Ancora nel 1938, Pietro Pancrazi definirà “bellissime” le pagine che raffigurano Garibaldi in vista di Roma sul Monte Sacro e quelle sulla triste giornata di Mentana:
“di grande evidente semplicità e di grande celata emozione lirica: tra tanta letteratura garibaldina, anche fiacca, che entrò in circolazione, non si capisce perché queste del Barrili restassero poco note”.
La battaglia di Mentana, nel racconto di Barrili
Sin dall’inizio del 1867, il nizzardo si era rimesso in azione per restituire la capitale storica all’Italia. Nuove speranze sulla questione romana erano state generate dalla caduta del governo Ricasoli, morbido verso la Chiesa e dalla formazione di un nuovo esecutivo anticlericale, con alla testa Rattazzi. Il generale avviò per questo un progetto d’insurrezione a Roma e nel Lazio, appoggiata nella fase conclusiva da una spedizione di settemila volontari da lui guidata. Ma Rattazzi scelse di temporeggiare, impensierito dalla posizione politica piuttosto debole della sua compagine, condannando l’azione al fallimento. Nella battaglia di Mentana, il 3 novembre 1867, i garibaldini vennero sconfitti dalle truppe francesi, inviate da Napoleone III a difesa della Roma papalina, armate di moderni fucili a tiro rapido Chassepot, contro i moschetti ad avancarica degli italiani, peraltro ridotti a poco più di duemila dalle numerose diserzioni.
Le memorie di Barrili riprendono in chiave leggera gli episodi della spedizione. Avrebbe voluto intitolare il libro scampagnata epica, il tono infatti è scanzonato, più da gita che da campagna militare.
Ci si domanda perché un reduce da imprese vittoriose del generale conterraneo abbia voluto trattarne una non riuscita, per giunta quasi trent’anni più avanti. Resterà il suo unico libro garibaldino, legato a un episodio militare infausto e alla delusione più amara di Garibaldi, consapevole che i suoi volontari non avevano più la tempra e il coraggio messi in mostra nemmeno dieci anni prima.
Il racconto di Barrili comincia lontano da Roma, con l’avventurosa uscita da Genova insieme a un commilitone, in barba alla sorveglianza alla quale erano sottoposti i garibaldini, dato il progetto di una spedizione del generale verso la città eterna. Avverte che non si tratta di memorie belliche, ma di note di viaggio. Il percorso, via Firenze, è descritto con frequenti indugi più da gita turistica che da marcia militare: luoghi, monumenti, riferimenti culturali, personaggi incontrati. Cita passi di Byron e richiama frequenti spunti letterari (le dantesche mura di Dite, i Promessi sposi, Virgilio e Orazio). Il viaggio prosegue verso Rieti e Contigliano, con un richiamo al ratto delle Sabine. Al confine, ecco finalmente gli altri volontari e lo scontro vittorioso a Monterotondo. Appare il generale, ormai sessantenne, eppure ancora pieno di vigore.
Forse, con il pretesto di celebrare la grandezza di Garibaldi anche nella sconfitta, lo scrittore garibaldino ha voluto raccontarne l’intensità della vita attraverso la raggiunta unità e indipendenza nazionali, conclude De Nicola, ottenute anche al prezzo di episodi negativi e tuttavia non meno necessari come quello di Mentana.
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