

Conoscenza o barbarie. Storia e futuro dell’educazione
- Autore: Jacques Attali
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Fazi
- Anno di pubblicazione: 2025
Cosa saremmo senza la trasmissione del sapere? Come ombre prive di sostanza, vaganti in un presente senza memoria né futuro. È questa la domanda fondamentale che attraversa, come un brivido inquieto, l’ultima opera di Jacques Attali, Conoscenza o barbarie. Storia e futuro dell’educazione, in libreria in questo marzo 2025 da Fazi Editore nella traduzione di Emilia Bitossi e Giuliano Cianfrocca.
Un libro che è un viaggio vertiginoso attraverso il tempo, dalle primissime forme di trasmissione del sapere fino alle inquietanti prospettive che si stagliano all’orizzonte del nostro avvenire.
Sappiamo tutti cosa saremmo diventati senza la trasmissione di valori e saperi. E quale destino attende chi ne è privo. La storia dell’educazione è la storia della civiltà
scrive Attali nelle prime pagine, delineando immediatamente la posta in gioco della sua indagine.
La conoscenza è un fuoco da custodire. Attali ci ricorda che, prima ancora del linguaggio, l’umanità aveva compreso l’importanza vitale di trasmettere alla discendenza il segreto della conservazione del fuoco, della fabbricazione di strumenti e delle tecniche di caccia.
Prima ancora dell’invenzione del linguaggio, la trasmissione di abilità essenziali come la conservazione del fuoco rappresentava già una forma primitiva di educazione.
sottolinea l’autore con lucidità.
Affascinante il parallelismo con il mondo animale, dove alcune specie, quasi mosse da un "altruismo interessato", trasmettono attivamente competenze ai propri discendenti, mentre altre si affidano all’istinto e all’imitazione. I corvi che manipolano strumenti, i pappagalli che apprendono linguaggi complessi, i primati che insegnano tecniche ai piccoli: ecco gli specchi attraverso cui riconoscere la nostra stessa natura. Con l’avvento del linguaggio e della sedentarizzazione, la trasmissione del sapere si fa più articolata e specializzata.
Con la divisione del lavoro, ogni mestiere sviluppò le proprie tecniche di trasmissione, spesso riservate a pochi eletti
osserva Attali. Ed ecco le prime forme di istruzione strutturata: dai maestri babilonesi agli scribi egizi, dall’ossessione cinese per la selezione dei funzionari imperiali alla precoce enfasi ebraica sull’alfabetizzazione e lo studio della Legge. Nel mondo greco, poi, c’è la prima grande biforcazione: da un lato l’educazione militare e dall’altra quella collettiva. Creta e Sparta hanno lo scopo di formare guerrieri, elemento che si confronta con il modello ateniese che ha come obiettivo plasmare cittadini attraverso filosofia e riflessione.
A differenza dei modelli educativi orientali, l’ideale ateniese mirava a formare non solo guerrieri o funzionari, ma cittadini capaci di partecipare attivamente alla vita della polis
evidenzia Attali. Fa seguito il mondo latino, con Roma, dove si farà un percorso simile ma graduale. Si passerà per gradi da un’educazione incentrata sull’aspetto militare e patriottico a una formazione più completa per l’aristocrazia, sull’esempio ateniese. Quasi a modulare in una unica versione di eductio militare.
Con il cristianesimo, invece, è presente una svolta. Una svolta epocale: la Chiesa si insinua nel sistema pedagogico romano, fondando scuole per formare il clero, in una competizione sempre più serrata tra la trasmissione del sapere religioso e quello laico.
La Chiesa medievale trasformò l’educazione in uno strumento di controllo delle coscienze e di propagazione della fede
afferma criticamente l’autore. L’aggancio suggestivo è poi tra chiesa e oriente. Mentre in Europa la Chiesa medievale monopolizzava la trasmissione del sapere, in Cina un’educazione atea rimaneva al servizio dell’imperatore – quasi a ricordarci che il rapporto tra potere e conoscenza trascende epoche e latitudini.
Decisamente spartiacque di rivela la Riforma protestante. Con l’invenzione della stampa a fare da catalizzatore, si concretizza un punto di rottura. Martin Lutero promuove un’educazione universale: la Bibbia diventa focus di una diffusione culturale senza precedenti. Diventa "lettura" per tutti tracciando, così, un solco profondo che ancora oggi divide le società occidentali.
