Quando il mondo era in ordine
- Autore: Isabella Bossi Fedrigotti
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Mondadori
- Anno di pubblicazione: 2015
“Quando il mondo era in ordine, nella peschiera c’erano le trote. Stavano in una lunga vasca sistemata su un lato del cortile adibito a pollaio”.
Ogni venerdì mattina qualcuno della grande casa, cuore di una fiorente attività vinicola ai piedi della montagna, attraversava la strada e andava con il retino a pescare i pesci che poi arrivavano in tavola lessati, viscidi, “con la schifosa pelle blu-argentata spaccata dal bollore”. Il padre andava fiero di mangiare le trote allevate da lui stesso, perché il suo sogno era che la sua famiglia fosse autosufficiente per quel che riguardava il cibo, con uova e carne nel pollaio, insalate e verdure dell’orto e frutta della campagna. Le galline del pollaio erano una trentina, più un gallo, e tutte molto prepotenti con le quattro, cinque gallinelle nane “che appartenevano a noi bambini”. Raramente ai bambini di casa era concesso di andare a raccogliere le uova, quindi “trovare un uovo era una felicità” allungando le piccole mani dentro quei rifugi morbidi e caldi.
Nella buia stalla confinante con il pollaio era rimasta una mucca che i bambini si divertivano a sbirciare attraverso la finestrella che dava sull’aia, il suo latte arrivava ogni mattina dentro un recipiente dal manico di legno, sistemato subito nel grande frigo rovesciato dentro una bacinella bassa e larga in modo che si formasse la panna della quale la mamma era ghiotta. Spesso però i bambini nel primo pomeriggio quando non c’era nessuno in cucina, con il dito scremavano il latte dallo spesso strato di panna che si era formato nel giro di poche ore.
Rappresentava un’impresa eccitante per i bambini andare a pescare insieme al padre i gamberi d’acqua dolce nel vicino ruscello di campagna. Vi si andava nelle notti estive con delle reti speciali e un “brandello di repellente carne marcia e puzzolente, piena di vermi”, che il padre si era procurato chissà dove, secondo un metodo che aveva imparato da bambino in Boemia o Moravia, “mitica terra della sua infanzia di cui raccontava spesso, ma che non sapevamo dove collocare”.
Quando il mondo era in ordine, gran parte di quello che arrivava sulla tavola si produceva in casa, dalle marmellate, alle conserve, persino le tisane, per le quali i bambini raccoglievano “devotamente” i fiori di tiglio e di camomilla, che poi venivano seccati al sole chiusi dentro vecchie federe di cuscino. C’era anche la solenne cerimonia dell’uva e della sua conservazione: “ne vendemmiavamo una decina di cassette”, scegliendo grappoli ben maturi, con quel buon odore di dolce uva matura che imperava nel magazzino della frutta. Era vietato assaggiarla ma i bambini, in assenza del padre, ne piluccavano qualche acino dall’uva appesa a un doppio ordine di fili di ferro, dove rimaneva secondo tradizione fino a Pasqua. Erano veramente pochi i prodotti che si compravano nel negozio di generi alimentari, la spesa veniva segnata su un libretto e si pagava alla fine del mese, dopo che la madre l’aveva sottoposto all’esame del severo padre che controllava con attenzione ciascuna voce, rimproverando a volte la moglie per gli eccessi dei costi di casa. Il mondo iniziò a non essere più quello ordinato di sempre quando sparirono i pesci il venerdì.
“Niente più trote allevate in casa, niente più pesca con il retino per acchiappare quelle destinate alla tavola, vasche vuote, inutilizzate, brutte”.
I protagonisti di questo piccolo ma prezioso libro, non a caso pubblicato nella Collana Madeleines della casa editrice milanese, sono i ricordi proustiani di un’infanzia felice.
“Come quasi ogni altra storia anche questa è inventata dal vero. Tutto potrebbe, insomma, sembrare autobiografia e, invece, non sempre lo è”.
Isabella Bossi Fedrigotti, nata a Rovereto da madre austriaca, Premio Campiello 1991 con il bestseller Di buona famiglia, attraverso un odore, una sensazione, un’impressione, il primo rumore della mattina, il passetto lieve della cuoca lungo le scale di legno, riporta alla memoria le suggestioni di un mondo scomparso.
Ecco quindi una serie di suggestivi quadri di una famiglia benestante di una volta, all’interno della quale vigevano regole austere, sobrie, dove la parola “spreco” era aborrita. Quando il mondo cominciò a non essere più in ordine, cominciò a farsi strada una forma strisciante di consumismo che permetteva di acquistare cose non necessarie facendo un salto in bottega. Una rivoluzione copernicana.
L’autrice e giornalista che scrive su argomenti culturali e di costume sul Corriere della Sera, tenendo da anni rubriche di corrispondenza con i lettori (ha un suo forum nel sito www.corriere.it), per la stesura del romanzo si è rifatta alla lezione ascoltata dal poeta Attilio Bertolucci:
“La verità va inventata”.
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