Da questa parte, qualcosa
- Autore: Gennaro Maria Guaccio
- Anno di pubblicazione: 2012
Da questa parte, qualcosa (Aletti, 2012) di Gennaro Maria Guaccio è un romanzo che rappresenta tante cose insieme, come una sorta di compendio di cultura generale nel quale si intersecano tematiche tanto importanti quanto allarmanti, capaci di spaziare tra le più alte discipline dell’umana conoscenza.
Il protagonista, Eros, il cui nome richiama alla nostra mente la cultura greca e la storia stessa della letteratura, incuriosisce e stuzzica fin dalle prime pagine la nostra voglia di comprendere la vita di un uomo che appare fin troppo normale e come tale in grado di catturare l’attenzione attraverso una sorta di empatia multiforme, che dalla tragedia passa inevitabilmente per la commedia fino a concludersi con il lieto fine. E’ un professore di scienze che ha costruito la propria esistenza sulla possibilità di trovare una risposta ad ogni domanda ed è così che la sua vita funziona: egli tenta di spiegare un qualsiasi problema in termini scientifici e, laddove non ci riesca, chiama in causa le alte strutture filosofiche e, se ancora non basta, si rivolge direttamente alle imperscrutabili sfere celesti, essendo egli stesso un profondo credente. Ma quanto queste risposte, di qualsiasi natura esse siano, lo soddisfano davvero?
La verità è che Eros non è appagato affatto. La morte della madre a causa di una malattia tanto devastante quanto spaventosa, l’Alzheimer, gli pone davanti un mondo che comincia inesorabilmente ad odiare. Qualcuno gli ha strappato via gli occhiali metaforici della scienza. Adesso il suo naso è libero dal peso delle certezze ma nello stesso tempo è anche vuoto. Di fronte al Male chiamato malattia, non riesce a trovare nessuna risposta perché non c’è nessuno che gli apra la temibile porta della spiegazione vera e reale. Forse perché non esiste?
Veder spegnere la mente di colei che ti ha messo al mondo, giorno dopo giorno, a tal punto che lei stessa non riconosce più suo figlio è probabilmente il punto di rottura che ti porta davvero a chiederti: ma un essere umano a cosa serve nell’economia dell’universo? Ma soprattutto fino a quando serve? Eros si chiede perché sia capitato proprio a sua madre che non lo meritava. Si chiede se una persona ormai demente possa ancora essere utile alla società, allo sviluppo della vita stessa o forse dovrebbe essere eliminata come direbbe Darwin perché non è più utile alla specie. Ma noi siamo esseri umani, non siamo animali. Siamo nati per farci delle domande e la nostra più grande dannazione è che nessuno, sia esso in cielo come in terra, può darci una risposta.
Se un uomo come Eros, fatto di scienza e fede, sposato, con un matrimonio fallito alle spalle, di fronte a uno dei mali più grandi, ossia la morte, la perdita della ragione e con essa il fallimento di ogni relazione umana ed affettiva, si sente perso, perdendo a sua volta qualsiasi legame con la realtà, allora qualunque essere umano può sentirsi isolato e perduto quando di fronte a sé il mondo perde il suo significato. A causa della sua indifferenza, non coglie l’attimo che gli permetterebbe di amare la donna che in quel momento desidera. Attratto dalla collega Nora, quando ella cerca di dare un senso alla loro relazione amichevole, tentando un approccio diverso che la renda reale e stabile come tra un uomo e una donna che stanno insieme, Eros, il professore che della scienza ha fatto la sua forza vitale, cede senza neanche lottare. E’ privo di entusiasmo, non si sente pronto ad iniziare una relazione amorosa e la spinge tra le braccia di un altro. E’ da questo momento in poi che inizia la tragedia.
Il tunnel depressivo del protagonista si infittisce. La presenza della madre morta non lo abbandona mai, a tal punto che egli sogna di essere sua madre e fa egli stesso i sogni della madre. Non sopporta più l’ambiente scolastico, gestito in modo vergognoso e capeggiato da un uomo, il dirigente della scuola, che per Eros diventa l’emblema della meschinità, della vigliaccheria e della corruzione. Odia tutto e tutti, il nostro amato Eros, proprio colui che dell’amore dovrebbe essere il portavoce, pensa che gli esseri umani siano tutti porcospini, creature fredde e distaccate che devono tenersi alla larga se non vogliono farsi troppo male. E se questo non bastasse, si convince che il mondo sia infettato da un virus killer, lo stesso che si è annidato nella mente della madre e che ha raso tutto al suolo, senza rispetto, senza dignità. Così anche le relazioni sociali, così anche i sistemi sui quali la nostra vita è basata sono gestiti da virus che uccidono, che fanno del male, che feriscono. Perché l’umanità è questo: tradimento, sopraffazione, indifferenza, miseria.
