Nella lingua italiana esistono modi di dire spesso concisi ed estremamente efficaci nell’esprimere un concetto. Tuttavia in alcuni casi queste espressioni si presentano in una forma di difficile interpretazione. È questo il caso del detto “cosa fatta capo ha”, un modo di dire molto utilizzato per tagliare corto in una conversazione che si trascina titubante quando ci si arrovella, senza esito, su una cosa ormai accaduta. Ma cosa significa letteralmente “cosa fatta capo ha” e chi l’ha detto in origine? Scopriamolo insieme.
Cosa significa “cosa fatta capo ha”
Come anticipato, “cosa fatta capo ha” significa che una cosa fatta non può più essere disfatta. Nella traduzione letterale il proverbio ha quindi il senso di cosa fatta ha una sua conclusione, un suo effetto, intendendo il termine “capo” non tanto come principio quanto come fine. Si tratta di un’espressione particolare e non di immediata comprensione per chi non la conosce in quanto gli elementi lessicali che la compongono, così come sono organizzati nella frase, danno luogo a una metafora piuttosto complessa.
Qual è l’origine di “cosa fatta capo ha”
Il proverbio ha un’origine precisa, datata nei primi mesi del 1216. In quel periodo avvenne a Firenze un episodio che ebbe notevole eco in moltissime opere sino ai primi del Trecento. Buondelmonte dei Buondelmonti, giovane cavaliere di una nobile famiglia dell’epoca, venne improvvisamente meno al suo impegno di prendere in sposa una ragazza della famiglia degli Amidei, anch’essa particolarmente importante in città.
La famiglia della fanciulla, profondamente offesa dal torto subito, iniziò ben presto a consultarsi con alcuni amici di altre famiglie in vista fiorentine per organizzarsi su come punire il chiacchieratissimo rifiuto. Di fronte ai tanti scenari possibili, venne a capo della situazione Mosca de’ Lamberti che suggerì l’uccisione del mancato sposo suggellando la proposta con l’espressione “cosa fatta capo ha”, così da mettere al bando ogni indugio. Il giovane Buondelmonte fu così assassinato nel giorno di Pasqua, lo stesso in cui si sarebbero dovute celebrare le nozze del ragazzo con la fanciulla di cui si era innamorato e appartenente alla famiglia dei Donati.
“Cosa fatta capo ha”: in quali opere è presente
Il fatto di sangue fu riportato da moltissimi scrittori del tempo. Della discussa figura di Mosca dei Lamberti cui si deve l’espressione “cosa fatta capo ha” parla anche Dante nella Commedia che colloca questo personaggio nell’Inferno, cerchio VIII, nona bolgia, tra i seminatori di discordie. Mosca dei Lamberti è descritto con le mani mutilate come punizione per aver consigliato di uccidere Buondelmonte de’ Buondelmonti.
E un ch’avea l’una e l’altra man mozza,
levando i moncherin per l’aura fosca,
sì che ’l sangue facea la faccia sozza,gridò: "Ricordera’ ti anche del Mosca,
che disse, lasso!, ’Capo ha cosa fatta’,
che fu mal seme per la gente tosca".E io li aggiunsi: "E morte di tua schiatta";
per ch’elli, accumulando duol con duolo,
sen gio come persona trista e matta.Canto XXVIII Inferno, vv.103-111
A parlare dell’episodio anche Paolino Pieri nelle sue Croniche della città di Firenze, capitolo 55. È proprio il Pieri a spiegare con maggior chiarezza il senso di questa espressione di Mosca Lamberti riportando la frase che sarebbe seguita a questa locazione. Dopo aver detto ai suoi interlocutori che “cosa fatta capo ha”, ovverosia che “qualsiasi azione intrapresa deve prevedere una conclusione”, secondo Paolino Pieri Mosca Lamberti proseguì dicendo "ma ttalora non chente vuole né chente crede o disengna" e cioè “l’esito dell’azione può tuttavia essere imprevisto e quindi diverso da quello desiderato”, facendo così comprendere che solo la strada dell’omicidio avrebbe lavato l’onta subita.
Molti sono stati anche nei secoli successivi gli scrittori che hanno riportato l’espressione e gli eventi cui essa è collegata. Tra questi ricordiamo Guicciardini, il novelliere Matteo Bandello e Machiavelli che nelle sue Istorie Fiorentine descrive così l’episodio:
“E benché alcuni discorressero i mali che da quella cosa dovessero seguire, il Mosca Lamberti disse, che chi pensava assai cose, non ne concludeva mai alcuna, dicendo quella trita e nota sentenza: Cosa fatta, capo ha.”
Col tempo il proverbio viene progressivamente utilizzato sempre più spesso in numerose opere slegandosi completamente dal fatto di sangue che gli aveva dato origine. Ritroviamo così l’espressione in Amor costante, opera del 1540 di Piccolomini, nelle raccolte Delle phrasi toscane di Giovanni Stefano da Montemerlo e anche in alcuni testi teatrali dei primi del Seicento.
In tempi più recenti, l’espressione ha ottenuto un incredibile successo arrivando sino a noi anche grazie a personaggi come Gabriele D’Annunzio che utilizzarono “cosa fatta capo ha” per sostenere l’irrevocabilità dell’impresa di Fiume.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Cosa fatta capo ha: cosa significa e chi l’ha detto
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