Gennaio è il mese della “speranza” secondo Gianni Rodari. Il maestro di Omegna nella sua Filastrocca dei dodici mesi dedica una strofa a ciascun mese del calendario rivelando così la bellezza e l’unicità di ciascuno ma, al contempo, anche il piacere della ripetitività e il conforto dato dal ciclo continuo delle stagioni.
Un testo perfetto da leggere all’inizio dell’anno nuovo perché si presenta come una promessa di futuro: ecco i mesi che ci attendono, che avremo da vivere, e ciascuno possiede la sua peculiare forma di bellezza poiché ci vede impegnati in nuove azioni e occupazioni. Tutto l’incanto dell’anno nuovo - con i suoi dodici mesi intatti, pronti per essere vissuti - è racchiuso in questi versi che hanno anche un fine sociale e umanitario. Rodari infatti non si limita a scandire i mesi dell’anno come da calendario, ma inserisce tra le righe una riflessione sulla povertà e la fame nel mondo e un potente messaggio di pace.
Il finale della filastrocca è infatti evocativo: “E così cade chi vuole la guerra” scrive Gianni Rodari facendo seguire il termine “guerra” da un punto esclamativo per lanciare un invito alla pace.
La chiusa della filastrocca appare ancora più significativa in questo 2023 segnato dalla guerra in Ucraina e dalle notizie drammatiche dei bombardamenti sulle città ai danni dei civili. Gli insegnamenti di Rodari sono senza tempo e adatti a tutte le età. Oggi non si può leggere questa poesia senza sentire profondo conforto e anche un senso di sfida acuito dal finale: tutti noi ci auguriamo infatti che il “fantoccio” cada e torni la pace. Senza saperlo, Gianni Rodari ha scritto l’augurio più perfetto per la nostra contemporaneità, una filastrocca visionaria che ha quasi il sapore squisito di una premonizione (o almeno speriamo che sia così).
Scopriamo testo, analisi e commento della Filastrocca dei dodici mesi.
La filastrocca dei dodici mesi di Gianni Rodari: testo
Gennaio, gennaio,
il primo giorno è il più gaio,
è fatto solo di speranza:
chi ne ha tanta, vive abbastanza.Febbraio viene a potare la vite
con le dita intirizzite:
è senza guanti ed ha i geloni
e un buco negli zoccoloni.Marzo pazzo e cuorcontento
si sveglia un mattino pieno di vento:
la prima rondine arriva stasera
con l’espresso della primavera.Aprile tosatore
porta la lana al vecchio pastore,
spoglia la pecora e l’agnello
per farti un berretto e un mantello.Maggio viene ardito e bello
con un garofano all’occhiello,
con tante bandiere nel cielo d’oro
per la festa del lavoro.Giugno, invece, è falciatore;
il fieno manda un dolce odore,
in alto in alto l’allodola vola,
il bidello chiude la scuola.Luglio miete il grano biondo,
la mano è stanca, il cuore è giocondo.
Canta il cuculo tra le foglie:
c’è chi lavora e mai non raccoglie.Agosto batte il grano nell’aia,
gonfia i sacchi, empie le staia:
c’è tanta farina al mondo… perché
un po’ di pane per tutti non c’è?Settembre settembrino,
matura l’uva e si fa il vino,
matura l’uva moscatella:
scolaro, prepara la cartella!Ottobre seminatore:
in terra il seme sogna il fiore,
sotterra il buio germoglio sa
che il sole domani lo scalderà.Novembre legnaiolo
va nei boschi solo solo,
c’è l’ultima foglia a un albero in vetta
e cade al primo colpo d’accetta.Vien dicembre lieve lieve,
si fa la battaglia a palle di neve:
il fantoccio crolla a terra
e cosi cade chi vuole la guerra!
La filastrocca dei dodici mesi di Gianni Rodari: analisi e commento
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La filastrocca di Gianni Rodari dedicata ai 12 mesi dell’anno assume un profondo significato sociale e politico. Potrebbe essere considerata una banale poesiola scritta per insegnare ai bambini la corretta successione dei mesi dell’anno, ma in realtà è molto di più. Spesso viene ripetuta dagli scolari a pappagallo, tuttavia leggendola bene ci si accorge che non è un semplice elenco come da calendario.