Non basterà dunque il sentimento che nutre per Nora a salvarlo dal baratro in cui le sue stesse domande lo hanno gettato. La visione del male in tutta la sua potenza mentre lentamente gli strappa la madre dalle braccia, riducendola a un’estranea per se stessa e riducendo lui stesso come uno sconosciuto agli occhi di colei che un tempo lo ha amato più di ogni altra cosa, ha il potere di pietrificare il suo spirito come la sua mente. Che senso ha la vita quando non c’è più memoria? Quando tua madre ti dice: “Chi è lei, signore?”
Capisco Eros e capisco chiunque si trovi di fronte l’abisso oscuro della dimenticanza e scappi. Capisco perché l’ho vissuto e so per certo che davanti al vuoto, quando esso ti priva della memoria di chi ti è accanto, cominci a dubitare persino di te stesso, esattamente come fanno i bambini che al buio si sentono il niente. Eros comprende che se la madre non lo riconosce, si è rotto anche l’ultimo legame, perché lui non ha nessuno che gli ricordi chi è, cosa ci deve fare in questo mondo. La scomparsa dei legami affettivi non mettono solo in crisi chi li perde ma anche chi li subisce. A volte non essere riconosciuti da chi amiamo significa non riconoscere noi stessi. Ed è quello che accade ad Eros, ciò che lo spinge a rifiutare qualsiasi aspetto della sua vecchia esistenza, perché tutto ormai è diventato falso, mascherato, privo di verità. Nonostante egli sia attratto da Nora e voglia col tempo recuperare ciò che aveva con lei, resosi conto troppo tardi di amarla, il rifiuto della donna chiuderà un percorso permettendo al protagonista di aprirne un altro, partendo da zero.
Il romanzo è strutturato sulla base di due punti di vista che si alternano: la prima e la terza persona che vengono utilizzati per raccontare sia attraverso monologhi che dialoghi le esperienze di Eros ma soprattutto le sue riflessioni sulla vita, sulla morte e sull’esistenza stessa di Dio. L’ultima parte del testo è dedicata alle lettere indirizzate a Nora che ormai ha scelto di stare con un altro. Nonostante questo bruciante rifiuto Eros riesce a venire fuori dal suo stato apatico, allontanandosi dalla scuola, dal suo lavoro e prendendosi una lunga vacanza, vivendo in un paesino di mare, lontano da qualsiasi familiarità. Lì vive di stenti, aggiustando sedie e ascoltando il rumore del mare. Sarà proprio nel ritornare ad una vita quasi primordiale in cui non c’è più nulla che lo leghi alla sua memoria, che ritrova il senso di un’esistenza, avvalorato dalla presenza quasi magica di Olga, la badante della madre che inaspettatamente lo attende, innamorata di lui, quando decide di tornare a casa.
Una promessa d’amore dunque, di nuovo inizio che serve semplicemente a rendere di nuovo godibile un’esistenza che aveva perso gli appigli per restare àncorata alla realtà. Eros continuerà a pensare a Nora, ma inizierà una relazione con Olga, questa donna bella e giovane che lo ama incondizionatamente e che gli chiede soltanto di lasciarsi andare al flusso della vita.
Ama e fa ciò che vuoi è la frase che l’autore ripete spesso nelle ultime pagine del romanzo. E’ di Sant’Agostino, il filosofo della libertà. Eros ritorna alla vita che lo accoglie con le braccia di Olga, piene di comprensione e di accondiscendenza ma il passato è un sentiero che ormai ha già percorso e i segni del male, come quelli del bene ritrovato, resteranno indelebili tanto quanto la consapevolezza di essere qui e adesso tanto per amare quanto per soffrire ma soprattutto per affrontare il male.
Forse il romanzo inizia e finisce nello stesso modo, con la presenza silenziosa ed avvolgente di Olga che appare come la custode e colei che protegge ciò che resta di un uomo che prova nuovamente a dire sì alla vita. Colei che come una sirena umana e vicina, lo chiama dolcemente verso una nuova esistenza, promettendogli la fiducia e il rispetto di un amore vero.
Sembra quasi di sentire la sua voce lieve mentre lo chiama: “Guarda, Eros, guarda da questa parte, c’è ancora qualcosa.”
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