Fino all’altra fermata. Chi ama sa
- Autore: Vittoria Coppola
"Fino all’altra fermata. Chi ama sa" è l’opera prima della giovane autrice Vittoria Coppola.
Il romanzo è ben scritto, leggero e scorrevole. Buono l’uso delle metafore da parte dell’autrice, lo stile è molto poetico.
La trama può sembrare inizialmente un po’ troppo semplice: la narratrice protagonista della prima parte del libro è Anita, una giovane e bella ragazza come tante che cerca l’amore.
Si è appena lasciata con il fidanzato (il cui nome non è menzionato) il quale cerca ancora di riconquistarla o di attirare comunque le sue attenzioni. Anita però a un bar conosce Andrea, un ragazzo “taciturno e riflessivo” di cui s’innamorerà. Nelle pagine del suo diario, la giovane scrive tutto ciò che riguarda Andrea in ogni minimo dettaglio, narrando tutto ciò che accade, tanto che, in seguito, lei stessa, rileggendo quei fogli, si renderà conto di aver descritto e narrato di lui in maniera “quasi maniacale”. Questo però, a mio avviso, gioca un punto a sfavore del libro, poiché prima che lo ammetta Anita, lo nota il lettore.
Le cose con Andrea non funzioneranno, presto finirà tutto e ne sarà complice Teresa, la “migliore amica” di Anita che si vede con Andrea, ma con la quale, Anita riprenderà i rapporti quasi subito, facendo prevalere l’amicizia.
Intanto, oltre alla migliore amica, c’è un migliore amico: Paolo, un giovane musicista che le dà il suo addio per trasferirsi a Napoli, facendo aumentare la tristezza nel cuore di Anita.
Purtroppo accadrà una brutta disgrazia che però renderà Anita più matura che porrà l’accento sull’importanza della perdita di una persona cara, rispetto a quella di una banale delusione d’amore. Ecco che, come accennavo, Anita rilegge i suoi fogli e decide di coltivare il suo sogno di sempre: diventare una scrittrice, iscrivendosi così a un corso di scrittura creativa, dove sarà attratta dall’insegnante: Diego. Tutti lo descrivono come un uomo burbero e sconsigliano ad Anita di chiedergli consigli. Lei, tuttavia, non si lascia intimorire e scopre - come spesso accade in questi casi - che in realtà è un uomo gentilissimo.
Troverà in lui un nuovo amico, un confidente.
“Non ero innamorata di lui” specifica Anita “ma mi resi conto pian piano di rifugiarmi in quell’amicizia inaspettata”; confessa però anche di essere, in un certo senso “gelosa” di lui e ne avremo la conferma nel momento in cui entrerà in gioco Ludovica, l’amata di Diego.
Anita conoscerà, finalmente, l’uomo dei suoi sogni: Stefano, un ragazzo che gioca a pallone sulla spiaggia e con il quale camminerà insieme “senza fretta... a piedi nudi, fino all’altra fermata” (ecco da dove deriva il titolo del romanzo).
Questo il lieto fine della prima parte del libro.
La seconda parte, che funge più da epilogo, sebbene possa essere considerato più un breve racconto, mi è sembrata molto più interessante, più “maturo”, occorre infatti molta concentrazione, molta attenzione e riflessione per capire la trama. La protagonista è una donna di quarant’anni che si è appena svegliata dal coma ed ha tre figli: Paolo, di venticinque anni che ama la musica (!); Andrea, una ragazza dal nome maschile, ventuno anni; infine, Anita (!), la più piccola... Dovrà essere il lettore, con molta attenzione e riflessione, come dicevo, a capire il perché di queste omonimie che l’autrice non ha voluto spiegarci, ma si è limitata a rivelare, nell’intervista che mi ha rilasciato, che questo particolare “rafforza il legame tra le due protagoniste femminili”.
La Signora Speranza - divenuta mamma a diciott’anni e vedova di Luigi - per riprendersi dal coma, si rivolge a una psicologa e le racconta delle sue esperienze prima dell’incidente.
Dai racconti di Speranza e da altri avvenimenti nella trama, riusciremo, sempre con concentrazione e riflessione, a capire delle cose che sembrano poco chiare.
Occorre riflettere, inoltre, sulla nota introduttiva dell’autrice, nella quale spiegava che “Speranza ha vissuto anche quando nessuno ci credeva” e che “lei c’era comunque in mille modi diversi...”. È evidente l’allegoria nella scelta del nome: questa donna rappresenta appunto la speranza che stava per morire, ma che è sopravvissuta ed è questo, credo, anche il messaggio che l’autrice ha voluto trasmetterci: di non perdere mai la speranza.
“La vita mette a dura prova il nostro cuore e le nostre gambe. Le fa tremare a lungo, a volte le spezza, senza mezzi termini. Poi, improvvisamente arriva l’amore”.
- Edizioni Il Filo, Gruppo Albatros
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