Era un giorno qualsiasi
- Autore: Lorenzo Guadagnucci
- Genere: Storie vere
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2016
Quella maledetta estate, Alberto e la mamma erano a Sant’Anna di Stazzema, ma non c’entravano nulla con quel piccolo abitato dell’Alta Versilia. I tedeschi li avevano cacciati da Marina di Pietrasanta, facendo sfollare dalla costa gli abitanti della cittadina balneare. Crescendo, l’ex bambino ha impiegato decenni ad elaborare il dolore per la strage del 10 agosto. Più di settant’anni dopo, nel libro “Era un giorno qualsiasi”, edito da Terre di Mezzo di Milano nell’estate 2016 (pp. 196, euro 12,00), è stato il figlio Lorenzo Guadagnucci, blogger, giornalista e scrittore toscano, a raccontare la vicenda toccante e storicamente significativa del babbo e della nonna.
Prima del 2004, papà Alberto non aveva mai parlato di Sant’Anna, non aveva condiviso con nessuno, nemmeno con Lorenzo, i ricordi dell’orribile massacro di quattrocento inermi: donne, vecchi, bambini. Ma il processo contro gli ormai anziani responsabili, a La Spezia, sessant’anni dopo i fatti, ha fatto scattare qualcosa dentro di lui, portandolo a scrivere le testimonianze servite in parte al figlio per realizzare questo volume. Un lavoro sulla memoria, sull’orrore, sull’odio, un punto di partenza
“per costruire un pensiero nuovo, una cultura diversa”.
Una sobria e coinvolgente e presa diretta, il racconto in prima persona di quanto è avvenuto lassù, di quello che hanno visto, sentito e sofferto il piccolo di dieci anni, la mamma quarantaduenne e le altre vittime di quella bestiale mattanza. Prima le armi, poi le fiamme: un vero olocausto di povera gente innocente.
Anche Alberto è una vittima della strage, sebbene vi sia sopravvissuto, pagando però una pressione psicologica insopportabile. A salvarlo, è stata una disobbedienza provvidenziale, di cui nonostante tutto si è rammaricato a lungo. Da allora, la sua vita di orfano è stata in salita, ancora più dura di quella già difficile a quei tempi per il figlio di una donna non maritata, nato dalla relazione extraconiugale con un uomo sposato. Una condizione scabrosa in quegli anni.
Sant’Anna era tanti paesi in uno, frazioni separate da rilievi e ciglioni: Argentiera, Sennari, Colle, Vaccareccia, Coletti, il Pero, Franchi e ancora altre. Non si pensi ad abitati estesi, ognuna era solo un gruppo di case, poche famiglie, tutte legate tra loro. Il 12 agosto era un sabato. Era mattina presto quando qualcuno gridò arrivano i tedeschi! Si avvicinava una colonna di soldati, ma i rastrellamenti in zona erano abituali e tutti pensavano che al solito gli uomini avrebbero dovuto sparire, mentre vecchi, donne e bambini sarebbero rimasti indisturbati come sempre.
Il nonno di Arnaldo si allontanò nel bosco e il piccolo amico decise questa volta di seguirlo, insistendo perchè Alberto andasse con lui. Il ragazzino lo fece, d’istinto, senza ascoltare la mamma che lo richiamava presso di sé. Andò, scese tra gli alberi con l’amichetto e l’uomo. Questa volta, però, l’atteggiamento delle truppe tedesche era diverso. Da una grotta i tre sentivano raffiche ripetute e scoppi. Un’alta colonna di fumo si alzava dalla Vaccareccia.
Potranno ritornarvi solo il giorno dopo. Raggiunte le case, videro animali uccisi a fucilate e una stalla crollata per l’incendio. Tra le macerie, corpi umani fumanti, un odore insopportabile di carne bruciata. Trovarono la mamma distesa per terra vicino alla fontana. Non si sa come si era salvata e chi l’aveva soccorsa. Era cosciente. Aveva una ferita alla gamba sinistra, fasciata alla meglio e delle bruciature sulle braccia. I capelli erano diventati tutti bianchi. Era sotto un riparo improvvisato con rami di castagno per proteggerla dal sole.
Il racconto di Lorenzo Guadagnucci, che dà voce ad Alberto, si fa oggettivamente commovente, pur restando asciutto, per nulla retorico. Non era facile trovare degli uomini disposti a salire a Sant’Anna e trasportare la donna a braccia. C’era la paura d’essere sorpresi dai tedeschi. Passò almeno un altro giorno. Al ritorno la mamma era ancora sotto il riparo di rami di castagno, ma non respirava più. Alberto perse ogni lucidità per il dolore. Non potè che urlare disperato e non ricorda se quegli uomini la seppellirono o la lasciarono così.
Quella giornata ha cambiato la sua vita e distrutto quella della mamma. Una salvezza dovuta ad una disobbedienza.
“Forse, se fossi stato un bambino timoroso, attaccato alle gonne della madre, sarei rimasto con lei e avremmo condiviso la stessa sorte: l’incolonnamento, la chiusura nella stalla della Vaccareccia, le bombe a mano, i colpi di mitra, l’incendio. Le sono sopravvissuto per una decisione d’istinto, al limitare fra l’aia e il bosco”.
Sono tante le considerazioni che padre e figlio sviluppano nel libro, alternandosi, scambiandosi. Molte anche sulla "disobbedienza agli ordini ingiusti". I ricordi di Alberto si intrecciano all’esperienza di Lorenzo Guadagnucci nel G8 di Genova del 2001. Il giornalista era nella scuola Diaz, assalita da una “violenza cieca, insensata”. In tribunale, nelle udienze su quegli episodi, si è rinnovata la tesi legale del processo di La Spezia ai vecchi assassini in divisa. È stata accusata anche la catena di comando, a prescindere da chi abbia agito materialmente. È stato chiamato a rispondere delle violenze anche chi non le aveva esercitate, ma causate. La responsabilità è stata attribuita a chi aveva preordinato l’azione violenta.
Era un giorno qualsiasi. Sant'Anna di Stazzema, la strage del '44 e la ricerca della verità. Una storia lunga tre generazioni
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