Una cosa bella è una gioia per sempre.
John Keats si spegneva il 23 febbraio 1821, a soli venticinque anni, lasciando in eredità le sue parole immortali.
Il poeta inglese, il cui nome fu scritto sull’acqua, rivive oggi nel suo canto che non conosce fine e sembra prolungarsi in eterno, come un’eco, propagandosi attraverso inaccessibili lontananze.
Keats moriva a Roma, nella casa di Piazza di Spagna che condivideva con Percy Bysshe Shelley, sconfitto dalla tubercolosi che ormai da tempo minava il suo gracile fisico impedendogli di vivere appieno l’ardore della propria giovinezza.
Si spense tra le braccia dell’amico John Severn che assistette, impotente, alla sua agonia. È stato sepolto nel cimitero acattolico di Roma in una lapide anonima, ora circondata da fiori, su cui campeggia un’iscrizione dai versi enigmatici e malinconici:
Here lies one whose name was writ in water.
“Writ in water”, scritto sull’acqua, furono le ultime parole di John Keats, e la metafora dell’acqua ritorna curiosamente nel suo poema capolavoro Endimione (1818), il cui prologo si conclude proprio con l’immagine di una fonte “sempre viva di acqua immortale”.
L’acqua, la sua corrente che sgorga senza fine e tutto travolge e purifica, si fa allegoria di immortalità: contiene la transitorietà del panta rei, tutto scorre, e al contempo mostra che tutto torna, nulla perisce, l’esistenza è un continuo fluire.
Il nome di John Keats non è riportato sulla lapide, è solo scritto sull’acqua: quell’iscrizione ce lo consegna eternamente giovane, racchiuso nel sublime splendore dei suoi versi che sono un’ode al sole, alla luna e alla bellezza imperitura del mondo.
Scopriamo analisi e significato di Endimione, il poema capolavoro di Keats, pubblicato nel maggio 1818.
“Endimione” di John Keats: il proemio iniziale
Una cosa bella è una gioia per sempre:
Si accresce il suo fascino e mai nel nulla
Si perderà; sempre per noi sarà
Rifugio quieto e sonno pieno di sogni
Dolci, e tranquillo respiro e salvezza.
Un serto pertanto ogni giorno intrecciamo
Fiorito, per legarci alla terra,
Malgrado la pena dei giorni tristi
E dell’inumana scarsezza di nobili nature,
Malgrado i sentieri rischiosi e oscuri
Che nella ricerca dobbiamo percorrere
Sì, nonostante tutto, il velo dai nostri spiriti
Tristi qualche forma si bellezza rimuove.
E sono il sole e la luna, i vecchi alberi
E i giovani che ricche ombre alle greggi
Umili donano; sono i narcisi e il verde
Mondo in cui vivono; i chiari ruscelli
Che un fresco tappeto s’inventano
Nella calda stagione; i cespugli macchiati
Di fiori di rosa nel mezzo del bosco.
E tale è anche la grandezza del destino
Che per i morti potenti immaginiamo;
Tutti i racconti belli che abbiamo letto o udito:
Una fonte sempre viva d’acqua immortale.
Endimione di John Keats: trama e significato del poema
Keats scrisse Endimione nel 1817, quando ormai da tempo l’ombra della morte lo accompagnava come un presagio. Non c’è quindi di che meravigliarsi se il poema - costruito su quattro canti scritti in distici in rima baciata - parli proprio di un viaggio nel regno dell’Oltretomba.
Il protagonista del canto è il pastore greco Endimione, protagonista del celebre mito. Si racconta che di lui fosse innamorata Selene, la dea della Luna. Nel mito rielaborato da Keats la dea Selene prende il nome di Cinzia (l’altro appellativo di Artemide-Diana) e diventa simbolo della perfetta e irraggiungibile bellezza: viene descritta infatti come una donna di sovrannaturale bellezza dai capelli biondi e fluenti.
Mentre i pastori celebrano il Dio Pan, protettore delle greggi, sulle pendici del monte Latmo, il giovane Endimione se ne sta in disparte, chiuso nella sua pena segreta.
