Freelander di Miljenko Jergović

Freelander è un racconto intimo e pubblico allo stesso tempo, il viaggio di un uomo tra due capi della sua vita, in mezzo la ex-Jugoslavia e il suo passato.

Karlo Adum è un anziano professore di Storia che vive a Zagabria ma non è di Zagabria perché è nato a Sarajevo ma, poiché è croato, non è neanche esatto dire che è di Sarajevo. Karlo Adum è un vedovo, non ha avuto figli e non ha amici; l’unica persona con cui di tanto in tanto intrattiene qualche rapporto più stretto è il postino del suo palazzo. Un giorno questo gli consegna un telegramma che il professore apre con riluttanza. All’interno una citazione testamentaria: il fratello di suo padre è morto. Partendo da questo zio che, a causa di un antico dissapore tra fratelli, non ha mai fatto parte della sua vita, il professore Adum intraprende un viaggio con la sua vecchia Volvo, che rappresenta il punto massimo di arrivo nella sua classe sociale e che, da trent’anni, non l’abbandona. Da Zagabria a Sarajevo, ripercorre i momenti più importanti della sua vita e al contempo della storia dei Balcani, soffermandosi su episodi di un’intimità struggente, che mostrano l’evoluzione dell’uomo, del suo carattere e come piccoli avvenimenti o stati d’animo possano a lungo influenzare atteggiamenti e affetti.

Il viaggio del Adum a bordo della sua Volvo, che avrebbe voluto vendere ma non al prezzo ridicolo che gli viene offerto, è anche il viaggio lungo i confini di nuove entità geo-politiche che, con i loro campi disseminati di mine e cimiteri, prendono sempre più le sembianze di cicatrici indelebili, nello spazio e nel tempo, costellate di villaggi fantasmi dove la crudeltà della guerra ha lasciato dietro di sé null’altro che il deserto e un senso di sconforto che il lettore-passeggero vede dal finestrino, in un ambiente pervaso da un silenzio tombale.

Jergović non è privo di ironia nel raccontare i tratti del carattere meno edificanti del professore Adum, come la sua scarsa affettività nei confronti della moglie, le sue idiosincrasie da bambino insicuro ma non è tenero neanche con la società post guerra degli anni ’90, una società dove non ci si può fidare di nessuno e in cui, nonostante la pace, gli uomini sono ancora ben lontani dal superare le vecchie divergenze e accettare di convivere sullo stesso suolo con chi ha una fede diversa.
Questo libro è il secondo della trilogia uomo-macchina di Jergović e il titolo, nonostante l’auto co-protagonista sia una Volvo, è lo stimolo che spinge Karlo Adum ad partire per quest’ultimo viaggio con la compagna con cui ha già percorso tanta strada.