Discipline poteri verità. Detti e scritti 1970-1984
- Autore: Michel Foucault
- Genere: Politica ed economia
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2021
Si rasava la testa prima che il gesto diventasse moda (pessima). Indossava maglioni a collo alto, ma non soltanto neri come gli esistenzialisti. Si diceva omosessuale ai tempi in cui dichiararlo era più difficile che adesso. Sorrideva spesso. E poi rideva. In modo fragoroso. Chi lo ha conosciuto bene giura che le sue risate avessero del clamoroso. Pochissimi altri intellettuali come lui, anche sotto questo aspetto. Filosofo. Sociologo. Storico della scienza. Saggista letterario. Spiazzante. Visionario. Libero pensatore e “cattivo maestro”, Michel Foucault (1926-1984) è stato legione: uno, molteplice e mai scontato. Parlasse-scrivesse di sesso, potere, Capitale, e persino di Islam, non c’era nulla o c’era molto poco che poteva farlo passare per un tipo convenzionale. L’antologia che ne raccoglie idee e pensieri sparsi – per saggi, recensioni, interviste, conversazioni –, Michel Foucault. Discipline poteri verità. Detti e scritti 1970-1984, uscita da poco per Marietti 1820 a cura di Mauro Bertani e Valeria Zini riprova quanto sopra, oltre che la lucidità speculativa degli interventi.
Sulla “malattia mentale” e i poteri normalizzanti, a pagina 34:
“I poteri non sono forse legati oggi ad un potere particolare che è quello di normalizzazione? Voglio dire: i poteri di normalizzazione, le tecniche di normalizzazione, non sono, attualmente, una sorta di strumento generale che troviamo un po’ dovunque nell’istituzione scolastica, in quella penale, nelle fabbriche, nelle officine, nelle amministrazioni, come una sorta di strumento generale e generalmente accettato, poiché scientifico, che permetterà di dominare e di assoggettare gli individui? In altri termini, la psichiatria appare come strumento generale di assoggettamento e di normalizzazione degli individui. Ecco in breve qual è per me il problema”.
Sulla sessualità, in un’intervista, a pagina 47:
“Lo dicevo poco fa che, anche quando si fa l’amore, sono in gioco rapporti di potere. Tutti i rapporti di potere sono fortemente carichi di erotismo. Si tratta di un ambito che è stato, credo, studiato assai poco, di cui un giorno si dovrà pure cercare di studiare. Fa talmente piacere comandare. Fa piacere anche essere comandato. Il piacere del potere è tutto da studiare”.
Le espressioni sopraffattive e patologiche del potere, ricorrono come sorta di cupo leit motiv all’interno del testo (Crimini e punizioni in U.R.S.S. e altrove; Michel Foucault, l’illegalismo e l’arte di punire; I rapporti di potere passano all’interno dei corpi; La società disciplinare in crisi, ecc.): una constatazione, prima ancora che un monito sottotraccia.
Muovendo dall’assunto che “ogni società ha il suo proprio ordine della verità, la sua politica generale della verità: essa accetta determinati discorsi, che fa funzionare come veri", Foucault sostiene (e non a torto) che persino sapere e potere risultano intrinseci e indisgiungibili: l’esercizio del potere genera nuove forme di sapere e il sapere porta sempre con sé effetti di potere (Il sapere come crimine). Siamo cioè dinnanzi un potere impersonale (cioè non derivante da non un soggetto cosciente, né sovrano), non manifesto, subdolo e onnipresente, che opera attraverso meccanismi anonimi in ogni ambito del vivere collettivo.
Filtrati da quest’ottica principale, nel testo curato da Mauro Bertani e Valeria Zini si affacciano tra le pagine temi ulteriori legati al rapporto individuo e società, ma anche correlati alle questioni ontologiche dell’identità, della nascita, del vivente, e al dibattito — in questi giorni più che mai attuale — sulla medicalizzazione della società. Il libro presuppone il possesso di minimi prerequisiti filosofici, ma è, nel suo complesso, accessibile a tutti, se per tutti si intendono lettori che aspettano da un saggio spunti di riflessione divergente.
Discipline, poteri, verità. Detti e scritti (1970-1984)
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