La dea della Luna, Cinzia, si è innamorata di lui. Il giovane è rimasto rapito dalla visione della donna divina ed è disposto a scendere nell’Oltretomba pur di ritrovarla. Nella sua avventura nel regno dei morti il pastore incontrerà Venere e Adone: il mito narra che Adone fosse un giovane cacciatore amato dalla Dea Venere, il che rende la loro storia parallela a quella di Endimione e Cinzia. Ora, nell’Elisio, Adone attende che sopraggiunga la salvezza attraverso il bacio della Dea innamorata.
Il giovane pastore greco poi si imbatterà in Glauco, il pescatore imprigionato da Circe, che narra al protagonista l’aspetto più vizioso e tossico dell’amore. Sarà proprio Endimione a liberarlo dalla sua prigionia.
Mentre continua la sua ricerca di Cinzia, Endimione incontra una fanciulla mortale - una giovane indiana - di cui si innamora. Giungerà a rifiutare Cinzia per amore di lei, ma infine scoprirà che la mortale e la Dea sono la stessa persona.
Il senso dell’affannosa ricerca di Endimione è il raggiungimento della suprema bellezza, simboleggiata dalla Luna. L’eroe che va alla ricerca della sua Musa - potremmo infatti vedere in Cinzia un’allegoria della poesia - diventa per estensione metafora dell’uomo che persegue la propria felicità. Il viaggio di Endimione si conclude con la trasformazione in Dio: la metamorfosi gli conferirà l’accesso alla somma bellezza, trascendendo così i limiti dell’esistenza umana.
Il poema rappresenta il sunto del pensiero di Keats, accennato in seguito anche in Ode su un’urna greca (1819). Verità è bellezza, bellezza è verità: il poeta inglese credeva nella suprema verità dell’immaginazione che consentiva all’uomo il privilegio della trascendenza. Sosteneva che sono, in fondo, le nostre stesse menti a rendere “sacre e perfette” le cose che contemplano.
Negli oltre quattromila versi di Endimione John Keats racchiude questa convinzione, perpetuata nel perfetto prologo del poema che ha un chiaro intento programmatico come si evince sin dal primo verso: A thing of beauty is a joy for ever.
Una cosa bella è una gioia per sempre:
Si accresce il suo fascino e mai nel nulla
Si perderà; sempre per noi sarà
Una cosa bella è una gioia per sempre: significato del verso di Keats
Qual è il significato del primo verso dell’Endimione?
Una cosa bella è una gioia per sempre.
Un incipit folgorante come una scintilla che apre il proemio, immergendoci in un’atmosfera bucolica fatta di sole, alberi e ruscelli che cantano.
La percezione del paesaggio circostante ben presto sfuma in una descrizione più astratta che si fa metafora del travagliato percorso esistenziale.
Sì, nonostante tutto, il velo dai nostri spiriti
Tristi qualche forma di bellezza si rimuove.
Ciò che Keats, infine, ci consegna in apertura del poema è una parvenza di immortalità: una cosa bella è bella per sempre, sembra aprire uno spiraglio di Paradiso, immergerci in un’aura luminosa, dimostrandoci che i versi uditi e letti, all the lovely tales, sono parte di noi e lo saranno in eterno. Si tratta di una convinzione indicibile e impossibile da rappresentare: come si può dire una certezza così profonda, così assoluta e, al contempo, inesprimibile? Bellezza e gioia sono un eterno connubio, capace di sopravvivere persino all’inesorabile caducità del tempo. Bellezza e gioia - unisce materiale e spirituale - come una promessa di resurrezione.
Tutti i racconti belli che abbiamo letto o udito:
Una fonte sempre viva d’acqua immortale.
John Keats, del resto, possedeva il linguaggio immateriale dei poeti: in un solo verso seppe racchiudere l’infinito. Le sue parole non erano scritte in una lingua umana, erano scritte sull’acqua: nei caratteri cangianti e labili delle cose che mai svaniscono, come in una visione onirica. L’acqua, infine, si rivela per ciò che è: sostanza stessa dell’essere.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Endimione” di John Keats: una cosa bella è una gioia per sempre
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