Fotografia n.14
- Autore: Non disponibile
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2021
È uscito il numero 14 della collana fotografica della casa editrice Dantebus, intitolato Fotografia (pp. 109, 2021), supportato da un ricco e dotto apparato critico, a cura della stessa casa editrice.
L’impronta del volume è spiccatamente spirituale e richiama il saggio di Wassily Kandinsky Lo spirituale nell’arte. Per spirituale si intende la stretta correlazione tra sensi fisici e la mente, quella ispirativa e immaginativa, la cui origine sta oltre il visibile e non ne dipende. Che stimolante paradosso: riproporre quanto è visto ma con il concorso dell’osservatore e la sua percezione ultrasensibile, animica, che svela il segreto delle forme, e in un modo disinteressato, ovvero non "utile" ma puramente estetico, di godimento.
Subito le mie considerazioni si spostano nell’ambito della fisica quantistica, in cui è assodato che la presenza dell’operatore modifica l’esperimento. Quindi nel campo fotografico e artistico in generale, la bellezza sta nella cosa ma congiunta agli occhi di chi la guarda.
Colpisce una citazione di Henri Cartier-Bresson, posta in esergo alla prefazione:
"Fotografare è riconoscere nello stesso istante e in una frazione di secondo un evento e il rigoroso assetto delle forme percepite con lo sguardo che esprimono e significano tale evento. È porre sulla stessa linea di mira la mente, gli occhi e il cuore. È un modo di vivere.”
Troviamo il rigore e il cuore riuniti, il modo di vivere che riguarda tutti. Il soggetto fotografato è prescelto, è l’elemento che suscita il senso della bellezza racchiusa in noi. Possiamo chiamarlo "sentimento", togliendo alla parola qualunque attributo melenso, secondo l’insegnamento di Kant, secondo il quale la bellezza dell’opera d’arte è un filo che collega l’opera al sentimento dello spettatore. Il filosofo lo afferma nella sua Critica della ragione pratica, in perfetta concordanza con Cartier.
Andiamo a conoscere da vicino, seppure necessariamente in velocità e senza poterli mostrare, i dieci artisti fotografi, selezionati in questa antologia. Di ciascuno è stilato un breve curriculum, unito a un valutazione approfondita delle immagini. "Scrivere con la luce" dice il grande fotografo Vittorio Storaro. Ciascun fotografo scrive il suo messaggio con il linguaggio non verbale, incisivo e addirittura pervasivo di tutto il nostro essere.
Raffaele Spina privilegia il mondo animale, compresi gli insetti, e dà molto risalto all’elemento cromatico. Con giochi di chiaroscuro crea il "motus" il movimento "strisciando, volando, arrampicando".
Marta Riù esprime la propria interiorità proiettata sulla fotografia, collegando finito e infinito, l’umano e il divino. I suoi sono scatti scuri, di "Maestitia". Nel commento a lei dedicato spicca una citazione di Thoreau:
"Quando ho bisogno di ricreare me stesso vado in cerca della foresta più buia, / della palude più fitta e impenetrabile: qui risiede la forza, la quintessenza della Natura…”
Meisam Modarresi, con le sue finestre metaforiche spalancate sul mondo, affronta la metafisica dell’attimo e i segreti del tempo, immortalando cieli, alberi in fiore, finestre reali delle facciate di palazzi che racchiudono l’anima. Possiede "il bagliore tipico della rinascita,” perché ora è nascere in ogni istante.
Noel Enea sceglie il tema della comunicazione e dell’amore, anche non corrisposto, rappresentato dal fiore sfogliato sul selciato, con la speranza dell’incontro. Privilegia il bianco e nero ma non solo, in fine approda in una spiaggia assolata (Verso la libertà), quasi a conclusione di una meditazione.
Massimiliano Miniati è il cantore della natura sacra contenente "pulchritudo". Mi colpisce il volto di un gatto in primo piano, con occhi chiari, portatore di stupenda innocenza e candore.
Anche Arianna Vetrugno è maestra incantatrice della natura, riprende i quattro elementi e sa enfatizzare il fuoco della passione (Tramonto).
Daniel Vigliotti pone al centro dello sguardo la donna, energia del vivere, spesso vituperata e offesa. La accosta a un bellissimo e delicato cielo rosato, non si sa se sia alba o tramonto.
Simone Organelli scrive che
"La fotografia è la più grande forma di narrazione della vita".
Propone paesaggi d’acqua estremamente suggestivi, situati in varie parti del mondo; ci fanno sentire empatici con l’elemento, con i colori verdi e azzurri, colmi di pace, rivelando il cielo in terra.
Cristian Benedetti invita a "guardare oltre". Offre immagini di una Venezia da favola, il tramonto sul Colosseo, ma pure l’istantanea di una foglia, di un cane. Sa che nel profondo siamo tutti uno.
In fine Alberto Luchitta scopre la magia delle pietre, in cui intravede noi stessi, spesso il nostro lato d’ombra, come in Frankenstein. Sono volti e fantasmi di calcare, vestigia del vissuto, e testimonianza. La sua fotografia è totalmente onirica, chiaroveggente. Leonardo possedeva lo stesso dono con somma maestria, ed ha lasciato scritto:
“Tu riguarderai in alcuni muri imbrattati di varie macchie o pietre di vari misti […] strane arie di volti e abiti e infinite cose, […] vi troverai ogni nome e vocabulo che tu imaginerai.”
Ogni autore possiede spiccata originalità e sguardo unico, che diventa universale nel momento in cui condividiamo questi istanti: in un clic l’universo, l’attimo e l’eternità.
Sono 10 fotografi affascinanti, contemplativi come mistici. Complimenti a tutti.
Fotografia n.14
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