Dalla offensiva delle Melette alle battaglie dei Tre Monti
- Autore: Romeo Covolo
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2018
Italia piegata, ma non spezzata dalla sconfitta di Caporetto. Contro ogni previsione del nemico, che li considerava battuti, i nostri ufficiali, sottufficiali e soldati seppero reagire sul campo, pochi giorni dopo lo sfondamento del fronte isontino e la ritirata. Si attestarono sulla nuova linea e la tennero. Era quella fatidica del Piave-Grappa, che si saldava alle Alpi trentine attraverso l’altopiano di Asiago. La resistenza di un esercito provato, ma non ancora vinto, si consolidò anche nel territorio dei Sette Comuni, tutt’altro che protetto da difese naturali.
Offre una breve, ma efficace ricostruzione di quelle vicende un lavoro di Romeo Covolo, “Dalla offensiva delle Melette alle battaglie dei Tre Monti”, pubblicato a luglio 2018 da Tassotti Editore (88 pagine, 10 euro).
Diciamo innanzitutto che dal 9 novembre al 4 dicembre 1917 una pressione austroungarica investì i rilievi centro orientali dell’altopiano, le Melette. Provocò una flessione, ma non il collasso. Le posizioni di massima resistenza si appoggiarono ai cosiddetti Tre Monti: Col d’Ecchele, Col del Rosso, Monte Valbella, appena tra i 1100 e 1300 metri di altitudine. Nella prima di quattro battaglie, a Natale, i tre Monti caddero in mano nemica, ma vennero ripresi dai nostri già alla fine di gennaio 1918, nella prima offensiva vittoriosa dopo la rotta dall’Isonzo.
In avvio dell’estate, altre due battaglie su quelle cime arrotondate videro la resistenza (15-16 giugno) e poi un nuovo sbalzo offensivo dei nostri (26 giugno – 2 luglio). Tutti combattimenti feroci, con grande spreco di artiglierie ed uso intenso di gas asfissianti e yprite.
Quella che possiamo considerare tra le fasi più significative della guerra sul fronte italiano è trattata in modo sintetico ma dettagliato dal ricercatore, naturalista ed escursionista Romeo Covolo, perfetto conoscitore della storia ed orografia dell’Asiaghese.
Dopo un primo libro sul 1915-18 ("Tutti Eroi", Tassotti, 2006), il progetto di cimentarsi ancora con la Grande Guerra è nato da una lapide nel sacrario militare del Leiten. Nel segnalare i caduti austroungarici riesumati dai cimitero di Stoccaredo, si evidenzia che nessuno dei corpi è stato identificato. Questo lascia immaginare “l’inaudita violenza” del fuoco d’artiglieria, la crudeltà degli assalti all’arma bianca, lo scempio provocato dai gas sui corpi (tra le foto che corredano il testo, eloquente il volto di un soldato piagato dall’yprite).
Altre immagini documentano lo stato attuale dei luoghi, prati vallivi tuttora pieni di crateri uno accanto all’altro:
un’enorme gruviera, dove non vi è metro quadrato in cui non sia caduta una bomba o una granata, dove le tortuose trincee permettono di mettere a fuoco ciò che stato veramente questo conflitto.
Intento dichiarato dell’autore è riuscire a illustrare “in modo riassuntivo ma esaustivo” e con ampio contributo di mappe ed eccellenti e rare foto d’epoca, la serie di aspri combattimenti dell’ultimo anno di guerra sull’Altopiano dei Sette Comuni, dalle Melette di Foza e di Gallio ai Tre Monti.
Schematicamente, oltre che soffermarsi sulle distinte fasi dei combattimenti, Covolo inquadra i reparti italiani che si sono dissanguati e coperti di valore negli scontri, tra le migliori truppe a disposizione dell’Alto Comando, retto dall’8 novembre 1917 dal napoletano Armando Diaz, in sostituzione del generalissimo Luigi Cadorna.
I “diavoli rossi”, i piccoli e combattivi sardi della Brigata Sassari, 151°-152° Reggimento di fanteria, si avvicendarono alla Brigata Liguria 157°-158° Fanteria ed ai “Lupi” di Toscana, fanti d’assalto della Brigata costituita dal 77°-78° Fanteria. E poi i Bersaglieri del 5° Reggimento, senza dimenticare gli Alpini della 5a Divisione penne nere.
Spazio anche ad utili indicazioni su come raggiungere i luoghi, i campi di battaglia, i resti di trincee e fortificazioni, oltre al piccolo Museo di Sasso d’Asiago.
Alcune pagine sono riservate alle motivazioni delle sedici medaglie d’oro al valor militare concesse a combattenti nelle varie battaglie in zona. Riposano in dodici nell’ottagono centrale del Monumento-Ossario di Asiago. Tra loro, un ragazzo di 17 anni, volontario di guerra alpino, il più giovane tra i decorati con la massima onorificenza in tutta prima guerra mondiale. Era Roberto Sarfatti (figlio di Margherita Grassina, la prima biografa di Mussolini). Giovane caporale, il 28 gennaio 1918:
rientrato da una licenza e avendo saputo che il suo battaglione si trovava impegnato in un’importante azione contro una formidabile posizione nemica, si affrettava a raggiungere la linea. Lanciatosi all’attacco di un camminamento nemico, vi catturava da solo trenta prigionieri ed una mitragliatrice. Ritornato all’attacco di una galleria fortemente munita, vi trovava morte gloriosa.
Case Ruggi Sasso d’Asiago. Il corpo venne ritrovato solo nel 1934 e sul luogo sorse un monumento funebre molto visitato in quel territorio.
Grande guerra 1915-1918. Altopiano dei Sette Comuni. Dalla offensiva delle Melette alle Battaglie dei Tre Monti
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