Di buona famiglia
- Autore: Isabella Bossi Fedrigotti
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Longanesi
Virginia e Clara, due sorelle “di buona famiglia”, ormai anziane, si ritrovano a ricordare il passato. Pur unite da legami di sangue, sono molto diverse tra loro:
- Virginia, la maggiore, irrequieta e vivace, ha trascorso una vita piuttosto dissimile dai modelli di morigeratezza dei tempi passati;
- Clara, invece, più tranquilla e riflessiva, si è adeguata ai principi ricevuti nell’ambito familiare e, spesso, si è mostrata sottomessa sia agli altri che al destino.
Il libro di Isabella Bossi Fedrigotti è diviso in due parti, uguali come quantità di contenuto. La prima è dedicata a Clara cui ci si rivolge in seconda persona, ricordando una giovinezza tranquilla e alcune storie d’amore non andate a buon fine. Era quello il tempo in cui convolare a nozze significava “accasarsi”, “trovare una compagnia” e questo era ciò che desideravano i suoi genitori per lei. Dopo un matrimonio andato a monte all’altare, Clara vive ancora un storia importante ma la presenza ingombrante della sorella è lì, ad impedirle di assaporare pienamente la propria vita. Un’esistenza trascorsa in famiglia nel perbenismo più assoluto, sia nella quotidianità che nei giorni di festa.
“Quei terribili Natali, copiati dai veri Natali quando il mondo era diverso … Voi dovevate essere allegri, volervi bene, lodare tutto, sentirvi l’animo buono …”.
Così scorre la vita di Clara che, abituata alla rinuncia, trova, ormai anziana, la capacità di accettare un’esistenza più limitata, consona all’età. Ad essa non si adatta facilmente, invece, Virginia che, nel libro, parla in prima persona. Ascoltare le sorelle è come vedere le due facce di una medaglia: tanti episodi in comune, ma interpretati e vissuti in maniera diametralmente opposta. Virginia, sorella maggiore di Clara, si ritrova con lei nella vecchia casa, ma, ricordando una vita più intensa sia negli eventi che negli affetti, poco si adatta alla nuova realtà che è quella di vivere l’età avanzata nei ricordi e nella solitudine. Le due donne si ritrovano nella stessa casa ma si sentono estranee l’una all’altra, proprio perché memori di antichi rancori.
“Quel veleno ci ha intossicato la vita, paralizzato i sentimenti, l’amicizia, l’affetto, la compassione. Intossicate siamo e quando per strada qualche vecchia del paese mi dice – Beate voialtre sorelle che vi fate compagnia- sono parole che mi suonano vuote”.
Virginia, che aveva sentito opprimente il comportamento sempre corretto, almeno agli occhi del mondo, di Clara , oggi si interroga sulla propria vita, sui propri errori e debolezze. Lei, come gli altri, aveva pensato:
“Clara è l’offesa, colei che ha subito i torti, io la colpevole. Era stato il mio ruolo, fin dall’inizio, la parte che la vita mi aveva assegnato”.
L’età avanzata metterà pace fra le sorelle ma non cancellerà i conflitti più profondi. Sarà Virginia a chiudere quel cerchio di rapporti interpersonali dicendo:
“Voglio essere la prima ad andarmene: m’illudo che potrebbe essere una vendetta, che lasciandola sola sia costretta a compatirsi, a compatirmi, ad amarmi un poco nel ricordo”.
Termina così quell’inflessibile contrapposizione di una vita. E’ quindi Clara, sottomessa alle tante regole di vita “di buona famiglia”, ubbidiente nell’apparenza e nella forma, a risultar più forte, quasi vincitrice di una vita, però, vissuta a metà.
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