Lucio Dalla non dormiva mai e dormiva ovunque: cinque/dieci minuti al massimo, troppo impegnato a “giocare con la vita” e a “prenderla per la coda” per concedersi il sonno. Lucio Dalla era un ossimoro vivente, qualcosa di diverso – di meno e di più – di un cantautore. A pensarci bene Lucio Dalla potrebbe passare come esempio di “uno, nessuno e centomila” declinato e ricondotto all’espressione artistica: istrione da palcoscenico, clarinettista jazz, cinefilo e cazzaro, cattolico e comunista, provocatore e poeta, situazionista, simil-melomane, attore impegnato e persino cestista mancato. Lucio Dalla è stato di molti (tanti, una folla) e di nessuno, sempre un po’ oltre rispetto a dove ti aspettavi che fosse, e non solo perché era spesso via, in giro per il mondo.
Per il poco che vale e per dirla proprio tutta, non è che io ne abbia sempre scritto bene: inarrivabile la sua trilogia con Roversi (“Il giorno aveva cinque teste”, “Anidride solforosa”, “Automobili”), imprescindibile quella in proprio, da cantautore doc (“Com’è profondo il mare”, “Lucio Dalla” e “Dalla”), solido persino il “Q-disc” con dentro “Madonna disperazione”, molto del resto che è venuto dopo mi è sfuggito, non mi ha preso: troppo “smisurato”, eccedente ai generi, per me allevato fra i quadri più rigidi del cantautorato classico. Si tratta senza dubbio di un mio limite e ad ogni modo non siamo qui per parlare di questo.
Il motivo per cui siamo qui è l’uscita fra gli “Overlook” della Bompiani di un libro che ripercorre il transito terrestre di Dalla (per dirla col suo amico Franco Battiato), si intitola “Dalla luce alla notte” ed è firmato da Marco Alemanno (Trìcchete, come lo chiamava Lucio), l’amico del cuore, a un anno e qualcosa dalla morte.
La bioradiografia umana, più ancora che artistica, che affiora per flashback, arresti/ripartenze, libere associazioni; il ritratto a tutto tondo di un uomo, onnivoro, curioso, giramondo, ironico, spiazzante, bugiardo, disarmato, divertente, innamorato della vita fino a farne, quasi, un’ossessione:
A furia di correrle dietro senza mai risparmiare le forze e soprattutto senza mai pentirsi di nulla – “e per che cosa mi dovrei pentire, di giocare con la vita e di prenderla per la coda? Tanto un giorno dovrà finire e poi all’eterno ci ho già pensato ed è eterno anche un minuto, ogni bacio ricevuto dalla gente che ho amato”
- aveva cantato in “Siamo dei” -, a furia di inseguirla, la sua tanto amata vita un giorno all’improvviso gli è venuta meno, paradossalmente proprio per troppo slancio, per troppo ardore, per troppa vita: così vita da morire
scrive Alemanno, che, forse anche suo malgrado, è come se si fosse trovato a consumare tre esistenze in una sola: prima, durante e dopo il suo incontro con Lucio. 15 anni di assidua frequentazione, mordendo e fuggendo attraverso canzoni, teatro, scoperte, viaggi, convivenza, parole, foto, tournèe, prese di coscienza.
“Dalla luce alla notte” è il saluto definitivo all’amico perduto, un memento dalliano di oltre centocinquanta pagine, che restituisce la persona nel pieno della sua complessità; un canto d’amore che trascende il senso stretto della biografia approdando al romanzo di una vita, agli anditi più segreti del personaggio pubblico, ma con rispetto, senza smanie né manie rivelatrici, semmai col piglio soffuso e delicato del ricordo che si trasforma in elegia.
Vorrei finire da dove questo libro, in fondo, prende avvio: dalla struggente copertina-foto che lo stesso Alemanno scatta a Dalla sul terrazzo dell’albergo di Montreaux la sera prima di morire, quando nulla lasciava presagire la tragedia. Lo scatto ritrae il cantante di spalle, il bellissimo crepuscolo sul lago è inquadrato in soggettiva:
“il rosso che si vede dietro la mia testa non è soltanto il sole che tramonta, ma è Dio che è sceso apposta dal cielo per farsi un bidè”
commenta dopo qualche minuto Dalla, a modo suo, confermandosi insuperabile, una volta di più, nella capacità di mischiare alto e basso e farne materia creativa. Il Dalla unico e solo, scheggia impazzita, oggetto misterioso, anomalia cantautorale, che se non ci fosse stato forse si sarebbe dovuto inventarlo,
“curioso di tutto ciò che è arte e vita, un po’ per gioco, un po’ per amore (…) un cantautore, ideatore di programmi televisivi, regista di opere liriche, attore di cinema, professore universitario, gallerista d’arte, compositore di colonne sonore per film”
secondo la lapidaria biografia redatta da Alemanno in prima persona, per un blog. Mai come nel caso dell’irrequieto-inesausto-irrefrenabile Lucio, che la terra possa risultargli davvero lieve.
Dalla Luce alla notte
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