La bellezza delle parole di Rodari è che insegnano un pensiero, allargano il punto di vista e dischiudono nuovi orizzonti: in breve potremmo dire che ogni parola scritta dal maestro di Omegna ha una precisa “personalità” e nessuna è mai messa a caso.
Gianni Rodari non si limita a descrivere i dodici mesi dell’anno nei loro attributi consueti e nelle loro caratteristiche stagionali e paesaggistiche, non li ritrae come una mera sequenza di giorni, ma fa di più: dà loro uno scopo. Gennaio quindi non è il mese dell’inverno, della neve e dei ghiacci, ma il mese portatore della speranza perché riempie il cuore dell’uomo di desiderio di futuro, di buoni propositi, di promesse ancora non infrante.
Febbraio e marzo sono invece più connotati dalle loro caratteristiche climatiche: il gelo dell’inverno e il seguente arrivo “pazzerello” della primavera. Aprile viene definito “tosatore” perché porta la lana - da notare che Rodari non lo presenta come il mese dei fiori o delle piogge, come vuole la tradizione, ma gli affida una precisa utilità.
Maggio viene contraddistinto dalla Festa del Lavoro, di cui l’autore qui rimarca l’importanza, come se fosse il lavoro e non il clima mite a rendere “gaio” e frizzante questo mese. Il lavoro tornerà come tema fondamentale anche nel mese di giugno - che è falciatore - caratterizzato dall’attività della mietitura e in luglio in cui Rodari osserva “c’è chi lavora e mai non raccoglie”. Il lavoro e la fatica degli uomini scandiscono ciascuno dei dodici mesi dando loro una precisa funzione o, meglio, una personalità: falciatore, seminatore, legnaiolo e agosto che “batte il grano nell’aia” proprio come il contadino. Giugno e settembre sono invece considerati mesi cruciali per gli studenti perché in quel periodo chiudono e riaprono le scuole.
Sono dunque le attività umane a dare un senso ai giorni e alla loro successione; questo è forse il messaggio più bello contenuto nella filastrocca che riesce a dar forma al futuro attraverso la produttività delle azioni dell’uomo - siano esse fisiche, come il lavoro del contadino, oppure mentali, come l’impegno degli studenti sui banchi di scuola.
Il messaggio politico della Filastrocca dei 12 mesi emerge soprattutto nelle ultime strofe. Nel mese di agosto Rodari fa riferimento alla fame nel mondo, con una domanda all’apparenza semplice che però dischiude un’interpretazione complessa poiché non c’è una vera risposta.
C’è tanta farina al mondo… perché
un po’ di pane per tutti non c’è?
In soli due versi Gianni Rodari riesce a evidenziare la scissione di un mondo diviso in cui una parte vive nell’abbondanza più suprema, mentre l’altra avanza a fatica e soffre nella povertà più disperata. Eppure “c’è tanta farina al mondo” osserva il Maestro, possibile che esista pure tanta miseria?
Nel finale, dedicato al mese di dicembre, anziché parlare dell’incanto dell’atmosfera natalizia Rodari sceglie un tema che si ricollega strettamente al nostro presente: la guerra. Attraverso la metafora dei bambini che giocano a palle di neve viene simulata una battaglia e il Maestro della grammatica della fantasia si augura che infine a cadere, sconfitto, sia il dittatore che ha voluto la guerra portando morte e distruzione nel mondo con il gran fragore delle armi.
Leggere queste righe oggi fa un certo effetto, perché è un augurio che tutti serbiamo nel cuore e quindi quel verso in rima:
E così cade chi vuole la guerra!
L’esclamazione appare come un urlo che sgorga dal profondo della coscienza, come l’augurio più promettente e necessario. Che cada chi vuole la guerra: ancora una volta Gianni Rodari è riuscito a esprimere un pensiero collettivo con parole semplici, vivaci, alla portata di grandi o piccini che ci uniscono così in un appello condiviso, sentito, contraddistinto oggi da un senso di urgenza impellente.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La filastrocca dei dodici mesi di Gianni Rodari: un messaggio per il 2023
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