Giorgio Gaber... io mi chiamo G e sono ancora qui...
- Autore: Reinhold Kohl
- Genere: Storie vere
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2015
Chi si è perso Gaber cantare/recitare dal vivo non ha la più pallida idea di cosa si è perso. Nel migliore dei casi può andarci vicino ma l’esatta misura del reiterato show attoriale spalmato in trent’anni (e passa) di teatro-canzone, no. Quella è appannaggio esclusivo di coloro che c’erano, di coloro che hanno potuto assistere al collasso dell’umanità (prima ancora che della civiltà) rappresentato/sofferto/svillaneggiato/teorizzato/demonizzato in progress da Giorgio Gaber.
Parole acuminate tra sciabola e fioretto e una fisicità sui generis: sghemba, stralunata, accorata, paradossale, anticonvenzionale, blasfema, a tratti. Come in certi monologhi che titillavano il sorriso, l’autoironia, oppure che schiaffavano al muro tutti e, in controtendenza, qualcuno più di tutti. Nel ritratto di gruppo intellettual-chic di “Al bar Casablanca” come nell’invettiva pre-apocalittica e virulenta di “Io se fossi Dio”, per esempio.
Giorgio Gaber è stato qualcosa di meno e di più che un semplice cantautore. Un libero pensatore anche o semmai. Un cantattore al vetriolo, un monologatore ontologico, un intellettuale overground, trasversale ai tic modaioli e politico-sociali. Un affabulatore abilissimo, un ipnotizzatore di pubblico pagante, un corpo-attoriale che tutto solo ha temuto e invaso la scena: l’ha trascesa, l’ha posseduta, attraverso mimica, gesti, espressioni come pochissimi altri.
Con note introduttive di Marco Travaglio e Dalia Gabershik esce adesso per Aereostella il riepilogo per campi e piani ravvicinati di ciò che è stato prima ancora che di come è apparso sul palcoscenico Giorgio Gaber, l’attore e il cantautore. Il titolo del libro è un omaggio scoperto, dato che recita “Giorgio Gaber… io mi chiamo G e sono ancora qui…”. Gli scatti sono riferenti al fotografo Reinhold Khol (una “firma” nell’ambito dell’immagine musicale): una nessuna e centomila facce in bianco e nero elegantissimo, che potranno ulteriormente garantire sul fatto che le parole spese sopra non si spendono così, tanto per dire.
In maneggevole formato album, le smorfie, i sorrisi, i ghigni, i j’accuse, le urla idiosincratiche, i sussurri di un maître à penser con la chitarra dei nostri giorni (e anche per questo più unico che raro) sono corredati (a fianco) da ideali epigrafi di commento.
Estratti da testi e monologhi che suonano come aforismi. Necessari, quasi quasi da mandare a memoria. Giusto un assaggio giacchè ne vale la pena:
“…la solitudine non è malinconia/ un uomo solo è sempre in buona compagnia…”
“Un’idea. un concetto, un’idea/ finché resta un’idea è soltanto un’astrazione”
“…son proprio deficienti gli uomini/ ormai son proprio devastati/ non riesci più a strapparli alla loro idiozia/ ci sono incollati”
“…il tutto è falso/ il falso è tutto”
e così via, di questo giganteggiante andare gaberiano.
Il libro costa 18 euro ma fate un affare.
Giorgio Gaber...io mi chiamo G e sono ancora qui.... Ediz. illustrata
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Foto splendide. Trovo però incongrui molti degli accoppiamenti con le citazioni, che spesso risultano addirittura erronei rispetto al tono emotivo di certi brani citati. Un esempio per tutti: la citazione dal brano "si può", che era una presa in giro e una critica profonda verso un clima culturale in cui il superamento di certi tabù sconfinava in dei cliché e alla fine ogni progresso era come inghiottito da atteggiamenti modaioli: il tono era di sufficienza e sfottò, e la foto di un Gaber in uno dei suoi momenti di grande energia e impegno morale non mi sembra in sintonia con quel clima emotivo.
E poi, che io sappia Gaber è nato nel 1939, quindi non avrebbe compiuto 80 anni nel 2015...