Cover Story. Le più belle copertine dei dischi italiani
- Autore: Roberto Angelino
- Genere: Musica
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2018
Di Saldi di fine stagione (Roberto Vecchioni, Ducale, 1972) mi colpivano le teste di manichino messe dentro a una cassetta della frutta. Ero a quei tempi un marxista alquanto acerbo e in quella cover ci vedevo i segni di una mercificazione-reificazione in atto. L’album passato alla storia come il “disco della Pecora” (RCA, 1974) in realtà si intitolava Francesco De Gregori e la pecora era un agnello. A De Gregori non piace, ma è stato uno degli album portanti della mia formazione musicale. Condizionato dal credo ideologico di cui sopra, rintracciavo nel cielo livido di quella copertina post-cristologica e pre-apocalittica i segnali del collasso storico-sociale a venire. Traducevo e ci mettevo molto di mio, ma forse servivano anche a questo le impagabili copertine dei vinili anni settanta-ottanta. L’avvento spoetizzante del cd risale al 1989, coevo cioè alla caduta del muro di Berlino. Mi piace pensare non sia stata una coincidenza, piuttosto un segnale ulteriore della fine del mondo così come lo conoscevamo. Fatto sta che le copertine grandi dei 33 giri (negli anni zero tornate di moda) rappresentavano il riassunto iconico alle canzoni. Spesso dettavano il valore aggiunto ai dischi, erano il trait-d’union tra due espressioni artistiche: quella visiva e quella musicale. Le parole che desumo dalla pagina 153 di “Cover Story. Le più belle copertine dei dischi italiani” (Vololibero, 2018) appartengono a Lucio Dalla, e mi sembrano riassuntive del rapporto biunivoco:
L’arte è energia vitale e spesso guardando un quadro ho provato l’impulso immediato di comporre un brano.
Pare che l’ispirazione di Com’è profondo il mare (altra copertina suggestionante) derivi, per esempio, dall’incanto sperimentato al cospetto de L’isola dei morti di Boklin (1880). Vengo al libro in senso ulteriormente stretto, riferendone due meriti, fra i tanti:
- il focus monografico sulla scena italiana;
- le divagazioni aneddotiche che - a partire dalle copertine – sono davvero tante, atte a consolidare storie e contro-storie sviluppate attorno a cantanti, dischi, e gli stessi autori delle cover.
76 capitoli per altrettanti album/cd italiani (di ieri e di oggi, pop e d’autore), con numerose rifrazioni tirate fuori dai cassetti, dai giornali, dalla supervisione orale (chissà) di Luciano Talarrini, autentico re-mida delle copertine dei dischi made in Italy. Dal maiale psichedelico di Adam Smith (Normale. Banale. Maiale, Sony 2013) fino a Zucchero di Miserere (Polydor 1992). Passando per La torre di Babele (Edoardo Bennato, Ricordi 1976), Anime salve (De Andrè, BMG 1996), i Decibel di Contessa (Spaghetti Record 1980), per citare qualcuno a saltare; miriadi di nomi illustri della fotografia, dell’illustrazione e del fumetto in prestito alla canzone: Guido Crepax, Andrea Pazienza, Bonvi, Giorgio Cavazzano... Belle cover (fermo restando che ciascuno poi ha i suoi gusti), bella scrittura lineare e bei retroscena. Come questi sugli insospettabili trascorsi calcistici di Franco Battiato, che mi piace riportare (pag. 29):
(…) credo di essere stato uno dei primi liberi siciliani. In senso temporale, intendo. La mia squadra era il riposto, espressione di un paese tra Catania e Taormina. Arrivammo in Promozione, però poi la società rinunciò per motivi economici (…) Una domenica ad Acireale, nell’ultima partita di campionato, eravamo primi in classifica senza la macchia di una sconfitta. Inchiodammo gli avversari nella loro area, ma non c’era verso di segnare: pali, traverse, deviazioni. Io passai il tempo a grattarmi le caviglie sulla linea di centrocampo. all’ultimo minuto l’ala destra dell’Acireale partì in contropiede ed effettuò un cross per l’ala sinistra. Io intercettai maldestramente il passaggio e spedii la palla all’incrocio: un autogol meraviglioso.
Tutto il libro è così: piacevole a leggersi e attraente anche a vedersi.
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