Il nostro regno
- Autore: Linda Ferri
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Feltrinelli
- Anno di pubblicazione: 2024
Linda Ferri vive tra Roma e Parigi. Laureata in Scienze Politiche a Parigi e in Filosofia a Firenze, ha esordito nella narrativa nel 1997 con il romanzo Incantesimi, vincitore del Premio Fiesole Narrativa Under 40. Ha scritto racconti e opere per l’infanzia, delle quali è anche illustratrice, e un romanzo, Cecilia, candidato al Premio Strega. Come sceneggiatrice, ha collaborato, tra gli altri, con Nanni Moretti, Giuseppe Piccioni e Kim Rossi Stuart.
Per Gramma Feltrinelli, ha da poco pubblicato Il nostro regno (2024), un’intensa storia familiare dai toni autobiografici attraverso la quale l’autrice non solo rielabora la vita della madre, ma soprattutto cerca di ristabilire un contatto, una connessione con lei dopo la sua morte.
Sebbene difficile ed emotivamente carico, questo ritorno al passato favorisce il riconoscimento e una migliore comprensione della figura materna: la scrittura diventa il mezzo per ricostruire, con intensità partecipata e commossa, il suo privilegiato rapporto con la madre e quella specie di “regno” esclusivo in cui hanno a lungo vissuto insieme, “entrambe regine con pari dignità”.
Il racconto oscilla tra i ricordi – non solo la storia della madre, dall’infanzia fino alla morte, attraversando tutti i momenti, alcuni felici, altri difficili e travagliati della sua adolescenza e della sua vita adulta, ma anche l’esperienza dei nonni, emigrati negli Stati Uniti da un piccolo paese del Molise, il rapporto con il padre e la sua morte prematura, i fratelli e altre figure familiari, i viaggi, il vagabondare, gli studi, gli amori… – e alcuni momenti del presente, che la narratrice sta vivendo, quasi in isolamento, su una piccola isola greca dove si reca periodicamente.
La trama si sviluppa in modo frammentato, non lineare, e il testo, pur non essendo totalmente autobiografico, si ispira a fatti reali: le identità dell’autrice e della narratrice, che non coincidono completamente, danno vita a un quadro familiare che, per quanto autentico e spontaneo, non può identificarsi completamente con la realtà.
Il ricordo di alcune foto in cui compare la madre sembra sospenderla sulla soglia che separa i vivi dai morti. L’autrice ne delinea la dimensione umana attraverso particolari realistici, ma emerge la contrapposizione tra il semplice valore documentale dell’immagine e il riemergere di luoghi e di sensazioni senza tempo.
Si tratta di un vero e proprio dialogo con la madre scomparsa:
Abbiamo vissuto insieme cinquantatré anni, li ho appena contati per la prima volta. Eppure, non sono molti ricordi che ho di te. Mi sforzo di ritrovarli, per trattenerti con me il più a lungo possibile, per continuare a parlarti, per ancorare le parole a qualcosa di condiviso così che non esplodano in puro sentimento, in macchie informi di luce e ombra come nei quadri di Turner.
Non mancano dubbi e rimpianti per quello che poteva essere e non è stato – “Io ero lì e non l’ho salvata” –, per quello che viene vissuto come un tradimento:
Mamma, io non ti tradirò mai. Invece mia madre l’ho tradita.
Un’ammissione di colpa, quasi un monito per una storia che diventa introspezione e analisi del rapporto con le figure primarie – la madre, ma anche il padre – e delle loro rispettive influenze, nel bene almeno quanto nel male. Ecco perché uno dei propositi dell’autrice sembra quello di mettere in atto una riconciliazione interiore che porta con sé una riparazione.
Uno dei temi presenti nel romanzo è la maternità. La madre ha avuto cinque figli, mentre alla narratrice questa esperienza è stata negata:
L’unico figlio che avremmo potuto avere, al terzo mese di gravidanza già non c’era più.
C’è una sorta di inversione di ruoli che geneticamente sono definiti: quando la figlia scrive la storia della madre, verso cui ha sempre avuto un atteggiamento estremamente protettivo, soprattutto dopo che è rimasta vedova, in qualche modo assume, sul piano letterario e simbolico, il ruolo di sua “creatrice”.
Con la morte della madre non rimangono che silenzio e un enorme vuoto da riempire: l’autrice ha perso le parole e non ha scritto per molto tempo, ma attraverso la forza terapeutica di questo romanzo familiare, che mette in relazione diverse temporalità, è riuscita a colmarlo.
Passando dal passato al presente e viceversa, fino a far emergere l’ultimo periodo di vita della madre con rapide notazioni, la scrittrice intraprende il viaggio – fisico e sensoriale, memoriale e poetico insieme – il cui fine è ritrovare, per un’ultima volta, la sua presenza. Solo allora potrà lasciarla andare.
Il nostro regno
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