Leggere è un atto di libertà e di responsabilità individuale davanti a Dio.
Fanno seguito il fiorire delle scuole "in volgare". E la Compagnia di Gesù definisce un sistema pedagogico globale con la Ratio Studiorum, introducendo anche il sistema dei concorsi ispirato alla Cina.
Montaigne diventa oggettivo critico del pedantismo suggerendo un’educazione che formi
teste ben fatte più che teste ben piene.
Attualissimo monito che ancora oggi necessita di essere ribadito a più voci e su più fronti.
Il racconto di Attali prosegue attraverso i secoli: le scuole di carità per i poveri nel Seicento e Settecento, spesso animate dal timore che l’istruzione potesse allontanarli dal lavoro; l’esclusione delle donne dal sapere; i primi tentativi di istruzione obbligatoria e gratuita nella Prussia di Federico Guglielmo I. Con l’Ottocento e la Rivoluzione Industriale, incisive diventano le denunce di figure come Louis-René Villermé sulle terribili condizioni di lavoro minorile o la lotta per la laicità dell’istruzione in Francia, culminata nelle leggi di Jules Ferry contro la feroce opposizione della Chiesa cattolica.
Superato l’Ottocento, il Novecento si fa porta per la vera e propria diffusione dell’istruzione. L’espansione dell’istruzione diventa divisorio reale tra le disuguaglianze e metodi innovativi (come quelli di Maria Montessori) si diffondono per contenerle in qualche modo
Il bambino non è un vaso da riempire, ma una fiamma da accendere.
Attali ne condivide il pensiero ma amaramente, poiché oggi "l’accesso a un’educazione di qualità rimane fortemente condizionato dall’origine sociale".
La parte finale dell’opera ha quasi toni profetici, delineando scenari inquietanti dove scarsi investimenti nell’istruzione e nuove forme digitali di apprendimento sembrano allontanare dal vero scopo "dell’imparare"
Il rischio è che l’educazione diventi un mero adattamento alle esigenze del mercato, perdendo la sua dimensione umanistica e critica
ed è un rischio reale non solo temuto dall’autore. E immaginate un mondo in cui le conoscenze possano essere "trapiantate" direttamente nel cervello, bypassando il processo di apprendimento: non è una fantascientifica ipotesi. La domanda che dovremo porci è chi controllerà questi "passaggi" di conoscenza diversi, chi vigilerà su una conoscenza omologata e decisa da "altri" e non elaborata da menti "libere, pensanti, autonome e soggette ad errore"? Una paura già forse presente; basti pensare all’AI che di sta espandendo in molti (se non tutti) campi del sapere e del pensiero dell’uomo.
Ciò che è in gioco non è solo il futuro dell’educazione, ma il futuro stesso dell’umanità
ammonisce l’autore con tono grave. Ma c’è ancora una speranza. L’ultimo step dell’evoluzione umana: l’"Homo ipersapiens", che attraverso un rinnovato impegno per un’educazione di qualità per tutti, fondata su un "Codice mondiale dell’infanzia", garantisca protezione, istruzione e benessere. Perché è necessario, infatti, dare un nuovo valore all’educazione, non solo come momento iniziale e formativo del bambino, del giovane ragazzo e dell’uomo. Dobbiamo pensare che l’educazione non sia un costo, ma un investimento.
L’amore per lo studio è alla base delle curiosità, in ogni cosa; non solo letteraria ma anche e soprattutto tecnologica, per evitare di incappare un rinnovato medioevo dell’ignoranza che porti alla superstizione e alla inevitabile paura e sospetto non solo del pensiero ma anche dell’uomo verso un altro uomo.
Conoscenza o barbarie è un’opera che chiama all’appello tutti, intrecciando rigore storico e visione profetica. In un’altalenarsi di esempi e citazioni, supporta e sostiene la necessità di una trasmissione del sapere "dinamica" costantemente influenzata da fattori politici, economici, sociali e tecnologici, alla base, oggi, di quello che potrebbe rivelarsi il volto dell’umanità di domani. Jacques Attali ci pone davanti una domanda netta, chiara e cruciale, lasciando una riflessione aperta al lettore: quale futuro desideriamo per i nostri figli? La conoscenza o la barbarie? Un dilemma a cui non possiamo più permetterci di non rispondere.

Conoscenza o barbarie. Storia e futuro dell'educazione
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