Donne che corrono coi lupi
- Autore: Clarissa Pinkola Estés
- Genere: Psicologia
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Sperling & Kupfer
- Anno di pubblicazione: 2016
Clarissa Pinkola Estés è una scrittrice e psicoanalista statunitense da sempre impegnata nel sociale. Autrice di “Donne che corrono coi lupi”, è laureata in psicologia etno-clinica e si è successivamente specializzata in Psicologia Analitica (disciplina conosciuta anche come psicologia del profondo).
Il titolo del testo proviene dagli studi svolti da Clarissa Pinkola Estés riguardanti la fauna selvaggia, in particolare i lupi; donne e lupi si trovano così sulla stessa lunghezza d’onda: entrambe le specie sono sensibili, giocose, forti e resistenti; sono devote e si prendono cura del compagno e della prole.
Clarissa Pinkola Estés conobbe da giovanissima la Donna Selvaggia, quando ancora viveva in mezzo alla natura, nei pressi della frontiera del Michigan, non lontano dai Grandi Laghi.
Per l’autrice
“l’obiettivo dev’essere riparazione e soccorso nei confronti della forma psichica naturale e mirabile delle donne.
Fiabe, miti e storie offrono un sapere e una comprensione che aguzzano la nostra vista in modo tale da permetterci di distinguere e di riprendere il sentiero tracciato dalla natura selvaggia. Gli insegnamenti che vi troviamo ci rassicurano: il sentiero non si è perduto, ancora conduce le donne sempre più in profondità, nella conoscenza di sé. Le tracce che tutte noi seguiamo sono quelle del Sé innato e selvaggio”.
Clarissa Pinkola Estés rassicura: il termine selvaggio non viene usato nel suo senso peggiorativo, bensì nel suo senso originario. Vivere in maniera selvaggia significa vivere naturalmente. Inoltre, nella parte introduttiva, chiarisce:
“La natura selvaggia porta tutto ciò di cui una donna ha bisogno per essere e sapere. Porta il medicamento per tutto. Porta storie e sogni e parole e canzoni e segni e simboli”.
E ancora:
“Riunirsi a lei significa fissare il territorio, trovare il proprio branco, stare con sicurezza e orgoglio nel proprio corpo indipendentemente dai suoi doni e dai suoi limiti, parlare e agire per proprio conto, in prima persona, essere consapevoli, vigili, rifarsi ai poteri femminili innati dell’intuito e della percezione, riprendere i propri cicli, scoprire a che cosa si appartiene, levarsi con dignità, conservare tutta la consapevolezza possibile.
La Donna Selvaggia in quanto archetipo, e tutto quanto sta dietro di lei, è la patrona di tutti i pittori, gli scrittori, gli scultori, i ballerini, i pensatori, di coloro che compongono preghiere, che ricercano, che trovano, perché tutti loro sono impegnati nell’opera di invenzione, ed è questa la principale occupazione della natura istintuale. Come in tutte le arti, sta nelle viscere, non nella testa”.
La Donna Selvaggia viene raccontata nelle sue sfaccettature attraverso storie che la vedono protagonista. L’autrice non manca, poi, di descrivere meglio le varie parti che compongono le storie narrate.
Con il racconto di Barbablù, Clarissa Pinkola Estés insegna che lui è il predatore naturale presente nella mente di tutte le donne: occorrono amore, tenacia e introspezione per smorzare questa parte di sé. Ubbidire a Barbablù significa lasciarsi morire, diventarne preda; disobbedirgli, invece, vuol dire dare ascolto alla propria parte istintiva.
In Vassilissa la Saggia, la bambolina che Vassilissa porta con sé nella tasca rappresenta l’istinto, ed è proprio seguendo l’istinto che riuscirà a far ritorno a casa.
Ancora, la Donna Scheletro rappresenta la ciclicità della vita che la Donna Selvaggia asseconda. Il fatto che la Donna Scheletro riaffiori dalle acque significa che è la stessa vita interiore a voler tornare alla luce, uscire dall’oscurità.
“Donne che corrono coi lupi”
“è un libro di storie di donne, poste come segnali lungo il cammino. Potrete leggerle e contemplarle affinché vi assistano verso la libertà naturalmente conquistata, per voi medesime, gli animali, la terra, i bambini, le sorelle, gli amanti e gli uomini. Ve lo dico subito: le porte sul mondo del Sé selvaggio sono poche, ma preziose. Se avete un cicatrice profonda, questa è una porta”.
