Oggi ricorre l’anniversario del compleanno di Gabriela Mistral, la poetessa cilena tra le più importanti della poesia femminile del Novecento e della poesia Ispano-Americana. E proprio per celebrare la nascita e la vita di questa poetessa vi proponiamo le sue poesie più famose e belle.
Gabriela Mistral, infatti, nasce il 7 aprile 1889 a Vicuña ed è stata la prima (ed unica) donna dell’America del Sud a vincere il Premio Nobel per la Letteratura nel 1945.
Nonostante, dunque, sia stata una tra le più importanti poetesse del ‘900, in Italia è ancora poco conosciuta.
La sua storia personale è quella di una donna forte e anticonformista, che dovette conciliare i difficili ruoli di insegnante e scrittrice donna in un’epoca in cui il Cile era estremamente conservatore. Partiamo dalle sue poesie più famose per passare poi a un breve excursus sulla sua vita.
Gabriela Mistral: le poesie più famose e belle
DesolazioneLa bruma spessa, eterna, affinché dimentichi dovemi ha gettato il mare nella sua onda di salamoia.La terra nella quale venni non ha primavera:ha la sua notte lunga che quale madre mi nasconde.Il vento fa alla mia casa la sua ronda di singhiozzie di urlo, e spezza, come un cristallo, il mio grido.E nella pianura bianca, di orizzonte infinito,guardo morire immensi occasi dolorosi.Chi potrà chiamare colei che sin qui è venutase più lontano di lei solo andarono i morti ?Tanto solo loro contemplano un mare tacito e rigidocrescere tra le sue braccia e le braccia amate!Le navi le cui vele biancheggiano nel portovengono da terre in cui non ci sono quelli che sono miei;i loro uomini dagli occhi chiari non conoscono i miei fiumie recano frutti pallidi, senza la luce dei miei orti.E l’interrogazione che sale alla mia golaal vederli passare, mi riscende, vinta:parlano strane lingue e non la commossalingua che in terre d’oro la mia povera madre canta.Guardo scendere la neve come la polvere nella fossa;guardo crescere la nebbia come l’agonizzante,e per non impazzire non conto gli istanti,perché la notte lunga ora solo comincia.Guardo il piano estasiato e raccolgo il suo lutto,perché venni per vedere i paesaggi mortali.La neve è il sembiante che svela i miei cristalli;sempre sarà il suo biancore che scende dal cielo!Sempre essa, silenziosa, come il grande sguardodi Dio su di me; sempre la sua zagara sopra la mia casa;sempre, come il destino che non diminuisce ne passa,scenderà a coprirmi, terribile e estasiata.La donna forteRicordo il tuo viso, fissato nei miei giorni,donna con gonna azzurra e con fronte abbronzata;quando nella mia infanzia, in terra mia d’ambrosia,ti vidi aprire un solco nero in un ardente aprile.Nella fonda taverna, l’impura coppa alzava,chi un figlio appiccicò al tuo petto di giglio;sotto questo ricordo, che t’era bruciatura,cadeva dalla mano, serena, la semente.Io ti vidi in gennaio segare il grano al figlio,e in te, senza capire, trovai quegli occhi fissi,ugualmente ingranditi da meraviglia e da pianto.E ancora bacerei il fango dei tuoi piedi,perché tra cento donne non ho visto il tuo volto,e l’ombra tua nei solchi,seguo ancora nel mio canto.Dammi la manoDammi la mano e danzeremodammi la mano e mi ameraicome un solo fior saremocome un solo fiore e niente più.Lo stesso verso canteremocon lo stesso passo ballerai.Come una spiga onduleremocome una spiga e niente più.Ti chiami Rosa ed io Speranzaperò il tuo nome dimenticheraiperché saremo una danzasulla collina e niente più.Gocce di fieleNon cantare: resta sempre attaccatosulla tua lingua un canto;quello che doveva essere trasmesso.Non baciare: resta sempre per una strana maledizioneil bacio che non viene su dal cuore.Prega: pregare è dolce: però sappiche la tua lingua avara non giungea dire il solo Padre Nostro che ti salvi.E non chiamare come clemente la morte,perché nel corpo di bianchezza immensaresterà un vivo brandello che sentela pietra che