Da Caracalla a Villa Pamphilij. Il prog a Roma sull’onda di Woodstock
- Autore: Anna Bisceglie
- Genere: Musica
- Anno di pubblicazione: 2013
Mettiamola così: a un certo punto degli anni Sessanta una strana cometa taglia in due il cielo di Roma (ma non solo) così che tutto cambia e niente e nessuno è come prima (a parte i soliti reazionari & benpensanti). Cominciano i giovani: sognano California, Carnaby Street, impazziscono per i Beatles, si fanno crescere i capelli, uccidono i padri (freudianamente parlando), non sempre e non solo in quest’ordine, equamente divisi tra chi parla, chi canta, chi ascolta, chi balla, chi fa musica, in ordine sparso tra Piper, cantine e i raduni pop che germinano ovunque, più o meno come funghi. Si inaugura in questo modo - a passo danzerino e a ritmo di rock - la stagione breve delle grandi utopie (peace & love), prologo spensierato a quella greve degli anni di piombo, che seguirà di lì a molto poco.
Giovani leoni delle sette note crescono nel frangente - chitarre-basso-batteria di mutuazione post-beat e testa già nel prog -, si fanno le ossa, su e giù da un palco e per la Penisola, come compenso quattro lire o poco più. Si chiamano Osage Tribe, Osanna, Banco, Pooh, New Trolls e in mille altri modi, persino improbabili. Alcuni di loro sono già le stelle autoctone dei megaconcerti pop, da Caracalla a Villa Pamphilij (per restare nell’alveo romano), come dire le Woodstock de noantri ma con identica serietà d’intenti: folle oceaniche, prezzi contenuti, la musica che diventa cosa seria e riesce ancora a resistere ai richiami, invero sempre più pressanti, della politica.
Si intitola proprio “Da Caracalla a Villa Pamphilij. Il prog a Roma sull’onda di Woodstock” (Aerostella, 2013) la ricognizione che la brava Anna Bisceglie compie sul tempo della sostenibile leggerezza dell’essere e della sua colonna sonora, una ricostruzione serissima e apprezzabile per almeno tre motivi:
- 1) perché risulta curata sin nei dettagli;
- 2) perché è anche un’indagine di costume;
- 3) perché Anna Bisceglie non ha smanie da protagonista (evviva!) e lascia la parola quasi esclusivamente ai protagonisti di quegli anni senza fiato (per dirla con i Pooh).
Come in un ideale flash back collettivo si alternano, così, pagina dopo pagina, i diversi “come eravamo” di Stefano D’Orazio, Roby Facchinetti, Claudio Simonetti, Francesco Di Giacomo, Gianni Belleno e di tantissimi altri, attori e comprimari dell’onda anomala progressive made in Italy, manager e organizzatori di eventi compresi, tutti d’accordo su un punto: gli anni spartiacque tra i Sessanta e i Settanta del secolo scorso è mancato poco che “formidabili” lo fossero davvero. E non soltanto dal punto di vista musicale: c’era un mondo da ridisegnare con i colori della libertà e della fantasia e nessuno se ne stava con le mani in mano, si accontentava soltanto di guardare. L’estratto dalla prefazione di Stefano D’Orazio rende bene, in ultimo, l’idea di questo libro:
“Rileggere quel periodo attraverso il libro di Anna è tornare agli inizi di un avvincente viaggio, ritrovare quell’atmosfera di sana competizione, di creatività, di sperimentazione e di contaminazione, che facevano di ogni musicista l’involontario autore di un cambiamento culturale che avrebbe lasciato il segno”.
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