Con i partigiani del Vietcong
- Autore: Madeleine Riffaud
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2019
“Per prima cosa, ho dovuto imparare l’ABC della giungla”.
Dal novembre 1964 al gennaio 1965, Madeleine Riffaud è stata nelle foreste del Vietnam del Sud, dove si combatteva la guerriglia contro gli americani e il governo di Saigon da loro sostenuto. Un’esperienza unica, dalla quale è nato, nello stesso 1965, il volume Dans le maquis "Vietcong", che dal 2019 è nelle librerie italiane per iniziativa delle edizioni milanesi Pgreco, col titolo Con i partigiani del Vietcong.
Non poteva essere che un’ora e sempre partigiana a realizzare quest’esperienza e renderla viva anche per il lettore in questo straordinario documento storico, un reportage eccezionale, da dentro, sotto il tetto delle foglie di una giungla amica, che proteggeva dalla minaccia degli elicotteri USA.
Poetessa, giornalista, corrispondente di guerra, Madeleine Riffaud (Arvillers-Somme, 1924) è stata fin da giovanissima un’attiva combattente della Resistenza francese. A 19 anni, nel 1944, ha ucciso un ufficiale tedesco a Parigi, subendo l’arresto, le torture e una condanna a morte, non eseguita perché rilasciata dalla Gestapo in uno scambio di prigionieri.
Fervente comunista, dopo la guerra seguì per le testate della Gauche le campagne per l’indipendenza dalla Francia di Vietnam e Algeria, prima di sposare con tutta se stessa la causa della guerra di popolo in Indocina contro gli Americani, condotta dall’esercito del Vietnam del Nord e dai partigiani Vietcong del Sud, riuniti nel Fronte Popolare di Liberazione.
Conosceva Ho Chi Min fin dal 1946 e insistette a lungo per seguire di persona i combattimenti in quell’aria martoriata del Sud-Est asiatico. Con lei, un solo collega, il gigantesco reporter australiano Wilfred Burchett.
Il 1964 volgeva al termine, le forze popolari avevano strappato agli yankee due terzi del Sud. Dopo il fallimento di un progetto di pacificazione generale, il Piano MacNamara si era ridotto a prevedere il controllo di sole dieci province, man mano ridotte a sette, poi quattro e infine a due settori nei pressi di Saigon, dove imperversava la lotta partigiana.
Per due mesi, i due giornalisti sono stati gli unici a vivere la vita della gente del posto, spostandosi nella giungla insieme ai Vietcong (abbreviazione di comunisti vietnamiti), mentre i colleghi si limitavano a sorvolarla sugli elicotteri. Hanno attraversato a piedi o in bici un paese dove il bambù aveva la meglio sull’acciaio delle armi moderne, gli sciami di api ammaestrate mettevano in fuga i consiglieri americani e i villaggi bombardati vivevano sotto terra forse meglio di prima.
Riffaud e Burchett avevano ottenuto il permesso dei Viet solo dopo il minuto setaccio di ogni aspetto della loro vita e stavano per viverne una parte inedita, in un ambiente nel quale, per un occidentale, la sopravvivenza è difficile anche in tempo di pace. Non immaginavano di andare incontro alla più grande avventura dei loro vent’anni di giornalismo.
Il “tuffo” (il primo contatto con la foresta), l’hanno fatto una notte senza luna. Destinazione: la guerra. Avevano portato solo l’essenziale: cineprese, taccuini, magnetofono, fotocamere, materiale che pesava sulle spalle quando dovevano scivolare tra i capisaldi nemici, camminando alla cieca, senza parlare, fumare, accendere lumi, nel fango, con l’acqua alla vita e i rovi che sembravano cercare con insistenza i loro occhi.
Per fortuna, sostiene Madeleine, hanno sempre avuto almeno tre alleati, come ogni guerrigliero: il popolo vietnamita, la giungla che ricopre i due terzi del Sud e la notte, dodici ore di completa oscurità.
Arrivati nelle regioni controllate dal Fronte di Liberazione e spostandosi con l’unica alternativa di qualche bicicletta, avevano adottato anche loro l’abbigliamento tradizionale dei contadini vietnamiti, pantaloni e tunica neri col tradizionale fazzolettone a scacchi bianconeri. Non li avrebbe preservati dai pericoli, però avrebbe potuto ingannare qualche informatore. Hanno percorso centinaia di chilometri, una ventina al giorno a piedi, una settantina in bici. Su richiesta, hanno diviso per un po’ la vita di un reggimento di guerriglieri in addestramento per entrare in una grande unità. Hanno così verificato i metodi di combattimento vietcong ed è stata la parte più appassionante della loro avventura.
"Il lavoro del giornalista assomiglia a quello del cercatore d’oro", dice. Occorre incontrare molte persone prima di trovare quella giusta, che offre la chiave del tesoro, ma in Vietnam a ogni passo incontravano l’oro. Come quel vecchio contadino, che suggeriva di affrontare gli avversari con la riflessione e la pazienza, perché basta saper osservare con intelligenza i nemici per scoprire i punti deboli e colpirli. Nel 1959, aveva notato che al rientro in accampamento i soldati toglievano gli scarponi per camminare a piedi liberi. Era bastato disseminare piccole istrici quasi invisibili, fatte di aghi piantati in fagioli messi a bagno in acqua, e dopo un po’ tutti avevano le piante piene di piaghe.
Determinazione, forza di volontà, tenacia atavica e abitudine ad affrontare cataclismi, avversità e oppressori: l’odio dei contadini del Vietnam per il soldato nemico è antico, lo detestano come le erbe infestanti, che ancora una volta nel corso della storia si apprestavano a sradicare dal loro paese.
Nel 1960, gli americani avevano trasformato il territorio in una grande base militare, costruito piste di volo per gli enormi bombardieri, riempito il cielo di elicotteri che tempestavano di pallottole e napalm chi era a terra. Ma i piccoli uomini e donne col cappello di paglia avevano vinto di nuovo.
Con i partigiani del Vietcong.
Amazon.it: 6,00 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Con i partigiani del Vietcong
Lascia il tuo commento