ti soffocaed il vorace verme che ti fora.L’amore che taceSe ti odiassi, il mio odio ti dareicon le parole, rotondo e sicuro;ma ti amo e il mio amore non si affidaa questa lingua umana, così oscura!Tu lo vorresti mutato in un grido,e vien così dal fondo che ha disfattola sua ardente fiumana, sfinitoprima ancora della gola e del petto.Io sono come uno stagno ricolmoed a te sembro una sorgente inerte,per questo mio silenzio tormentosopiù atroce che entrare nella morte!IntimaNon stringere le mie mani.Verrà il tempo infinitodi riposare con molta polvereed ombra tra le dita intrecciate.E tu dirai:‘Non possopiù amarla; le sue ditasi sgranarono come le spighe’.La mia bocca non baciare.Verrà l’istante pienodi spenta luce, senza labbrastarò sotto un umido suolo.E tu dirai: ‘L’amai, ma non possoamarla più, ora che non aspiral’odore di ginestre del mio bacio’.E mi rattristerò nell’udirti;tu parlerai come un cieco ed un pazzo,perché la mia mano sarà sulla tua frontequando le dita si spezzino,e scenderà sopra il tuo voltopieno d’ansia, il mio respiro.Non mi toccare dunque. Mentireinel dirti che ti donoil mio amore nelle braccia mie protese,nella mia bocca, nel mio collo,e tu, credendo d’averlo esauritoti sbaglieresti come un bambino ingenuo.Perché il mio amore non è solo questostanco e restio covone del mio corpo,che trema tutto offeso dal cilicioe in ogni volo mi resta indietro.È ciò che sta nel bacio e non nel labbro,ciò che spezza la voce e non il petto:ma è un vento di Dio, che passa lacerandonel suo volo, la polpa delle carni.ParadisoDistesa lamina d’oroe nell’adagiarsi doratodue corpi come gomitoli d’oro;un corpo glorioso cheascolta e un corpoglorioso che parla nelprato in cui nulla parla;un respiro che va al respiro eun volto che trema d’esso, in un prato in cui nulla trema.Ricordarsi del triste tempo incui entrambi avevanoTempo e da esso vivevanoafflitti,nell’ora del chiodo d’oroin cui il Tempo restò allasogliacome i cani vagabondi…
Chi è Gabriela Mistral?
Il suo vero nome è Lucila de María del Perpetuo Socorro Godoy Alcayaga e, oltre alla sua attività di poetessa, la Mistral era anche un’insegnante, una giornalista e una femminista.
Nasce in una famiglia modesta e si dedica quasi subito alle sue due più grandi passioni: la scrittura e l’insegnamento. Per Gabriela Mistral, infatti, insegnare era una ragione di vita perché attribuiva grande importanza all’educazione.
Non fu facile per lei portare avanti la sua carriera scolastica a causa delle sue idee rivoluzionarie e scomode, rese note con la sua attività giornalistica.
Una donna che, però, non si arrese mai e proprio a causa del suo pensiero anticonformista alcune delle sue opere non diventarono popolari in Cile, tanto che inizialmente furono solo la sua opera per bambini e ragazzi.
Benché il suo volto appare sulla banconota da 5 mila pesos, molti cileni conoscono solo la sua immagine di insegnante di campagna che scrisse filastrocche per bambini.
In realtà, la figura e la personalità della Mistral sono molto più complesse e sfaccettate, tanto che su alcuni temi come i diritti delle donne e dei lavoratori, ma anche dei popoli originari dell’America era molto moderna e all’avanguardia.
La poetessa collaborò alla riforma scolastica e alla creazione di una rete di biblioteche popolari in Messico, invitata dal Ministro dell’Educazione del paese.
La sua considerazione dell’attività dell’insegnante era massima, tanto che la Mistral la considerava allo stesso livello della poesia più alta.
Una donna tenace, indipendente, amante dei viaggi e che visse una vita in costante movimento (che la portarono anche in Italia, terra della quale si innamorò), finché nel 1957 non morì a New York.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Gabriela Mistral: poesie più famose e belle per ricordare la poetessa cilena
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