Dunkirk
- Autore: Joshua Levine
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2017
Maggio 1940, uno scenario bellico impensabile: due dei più potenti eserciti del mondo, quello francese e il Corpo di Spedizione britannico in Francia (BEF), travolti in due settimane dalle divisioni corazzate tedesche. I francesi finirono per chiedere l’armistizio e gli inglesi dovettero tentare di reimbarcare le loro truppe dall’unico porto sotto controllo sulla Manica, Dunkerque, a pochi chilometri dal confine bega. Joshua Levine ha ricostruito una settimana di confusione eroica e disperata nel libro “Dunkirk: la storia vera che ha ispirato il film”, edito nel 2017 da HarperCollins Italia, 404 pagine 18 euro.
Sulle spiagge sabbiose di Dunkerque, dopo il 20 maggio, si ammassarono oltre 300mila tra soldati inglesi, francesi e belgi, difesi da poche divisioni amiche, circondati e bombardati dall’aviazione tedesca. Al salvataggio di quegli uomini (per Churchill sarebbe stato un successo portarne via 40mila) si attivò la macchina della solidarietà militare e civile, gestita dall’Ammiragliato. Per otto giorni, tra il 27 maggio e il 4 giugno 1940, navi da guerra, traghetti, pescherecci e una miriade di battelli privati e natanti d’ogni genere fecero la spola tra quel lembo di Francia e le coste inglesi.
Con l’aiuto eroico di poche squadriglie da caccia, dovettero subire l’azione incessante della flotta aerea di Goering, che aveva assunto il mandato di annientare gli inglesi sulle coste del Canale.
Prima del dramma, Levine offre una sintesi storica degli anni anteguerra in Germania, Inghilterra e Stati Uniti. Poi passa alla “drole de guerre”, la “strana guerra”, il periodo tra la dichiarazione ufficiale del conflitto, nei primi di settembre 1939 e l’avvio effettivo delle ostilità, il 10 maggio 1940.
Per otto mesi non successe nulla tra le linee contrapposte, a parte l’invasione nazista di Polonia e Norvegia, finché i germanici non si scatenarono contro i Paesi Bassi e il Belgio, attirando il contingente inglese verso le Fiandre e aggirando gli anglofrancesi dalle Ardenne. Sfondando sulla Mosa, risalirono rapidamente verso la Manica. Con le divisioni francesi disarticolate dalle colonne corazzate hitleriane, il BEF si ritrovò chiuso in una sacca, sulla costa nord, tra la Francia e il Belgio.
Il libro ricostruisce gli eventi in una visione per quanto possibile organica. È la tragedia di un esercito ristretto in un territorio esiguo, davanti al mare, nella speranza di un imbarco. Il racconto di Levine riesce a dare unitarietà ad una vicenda che visse di tantissimi episodi frammentari, di singoli combattenti.
Una varietà di momenti offre una gamma di caratteri, soprattutto inglesi. C’è il comandante di una compagnia dell’East Surrey che aveva autorizzato la giovane moglie del magazziniere Hersey, appena sposata, a ritirarsi col reparto, vestendo l’uniforme militare. C’è il marinaio, impegnato a coordinare l’imbarco di un natante, che per scongiurare il capovolgimento del battello assalito da una massa disordinata, non esita a sparare in testa a un soldato a caso, nell’indifferenza degli altri, ai quali il gesto non sembra sconsiderato.
Il fante Thomas, appena diciannovenne, adottò la tattica dello struzzo, affondando la testa nella sabbia quando piovevano bombe, granate e pallottole. Se non altro, evitava di correre qua e là ed esporsi alle schegge, come molti in preda al panico facevano intorno a lui. dopotutto, a soli 14 anni aveva cominciato fare il minatore, quando lavorare in miniera era l’attività più pericolosa del Paese, a parte la guerra: vi morivano almeno quattro persone al giorno.
Non si pensi ad una ritirata ordinata dalla spiaggia e dal porto e nemmeno un imbarco perfettamente organizzato o una navigazione indisturbata. Ma dall’insieme di tante condotte e scelte singole e collettive si concretizzò il “miracolo di Dunkerque”.
A sospingere centinaia di migliaia di soldati verso l’ultimo porto in mano alleata fu il comandante del BEF lord Gort. Era una scelta contro ogni prudenza militare, ma consentì di salvare tanta gente. Al termine dell’Operazione Dynamo, alle 14.23 del 4 giugno, erano stati prelevati quasi 300mila combattenti, dieci volte più di quanto preventivato. Tra loro, migliaia di francesi e belgi. In terra di Francia rimasero nelle mani tedesche 140mila inglesi delle divisioni di retroguardia, avviati verso i campi di prigionia.
I “salvati” di Dunkerque rientrarono avviliti in Gran Bretagna. Li attanagliava un senso di sconfitta, ma i cittadini britannici li accolsero come dei vincitori. Le donne, testimoniano i protagonisti con sorpresa, non li consideravano dei codardi e li coprivano di attenzioni.
Nel Paese, rimasto solo ad affrontare Hitler, la prova di mobilitazione della società civile aveva realizzato un miracolo. Nacque da lì la convinzione che la vecchia Inghilterra poteva resistere all’inarrestabile avanzata nazista. E vincere.
La pellicola internazionale alla quale fa riferimento Levine, già avvocato penalista, autore di saggi storici sulle due guerre mondiali, è “Dunkirk” coprodotto, scritto e diretto nel 2017 da Christopher Nolan, regista di origini britanniche. Il volume è preceduto da un’intervista esclusiva dello scrittore al connazionale uomo di cinema.
Dunkirk: La storia vera che ha ispirato il film
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