Nel discorso di accettazione del premio Nobel per la Letteratura, nel 1945, Gabriela Mistral parlerà di “un immeritato colpo di fortuna”.
Ritirava il più prestigioso riconoscimento mondiale con umiltà, definendosi una “voce indiretta delle nobili lingue spagnola e portoghese”. La sua poesia era divenuta simbolo di un’epopea nazionale, il Poema del Cile, ma questo Mistral nel suo discorso non lo disse.
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Lo scrisse invece Octavio Paz, poeta latinoamericano anche lui premio Nobel, nella prefazione di una raccolta di poesie di Gabriela Mistral, che definì meravigliosamente “La poetessa dei misteri quotidiani”.
Nella sua poesia, scriveva Paz, Mistral aveva cantato nascite e funerali, amori e solitudine, girotondi di bambini e monologhi di vecchi e - nel mezzo di questo intenso gioco di contrapposizioni che è in fondo l’esistenza stessa - aveva descritto il grandioso paesaggio cileno: dalla Cordigliera delle Ande alla Patagonia.
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Oggi ritroviamo i temi chiave della poetica di Gabriela Mistral in una sua intensa poesia Desolazione, che significativamente dà il titolo alla sua raccolta più celebre, pubblicata nel 1922, ora divenuta un classico della poesia sudamericana.
Scopriamo testo, analisi e commento della poesia.
Desolazione di Gabriela Mistral: testo
La bruma spessa, eterna, affinché dimentichi dove
mi ha gettato il mare nella sua onda di salamoia.
La terra nella quale venni non ha primavera:
ha la sua notte lunga che quale madre mi nasconde.
Il vento fa alla mia casa la sua ronda di singhiozzi
e di urlo, e spezza, come un cristallo, il mio grido.E nella pianura bianca, di orizzonte infinito,
guardo morire immensi occasi dolorosi.
Chi potrà chiamare colei che sin qui è venuta
se più lontano di lei solo andarono i morti?Tanto solo loro contemplano un mare tacito e rigido
crescere tra le sue braccia e le braccia amate!
Le navi le cui vele biancheggiano nel porto
vengono da terre in cui non ci sono quelli che sono miei;
i loro uomini dagli occhi chiari non conoscono i miei fiumi
e recano frutti pallidi, senza la luce dei miei orti.E l’interrogazione che sale alla mia gola
al vederli passare, mi riscende, vinta:
parlano strane lingue e non la commossa
lingua che in terre d’oro la mia povera madre canta.Guardo scendere la neve come la polvere nella fossa;
guardo crescere la nebbia come l’agonizzante,
e per non impazzire non conto gli istanti,
perché la notte lunga ora solo comincia.Guardo il piano estasiato e raccolgo il suo lutto,
perché venni per vedere i paesaggi mortali.
La neve è il sembiante che svela i miei cristalli;
sempre sarà il suo biancore che scende dal cielo!Sempre essa, silenziosa, come il grande sguardo
di Dio su di me; sempre la sua zagara sopra la mia casa;
sempre, come il destino che non diminuisce ne passa,
scenderà a coprirmi, terribile ed estasiata.(Traduzione di Matteo Lefèvre)
Desolazione di Gabriela Mistral: analisi e commento
Per comprendere la bellezza di questa poesia di Gabriela Mistral dobbiamo ancora una volta ricorrere alle parole di Octavio Paz, che ne colgono l’essenza:
La poesia di Gabriela Mistral è una sorgente che scorga tra rocce aspre in un paesaggio freddo, ma riscaldato da un sole potente.
Quelli di Mistral sono versi musicali che diventano canto e liturgia del quotidiano. Octavio Paz definisce i suoi componimenti come “musica verbale”. Il verso è spirituale, eppure così denso da farsi materia e cadere a terra.
In questa lirica, come in tante altre della poetessa cilena, il paesaggio giunge a fondersi con l’espressione di un sentimento. La desolazione che dà il titolo alla poesia si riflette nel mare che è “tacito e rigido” nella “pianura bianca” prima ancora che nell’animo dell’Io lirico.
Sembra una poesia d’esilio, ma in realtà sono le parole di uno spirito errante, senza patria. Il territorio della Patagonia viene qui rivisitato in chiave strettamente simbolica. Gabriela Mistral indossa le vesti del poeta vate e dialoga con Dio in una progressiva elevazione spirituale che si esplicita soltanto nella strofa finale.
Desolazione è un canto intimo e privato nel quale si risente l’influenza della poesia modernista. Il termine “Madre” ricorre per ben due volte nel componimento, in questo caso esprime il sentimento dell’origine cui Mistral si appella. Persa nel mondo, errante in paesi dove uomini dagli occhi chiari non conoscono la sua lingua, la poetessa si appella alle sue radici che hanno, emblematicamente, connotati femminili.
L’immagine della neve, con la sua coltre bianca, diventa metafora del destino umano che avanza inesorabile, senza tregua.
La natura infine si rivela matrigna, come nei canti di leopardiana memoria, spettatrice indifferente della parabola umana.
La Desolazione cantata da Gabriela Mistral è reale e - al contempo - metaforica, una poesia di disincanto che porta lo sguardo del lettore in bilico sul vuoto, provocandogli un senso di vertigine.
La lirica ci conduce nella mente della poetessa, nel cuore della sua riflessione inquieta, mostrandoci un paesaggio in apparenza reale che in realtà è una foresta di simboli. Il Cile? O forse è New York?
Leggendo ci si confonde, si perde la bussola e non si è più in grado di distinguere i contorni definiti dei luoghi. C’è solo la neve che ricopre ogni cosa creando un’atmosfera surreale, immobile, che tuttavia sembra nascondere un vuoto. Come un cristallo che si spezza e il suo sgretolamento, in realtà, svanisce nel silenzio. Desolazione evoca questa atmosfera di disfacimento, di progressivo decadimento, servendosi del candore della neve e del suo suono ovattato.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Desolazione”, la poesia simbolista di Gabriela Mistral: testo e analisi
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