Dossier Caporetto
- Autore: Mirko Molteni
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2017
Caporetto, 24 ottobre 1917: una tragedia nata da una commedia all’italiana. Generali che si comportavano quasi da artisti d’operetta, mentre il nemico austrotedesco scatenava con tattiche nuove un’offensiva lungamente preparata, affrontata dai nostri comandi con un immotivato complesso di superiorità. Ecco l’interesse storico di “Dossier Caporetto. Il centro di gravità dell’annata 1917”, un saggio del giornalista Mirko Molteni, esperto in storia della guerra aerea, pubblicato nel centenario della grande sconfitta nazionale dalle edizioni bolognesi Odoya (ottobre 2017, 302 pagine, 20 euro).
Generali da operetta? Non tutti naturalmente, ma qualcuno sì e fece danni enormi, sciorinando un repertorio di impreparazione, sufficienza e spocchia ingiustificata.
Condottieri che sproloquiavano di controffensive strategiche risolutive (il comandante della II Armata, generale Capello). Trappole studiate a tavolino per attrarre il nemico in profondità e accerchiarlo, che all’atto pratico favorirono lo sfondamento avversario. Artiglieria di grosso calibro lasciata in posizioni troppo avanzate invece d’essere arretrata preventivamente, col risultato di cadere in mano ostile al primo sbalzo offensivo.
E comandanti d’Armata a pranzo, mentre i fonogrammi che segnalavano la perdita di posizioni essenziali attendevano d’essere letti sulle loro scrivanie.
E ottocento cannoni inattivi, perché il comandante di Corpo d’Armata (il generale Badoglio, alla testa del XXVII) aveva avocato a sé l’ordine di fare fuoco, ma non poteva trasmetterlo per l’interruzione delle comunicazioni.
In tutto questo, il generalissimo Cadorna si dedicava alla normale routine nel Comando Supremo a Udine, disinformato e ostinatamente ottimista, quando le nostre linee erano state già travolte dall’avanzata austrotedesca.
Già il solo indice dei dodici capitoli di questo volume è di per sé un saggio storico in dodicesimo.
- 1) Obbligati ad attaccare. Fino ad allora si erano spinti i nostri fanti ad assalti frontali alla baionetta, unica visione tattica di Cadorna, che alle esigenze obbligate della guerra di trincea aggiungeva la sua mentalità ottocentesca, chiusa ad ogni novità.
- 2) La calata dei tedeschi. La cessazione delle ostilità con la Russia aveva liberato reparti germanici esperti, con le loro tattiche e armi del tutto nuove sul nostro fronte. Il ten, Rommel ne dette una dimostrazione sul Matajur.
- 3) Fragile schieramento. Il nostro, troppo avanzato e con troppe truppe in prima linea, per lanciare la controffensiva sognata da Capello.
- 4) La morte gassosa. I nemici fecero uso nelle prime ore di nuovi gas tossici, sui quali facevano un grande affidamento. Nel complesso non ebbero un peso straordinario sugli eventi, visto che la relazione italiana parla di un effetto non così massiccio sule prime linee, di “alcun effetto” sulle batterie, addestrate ad affrontare la minaccia chimica e di un impatto certo sulle salmerie e nelle retrovie. Una moria di poveri muli, privi di protezioni. Dove il gas colpì duro, per una somma di circostanze, fu invece sui difensori della conca di Plezzo, sterminati in pochi minuti dal soffio venefico. E senza oppositori in vita: porte aperte agli attaccanti.
- 5) L’ora X. Lo sbalzo avanti austrotedesco si svolse nei tempi previsti, aiutato dalle condizioni meteo (pioggia e nebbia) che ostacolavano la visibilità.
- 6) La rotta. Isolate sui rilievi e sorpassate a valle da attaccanti non visti e indisturbati, le linee arretrate non poterono che crollare una dopo l’altra.
- 7) Si salva il salvabile. Nella ritirata al Tagliamento e poi al Piave, si riuscì comunque a proteggere l’intera III Armata, in arretramento dal Carso triestino.
- 8) Gli alleati silurano Cadorna. Pretendono la sua testa e la ottengono: viene sostituito dal napoletano Armando Diaz.
- 9) L’aviazione nel turbine. Entra in difficoltà dovendo abbandonare le basi avanzate nella pianura friulana, dalle quali aveva sfidato per oltre due anni quella austriaca con sempre maggiore successo.
- 10) La fiumana s’arresta. La battaglia d’arresto sul Piave e il miracolo del Grappa impediscono al nemico di irrompere nella piana veneta verso il Mincio e di raggiungere Venezia, pur vicina al fiume sacro.
- 11) Il paese si interroga. Le ricadute sul prestigio nazionale e sul morale interno sono pesanti, anche se non tutte negative, perché davanti all’esigenza di difendere il suolo italiano la Nazione si compatta. Resistere e vincere diventa un valore per tutti, combattenti, governo e popolo.
- 12) Profughi e occupazione. Un durissimo anno di vita sotto il giogo austroungarico per le popolazioni che restarono nei territori occupati dal nemico. Non si contano le violenze, anche sessuali e le dolorosissime nascite dei “figli della guerra”. E per chi aveva scelto di fuggire (quasi 380mila civili), comincia l’esilio forzato in altre regioni italiane. A novembre del 1918 gli sfollati saranno censiti in 632mila.
Dossier Caporetto. Il centro di gravità dell'annata 1917
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