Furia celtica
- Autore: Mirko Molteni
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2015
È sempre stato derby Roma-Milano, la stracittadina d’Italia, anche fuori del campo e ben oltre duemila anni prima del Campionato nazionale di calcio. La storia racconta di uno scontro tra l’Urbe e Mediolanum, tra Romani e Galli Cisalpini, dal terzo prima di Cristo alla sottomissione dei Boi nel 192 a.C.. Per le Edizioni Greco & Greco di Milano, il giornalista brianzolo Mirko Molteni ha approfondito due secoli di lotte in un volume pubblicato nel 2015, “Furia celtica” (pp. 250, euro 12,00).
Sul Tevere chiamavano Galli gli abitanti di lingua celta oltre le Alpi e il nome rimase a indicare le tribù che attraversarono i valichi, per stanziarsi nella pianura del Padum, il Po. Si trattava di un popolo guerriero, di rudi costumi e questo ha favorito la loro pessima fama. Erano considerati incivili per definizione: per i romani dire Gallo era come dire “barbaro”. Il fatto è che nessuno nel passato ha messo in luce aspetti della civiltà dei Celti, la metallurgia raffinata, la loro tutt’altro che barbarica organizzazione politica, militare, sociale. Questo perché, a cominciare dai Cisalpini, quelle popolazioni si sono fatte raccontare, non si sono raccontate, non avendo lasciato scritti e materiale letterario. Hanno condiviso, fa notare Molteni, il
“destino beffardo di numerosi altri sconfitti”
quello di venire ricordati solo dalle fonti dei vincitori - i Romani e in parte i Greci - esponenti della civiltà mediterranea che si era imposta nel mondo antico.
Verso il IV secolo, i Celti d’oltralpe, in crescita demografica, presero a spingersi verso il sudest del continente, travolgendo ogni ostacolo ed evocando tanto terrore che molti popoli autoctoni rinunciavano ad affrontarli, preferendo comprare la pace anche a caro prezzo. Intanto, le gens latine dal centrosud si espandevano verso nord. Inevitabile lo scontro, poco dopo il 400 a.C..
Tutto per un buon bicchiere… per la verità più d’uno. La prima sfida celtica si concretizzò quando i Senoni di Brenno calarono in forze in Etruria. Plinio ha scritto che sarebbero stati attratti dai prodotti agricoli per loro sconosciuti, su tutti la frutta, in particolare i fichi, l’uva. E scoprirono il vino.
Altri parlano di una migrazione avviata da mercenari arruolati dagli etruschi, erano migliaia di uomini giovani e bellicosi, con tante donne e fanciulli al seguito. Sta di fatto che 30.000 Senoni, secondo Diodoro, finirono per circondare Chiusi e la città chiese aiuto a Roma, guidata allora da Furio Camillo. I Romani inviarono un’ambasceria e cercarono una soluzione negoziata, ma i Celti sollevarono un incidente diplomatico come pretesto per muovere guerra proprio a loro, dopo avere atteso rinforzi numerosi. Una vittoria sul fiume Allia, affluente del Tevere, aprì ai Galli nel 390 a.C. la via per la devastazione fino ai sette colli, che occuparono tutti, tranne il Campidoglio fortificato. La rocca rimase invitta, perché dopo sette mesi la pressione dei Veneti costrinse Brenno a tornare nel nord per affrontarli.
Nel primo tempo della partita, dunque, SPQR sconfitti. Da qui cominciano i due secoli di conflitti, anche se la divisioni dei Celti in tribù popolose rese variegato il contrasto: i Cenomani si mantennero quasi sempre vicini ai Romani, a differenza degli Insubri, più turbolenti e che strinsero un’alleanza anti romana con Annibale. Col tempo, però, il crescente rafforzamento di Roma mise in difficoltà le tribù guerriere, che si affidarono a sollevazioni estemporanee, culminate nella resa finale dei Boi. A questo seguì la progressiva romanizzazione dei padani, tanto che le armate repubblicane si riempirono di legionari di etnia celta. Se ne ebbe una dimostrazione all’avvento di Caio Giulio Cesare. Durante il triumvirato, come proconsole della Gallia Cisalpina, di quella Narbonense e dell’Illirico, si giovò del controllo della pianura padana, in termini di uomini e ricchezze, per armare e finanziare la sua causa. Fece di questa Gallia Togata un trampolino dal quale lanciarsi prima alla conquista della Gallia Transalpina - compresa l’Alvernia di Vercingetorige - poi, assicurate le spalle, per muovere contro Pompeo in piena guerra civile. I soldati Galli erano soggiogati dal carisma di un condottiero vincente, che per di più dimostrava di rispettare i nuovi cittadini e i loro costumi.
Non a caso, la XIII Legione Gemina che, per prima - e in quel momento unica, il 10 gennaio del 49 a.C. - passò il Rubicone, avviando simbolicamente la conquista del potere a Roma, era composta quasi del tutto da Celti orgogliosi del loro diritto di affermare: cives romanos sumus.
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