Donne che corrono coi lupi
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Parlavo con un’amica di miti e fiabe e il discorso è caduto sulla grande Clarissa Pinkola Estés, psicoterapeuta junghiana, autrice di "Donne che corrono coi lupi", un successo mondiale, pubblicato in Italia da Sperling & Kupfer (la mia edizione è 2017-2018, pp. 571), traduzione di Maura Pizzorno. L’amica ha definito quest’opera monumentale "una bomba". Ho sorriso annuendo e subito ho desiderato riprendere in mano il libro con un sentimento di sacralità. Infatti l’autrice, che è stata direttrice del "C. G. Jung Insitute" di Denver, tratta l’archetipo della "Donna Selvaggia" che emerge dal profondo con la devozione dovuta alla presenza del Divino nella natura, sapendo che un contenuto inconscio è sempre di natura numinosa ed ha il compito di connettere la parte cosciente della psiche con la parte (la maggiore) ancora sconosciuta.
Il libro è impregnato di sentimento e intelligenza, scritto con tono ispirato ma anche con il rigore della studiosa. Pinkola Estés è una "cantadora", una "curandera", una strega e sciamana, lei stessa donna in corsa con i lupi, una creatrice che esprime le forze irrefrenabili e potenti della vita, dell’istinto da ritrovare. Non l’istinto incapace di autoregolazione ma, chiarisce, selvaggio
"significa vivere una vita naturale, in cui la "creatura" ha la sua integrità innata e sani confini. Queste parole, "selvaggia e donna", fanno sì che le donne rammentino chi sono e perché. Creano una metafora per descrivere la forza che fonda tutte le femmine. Personificano una forza senza la quale le donne non possono vivere."
Una forza insita nel nome "Eva" la vivente. È la Grande Madre arcaica, alla base di tutte le culture del mondo. Per i Navajos è "La Donna Ragno, che tesse il fato degli esseri umani e degli animali, delle piante e delle pietre". Si nota l’universalità della funzione. In Guatemala è "la donna che vive da sempre e per sempre". In Giappone è "La Numina, che porta luce piena, piena consapevolezza". Chi ha dimestichezza con il Buddhismo tibetano riconoscerà in lei "Dakini, la forza danzante che crea la preveggenza nelle donne".
Quando la “Donna Selvaggia” viene ignorata e repressa, la donna cade in depressione, ma a livello sociale tutta la comunità perde le sue radici con danni incalcolabili. Si spegne la creatività, l’intuizione che fa avanzare, comprendere, correre e gioire.
La psicoterapeuta propone un cammino iniziatico che rivaluta il corpo e la sacralità della sessualità, "la carne selvaggia", compresa la vita nei boschi dove ogni fiaba che si rispetti trova ambientazione; tramite "lei" "Selvaggia" antica che è anima, ritroviamo la "grazia dell’appartenenza", la vita integrata in un gruppo, non siamo esseri alienati e soli. Essere "a casa" significa tornare nella propria interiorità. Per essere forti. Non si tratta della sopraffazione, tutt’altro:
"Credo fermamente che l’attenzione e la dedizione alla natura dell’anima rappresentino la forza per eccellenza."
Ricordo che in sanscrito il femminile è "Shakti", forza, energia cosmica.
La conoscenza è scoperta del Sé - verso cui la “Donna Selvaggia” è guida - è un inoltrarsi nel terreno immaginale attraverso fiabe classiche che hanno popolato ha nostra infanzia, in cui si cela la saggezza rigenerante. "Barbablù, La Piccola Fiammiferaia, Il Brutto Anatroccolo" sono alcune di queste grandi storie fantastiche capaci di essere specchio di noi. "Le storie sono medicine."
Perché i lupi? La scrittrice crea un’equivalenza tra la donna e il lupo: il lupo (e la donna) gioca, sappiamo che balla dal titolo di un altro celebre film, possiede grande forza vitale, difende il territorio, è leale e devoto, pieno di inventiva, errante. È dunque il valore fondante della civiltà.
Poiché la “Donna Selvaggia” è un archetipo, la sua natura è "psicoide". Con questo termine Jung intende un contenuto psichico appartenente ai primordi della specie, quando mente e materia non costituivano un dualismo, né soggetto e oggetto apparivano separati. Per intenderci, psicoide è lo stato in cui "ogni cosa è piena di dei" (Talete). E dunque "lei" preziosissima e "selvaggia" è
"patrona di tutti i pittori, gli scrittori, gli scultori, i ballerini, i pensatori, di coloro che compongono preghiere, che ricercano, che trovano, perché tutti loro sono impegnati nell’opera di invenzione, ed è questa la principale occupazione della natura istintuale."
Come trovarla? Come si manifesta?
"Viene a noi anche con il suono; con la musica che fa vibrare il diaframma, eccita il cuore, arriva con il tamburo, con il fischio, il richiamo e l’urlo. Viene con la parola scritta e con la parola detta; talvolta una parola, una frase, una poesia o una storia sono così risonanti, così esatte, da ricordarci, almeno per un istante, quella sostanza di cui siamo realmente fatte, e dove si trova la nostra vera casa.”