Definire il concetto di ermeneutica, cos’è e in quali contesti il suo significato assume rilevanza non è così semplice perché siamo in un mondo che possiamo definire fortemente astratto.
Partire dalle origini è sempre un’ottima scelta: questa volta siamo in Grecia ma forse non ci stupisce poi così tanto. Il termine ermeneutica deriva proprio dal greco antico ἑρμηνευτική (τέχνη). Lo ritroviamo anche nell’alfabeto latino hermeneutikè (téchne) e la sua traduzione è riconducibile a un concetto sul quale la filosofia ha costruito le sue fondamenta.
Con ermeneutica solitamente si ci riferisce all’arte dell’interpretazione, della traduzione, del chiamento e, ultimo ma non ultimo, della spiegazione. La sua assonanza con il dio Hermes non è sfuggita nel tempo a causa dell’evidente radice comune.
E chi è Hermes? Hermes, come piaceva pensare a Platone, è un "ponte" tra gli dei e gli uomini: a lui spetta il compito di rendere chiaro il pensiero divino permettendo a chi è sulla terra di comprenderlo e condividerlo. Ma non solo, perché allo stesso Hermes è attribuita la scoperta di quello che noi definiamo linguaggio, non solo nella forma orale ma anche in quella scritta. Pertanto se siamo in grado di tradurre i concetti più astratti è solo grazie a lui.
Non solo i Greci si sono misurati con il concetto di ermeneutica: i Romani hanno dato una loro definizione richiamando alla mente un altro concetto, quello di elocutia. Per questi ultimi, infatti, l’ermeneutica non è altro che un’espressione di pensiero intesa come la capacità di far comprendere.
Tornano così i capisaldi delle origini: nella definizione di ermeneutica ritroviamo il senso del trasferire qualcosa a qualcuno che si concretizza in una capacità vera e propria. Vediamo insieme le evoluzioni storiche di tale concetto, come e quando è nato e in quali contesti ha trovato applicazione.
L’ermeneutica: cenni storici e utilizzi del termine
Anche se non l’abbiamo specificato l’ermeneutica nasce in contesti classici: il mondo filosofico è senza dubbio la culla di tale concetto. Questo perché accadeva non di rado di sentire la necessità di approfondire gli scritti e definirne il senso esatto.
Ma non solo la filosofia: in un viaggio indietro nel tempo il cristianesimo è stato senza dubbio un momento di grande riflessione in quanto da una parte si affermò la necessità di una decodifica degli scritti, dall’altra la scissione causata dalla Riforma Protestante intensificò l’esigenza di una comparazione tra testi sacri, compresi quelli appartenenti ad altre culture.
Nonostante questo per sua origine l’ermeneutica è molto vicina ai filosofi: ricordiamo nel ’900 Heidegger che ha fin da subito considerato l’ermeneutica come qualcosa di cui è impossibile fare a meno. Rappresenta il fondamento dell’esistenza e non solo una dimensione del pensiero e della conoscenza.
Lo stesso è stato per Ricoeur che ha evidenziato come grazie all’ermeneutica è possibile una decodifica dei simboli che caratterizzano la vita dell’uomo.
Ma già in passato altri avevano parlato di ermeneutica: Platone (conosciuto per il famoso "mito di Platone"), Aristotele, Agostino D’Ippona (definito da Martin Heidegger come il primo ermeneuta cristiano), Baruch Spinoza e non solo.
Due parole a parte merita la questione religiosa: non è inusuale incontrare l’espressione "ermeneutica biblica" con la quale si intende il complesso delle norme che ne facilitano l’interpretazione, soprattutto in una prospettiva diacronica, dal momento che il testo è frutto di epoche diverse. A testimonianza di quanto detto anche una serie di enclicliche che hanno l’obiettivo di favorire l’interpretazione del testo sacro. Ne ricordiamo alcune come Divino afflante Spiritu (1943) e Humani Generis (1950).
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Ermeneutica: cos’è?
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