Dio
- Autore: Mark Vernon
- Genere: Religioni
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Dedalo
Per chi volesse affrancarsi dai diktat stagionali - “letture da ombrellone” et similia - segnalo un libro in controtendenza, antidoto efficace alla vacuità imposta dal periodo. Un libro pieno così di domande anti-solleone per capirci, domande “prime” – di quelle toste della serie chi siamo?, dove andiamo? –: provate a leggerlo in spiaggia mentre intorno a voi si dimenano coatti e coatte dell’acqua gin e l’effetto straniante sarà assicurato. Il titolo, dite? Lapidario ma efficace quanto basta per farsi un’idea della polpa di cui è fatto. In una parola si intitola “Dio” (edizioni Dedalo nella versione italiana) e a firmarlo è un ex sacerdote, oggi giornalista-scrittore alquanto noto nel Regno Unito, tale Mark Vernon (The Guardian e BBC nel suo curriculum). L’intento del saggio è, nel complesso, conciliatorio: né la virulenza antireligiosa di Christopher Hitchens né l’ottusa miopia di un creazionista fuori tempo massimo. Fede e pensiero scientifico possono coesistere tra loro, basta sgombrare il campo dai pregiudizi e armarsi di sacrosanta sospensione di incredulità se, quando e dove occorre (quest’ultima è mia: personalmente le prove “Scolastiche” dell’esistenza di Dio mi hanno tutt’altro che convinto).
Il testo si incista attorno ai concetti di immanenza e trascendenza (o insomma, giù di qui), sulla scorta dei contribuiti dei filosofi di ogni tempo, natura e stampo ideologico, da cui discende in poco più di 200 pagine la sfilza di domande da canonico milione di dollari. Giusto una manciata di esempi, che messi così di fila potrebbero sembrare boutade alla Giacobbo ma che in sostanza - garantisco - sono di specie opposta: “La religione è un errore dell’evoluzione?”, “La ragione può dimostrare l’esistenza di Dio?”, “La sofferenza umana nega l’esistenza di Dio?”, “La natura è divina?”. E ancora, in ultimo, quella che forse importa più di tutte: “C’è vita dopo la morte?”.
Il saggio specula forte ma, forse anche per i temi che affronta e per la “misura” con i quali li affronta, avvince e non annoia, niente affatto. Gli interrogativi costituiscono, a ben guardare, la forza e il filo rosso dell’escatologia vernoniana e se anche alla fine restano in piedi tutto sommato è giusto così: ho come il vago sospetto che le questioni intorno all’esistenza/non-esistenza di Dio siano destinate a rimanere "aperte" da qui fino alla fine dei tempi. Voi che ne dite?
Dio
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