E niente è ciò che è
- Autore: Roberto Nassi
- Categoria: Poesia
- Anno di pubblicazione: 2018
Don Marcello, un sacerdote giovane e fascinoso, fa l’ingresso nella sua prima parrocchia in un paese ai piedi dei colli. È un nuovo capitolo della sua vita che gli si sta aprendo, tra emozione, aspettative, qualche timore per ciò che ancora non si sa. Siamo nel Veneto, nel 1989, l’euforia di un nuovo inizio pervade anche la grande Storia, a vedere le immagini dei tg e la gente raccolta attorno al violoncello di Ro-stropovich sotto il muro sbrecciato che divide Berlino.
Ha un animo generoso, questo don Marcello, striato di una sottile inquietudine che sembra lenirsi più nella lettura solitaria che nella cura delle anime. Perfino in chiesa alla Bibbia e al Breviario affianca testi di filosofia e, soprattutto, di poesia. Lontano per indole e cultura dal suo celebre archetipo, il prete bello parisiano, rispetto al quale è più cerebrale e più sensibile nello stesso tempo, come quello subirà il fascino di una donna e la crisi della sua vocazione.
Ma "E niente è ciò che è" è molto più di una storia privata di provincia: ogni snodo delle vicissitudini, interiori ed esterne, del protagonista sembra rispecchiarsi e amplificarsi nei segni della Storia, quel fulmineo, concitato e contraddittorio decennio che va dalla caduta del muro fino alla guerra del Kosovo.
E se don Marcello, poi solo Marcello, è indubbiamente il protagonista, attorno a lui e in parte autonomamente altri personaggi si ritagliano ampie porzioni del racconto e appaiono parimenti mossi da un’inquietudine di fondo: la vera cifra del nostro tempo. Un tempo in cui l’uomo, per quanto imbelle, manifesta ormai forme di resistenza consce e inconsce nei confronti dell’irreggimentata banalità della società di massa e un senso di postumità:
Una fine del mondo che ti scuote e ti prendeda fuori l’altra che ti spegne lenta mentreti cova e figlia dentro. Il lusso della scelta.
Della trama di questo libro di 650 pagine non si può qui dire di più se non che ci si sposta, con Marcello e gli altri personaggi, tra lembi di provincia veneta (che sembrano, nonostante la forza uniformante dell’industrializzazione scomposta e del vissuto eterodiretto di ognuno, piccoli microcosmi in cui il paesaggio ancora parla, a differenza degli uomini, lingue diverse); in Repubblica Ceca, a Praga e nel Krivoklatsko; a Belgrado…
Eppure permane nel lettore l’impressione di una immobilità di fondo, come se tutti questi personaggi potessero riferire a sé il giudizio che l’artista Lorenzo dà del proprio lavoro: “non ho fatto altro che piétiner sur place”. Ciò non significa, come voleva Orazio, che cambino solo cielo, non animo, coloro che attraversano correndo il mare, perché il contatto e l’interrogazione di paesaggi addomesticati, ma non stravolti e avviliti dall’impronta umana, la conquista in essi di un tempo plastico, pulsante, sarà fondamentale per Marcello nel capire più profondamente i frammenti della sua vita e, per dir così, incarnare le più raffinate elaborazioni del pensiero e, in ultima analisi, i segreti e le potenzialità della parola. Ciò che si conquista, in fondo, lo si possedeva dall’inizio e va sempre riconquistato.
Linguisticamente e formalmente rilevato è questo libro, un vero e proprio romanzo in versi, come la breve citazione lasciava intendere, dallo stile poliedrico e raffinatissimo, che riusa e rimodella genialmente l’antica strofa dell’ottava. Le frasi ci catturano come melodie uscite da un flauto magico, anche laddove il senso sembra appannarsi perché si avvicina alla soglia dell’indicibile, dove la profondità e la superficie combaciano. È la stessa esperienza vissuta da alcuni dei personaggi:
E poi…” “E poi?” “E poi c’è il livello della metafora,perché questa realtà di individui irriducibiliè anche una metafora, di qualcosa di vivoche mi si muove dentro come un magma, uno spaziodi ascolto intimo ma più grande di me, non sospiegarti, ma una metafora è una direzione…”“Una direzione verso possibilitàdi senso. Un po’ ti capisco e un po’ no, il linguaggioè una metafora, è una bussola, non il viaggio,chi viaggia nel conoscere è l’animo, ma l’animoè muto. La realtà – riprende Karel indicandole rondini sui fili elettrici che affiancanola strada deserta – e la metafora”. E si mettea suonare lo spartito con la sua fujara.
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