Dietro il silenzio. Sei saggi latinoamericani e un inedito
- Autore: Antonio Melis
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2019
Tradurre è “una legge di ospitalità etica”, splendida espressione di Antonio Melis. Lo studioso è stato un accademico a Siena, innamorato della cultura ispano americana, di Neruda e Garcia Lorca in primis, di Borges, viaggiatore e divulgatore di una parte del patrimonio intellettuale universale, quello degli indios, negato e dimenticato. Ha potuto farlo per empatia, la calda umanità che fa percepire l’altro come parte di sé. Altro inteso come amico ma anche come popolo, diverso e nel contempo complementare, da cui apprendere e/o integrare un modo di stare al mondo.
In un bel libro contenente sei saggi e un inedito, curato dal figlio Guido, Dietro il silenzio. Sei saggi latinoamericani e un inedito (Biblion edizioni, pp.230, 2019), Antonio Melis dà voce a chi non l’ha mai avuta, o meglio possiede una cultura orale di grande spessore, ma considerata subalterna dai detentori del potere.
Dunque “ospitalità etica”.
L’autore rende giustizia alle comunità Mapuche o Mapuce, e alla cultura Inca, con la loro lingua quechua. I Mapuche estendevano la loro comunità dal centro del Cile fino all’Argentina meridionale (Patagonia).
Nella lingua degli amerindi che significa "popolo", “mapu”, “della terra”. Popolo della terra, madre di tutti. I Mapuche sono sicuramente più vicini di noi all’anima onnipresente, non l’hanno tradita e non hanno messo in pericolo la vita del pianeta con dissennate politiche predatorie.
Il professore è stato un intellettuale marxista ricco di venature spirituali.
Oggi la lingua degli indios più parlata in Sudamerica è il “quechua”, lascito degli Incas. Questi ultimi sono stati una grande civiltà di agricoltori, costruttori, ingegneri, mercanti. Le loro donne hanno svolto il ruolo di medici, espertissime nell’uso delle erbe, sono le “curandere”.
Il traduttore etico si occupa dei poeti più importanti, Abril, Cardenal, Arguedas e altri, diventati noti soprattutto grazie a lui. Melis è più conosciuto oltre oceano che in Italia.
Ricorda, e come non potrebbe? con forza le atrocità per niente cristiane compiute da cristiani su popolazioni miti e inermi.
La testimonianza, nel primo saggio, è quella del domenicano monsignor Bartolomeo de las Casas (XV secolo) e costituisce un mea culpa per noi infamante.
Il tema apocalittico, della giustizia finale, attraversa il libro, specie nelle tematiche dell’autore cristiano Cardenal, appassionato di Thomas Merton, il mistico che ha sempre avuto molto a cuore le questioni sociali, amico di Giovanni XXIII. Merton è morto fulminato per una presa di corrente difettosa.
L’episodio è lo spunto di un discorso sulla resurrezione.
Come saremo giudicati nell’ultimo giorno?
Nei saggi troviamo una sorprendente citazione di Montaigne (XVI secolo):
Tra i cannibali non trovo nulla di violento o selvaggio.
Abbiamo letto bene… Ciò scardina molti nostri pregiudizi e luoghi comuni sulla superiorità o meno di una civiltà nei confronti di un’altra.
Accosto questa osservazione al saggio di Jung sul sacrificio della messa; in questo rito immoliamo e beviamo spiritualmente il sangue di Cristo, sacra rappresentazione incruenta. Dio, l’universo, non potrebbe esistere e durare se non si nutrisse di se stesso.
Gli amerindi insegnano a tutti noi la pace. Oggi l’etnia Mapuche è ridotta a una minoranza che vive in gran parte nei dintorni di Santiago; porta storicamente le ferite di chi ha subito un genocidio. Fa riflettere il fatto che l’identità “silenziosa” venga restituita da un bianco: la cultura non ha confini, la bellezza e la verità hanno il volto di ogni creatura che inneggia alla vita.
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