Elogio del toccare
- Autore: Luce Irigaray
- Genere: Filosofia e Sociologia
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2013
Se il titolo originale di questo volumetto (Perhaps cultivating touch can still save us?) di Luce Irigaray fosse stato reso letteralmente piuttosto che “Elogio del toccare” sulla copertina avremmo trovato una frase come “Se coltivassimo il senso del tatto potremmo forse salvarci?”.
La nota filosofa, linguista e psicoanalista belga, una delle madri della teoria femminista contemporanea, si chiede, in altre parole, se la percezione del valore del senso del tatto, una percezione di cui poco sappiamo, di un senso poco studiato dalla psicoanalisi, non possa forse restituire all’uomo una risorsa quanto mai preziosa per il suo agire sociale e, più in generale, per il suo stare al mondo.
Perché nella storia millenaria della cultura occidentale il valore del senso del tatto è stato costantemente sminuito e trascurato a favore di altri, come la vista? Secondo Irigaray c’è un’energia vitale in ciascuno di noi che però non è mai stata considerata come un’energia naturale che potesse facilitare la convivenza.
Ne risulta un uomo diviso, metà naturale e metà artificiale, metà istintivo e metà formale, ciò perché
“Comunicare con l’altro dovrebbe richiedere la neutralizzazione della propria specificità e l’adozione di un atteggiamento artificialmente neutro che ci isoli dalle nostre risorse energetiche”.
Ma è davvero possibile neutralizzare la nostra specificità? Quell’energia vitale o, piuttosto, relazionale avrebbe dovuto essere appresa ed educata e non obnubilata come è avvenuto nell’Occidente. Qui il comportamento e l’azione sono stati “formalmente codificati”: un’organizzazione gerarchica di nomi, immagini, rappresentazioni che hanno sostituito la vera esistenza e sclerotizzato la convivenza tra gli esseri viventi.
La cultura occidentale, animata da una passione teoretica, ha scansato il toccare:
“Da Socrate in poi il tipo di unione verso cui spinge Eros si fa impossibile a causa dell’intervento del giudizio di una ragione inquisitoria. Da lì in avanti saremo divisi in noi stessi”.
Quello occidentale è un homo divisus, scisso tra Dioniso e Apollo, tra energia vitale, che non ha limite e razionalità, e identità che è solo definizione, categorizzazione, circoscrizione di confini.
È possibile, allora, riscoprire il valore del tatto e con esso (per restare, come sopra, fedeli al significato letterale del termine touch, nella lingua originale) del tocco, del contatto, del rapporto con l’altro?
“Dobbiamo scoprire una nuova relazione con la conoscenza che prenda in considerazione l’importanza del tatto nella costituzione della nostra individuazione e delle nostre relazioni con l’altro/gli altri”.
Non si tratta di un sentiero facile da percorrere dal momento che, oltre a chiamare in ballo il rapporto con la madre e le sue valenze psicanalitiche, coltivare il senso del tatto richiede di colmare una lacuna davvero grande: i filosofi contemporanei che l’hanno posto sotto il loro scandaglio critico, come Merleau-Ponty, Sartre e Levinas, infatti, lo hanno assoggettato alla vista, a qualche ideale, o a qualche azione peculiare dell’agire umano. La carezza, ad esempio, è per questi pensatori uno strumento di rimozione dell’identità dell’altro, un modo per possederlo e per accrescere il proprio piacere personale.
Per intraprendere il percorso indicato da Luce Irigaray, invece, occorre convincersi che il tatto è una componente imprescindibile di ogni nostra percezione sensoriale, come di ogni nostra relazione esistenziale.
Non guardare, non la vista, che è possesso, ma una maggiore attenzione a Eros:
“fare esperienza di amor di sé attraverso il contatto reciproco delle labbra [può] aiutarci, soprattutto in quanto donne (ma non solo), a scoprire una nostra viva identità”
E una maggiore educazione dell’Eros, affinché, abbandonando le coppie opposizionali proprie della logica e del pensiero occidentale, quell’energia sessuale che ci spinge verso l’altro non sia causa di smarrimento e disillusione quanto, piuttosto, di una condivisione umana del desiderio
“Forse allenando il nostro istinto sessuale ad agire in modo umano possiamo raggiungere la nostra identificazione umana. Il primo gesto da compiere è abbandonare un mondo che funziona per coppie oppositive e riscoprire che la nostra identità sessuale non è né l’opposto né il complemento dell’identità dell’altro sesso”.
Luce Irigaray, dunque, redige un “Elogio del toccare” perché è la pelle, il contatto reciproco che avviene su di essa, a permettere di riscoprire una nuova e più autentica relazione, una comunione intima, con l’altro.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Elogio del toccare
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