Giorgio Napolitano. La traversata da Botteghe Oscure al Quirinale
- Autore: Paolo Franchi
- Genere: Politica ed economia
- Casa editrice: Rizzoli
- Anno di pubblicazione: 2013
“In tutti questi anni si è impegnato in modo sistematico e flessibile, e con successo, nell’indirizzare la politica italiana in senso europeistico; e ha contribuito in grande misura all’avvicinamento del Pci alla sinistra europea e a quella che si può chiamare la socialdemocratizzazione dei comunisti italiani”.
È la motivazione del prestigioso Premio Leibniz – Ring per “l’opera di una vita” conferito a Giorgio Napolitano a Hannover il 19 giugno 1997 nella sua veste di Ministro degli Interni del Primo Governo Prodi che l’autore porta ad esempio per caratterizzare la figura del Presidente della Repubblica, al quale ha dedicato questa esauriente biografia.
L’editorialista politico Paolo Franchi ha intervistato Napolitano svariate volte per Il Corriere della Sera ma ha conosciuto il Presidente non nella sua veste di giornalista, bensì
“quaranta e passa anni fa, quando guidava la commissione culturale del Pci, e io, ventenne o poco più, ero il responsabile nazionale degli studenti comunisti”.
Allora Napolitano (chiamato Nap) era uno dei dirigenti più autorevoli del partito, mentre Paolo Franchi era “un giovanotto” che ora alla vigilia della fine del mandato presidenziale racconta il percorso e la vocazione politica di un uomo dall’“eloquio forbito”, il quale non parla soltanto ma ascolta anche, prova a spiegare ma cerca pure di capire le ragioni dell’interlocutore e prova “un fastidio ostentato verso ogni forma di radicalismo”. Il giornalista/scrittore descrive inoltre il culto dell’understatement di Napolitano, la pignoleria al limite del maniacale “nel pesare le parole e persino le virgole”.
Franchi parte dalla formazione dell’adolescente Giorgio (nato a Napoli il 29 giugno 1925) nella città di Benedetto Croce e di Giorgio Amendola, l’origine sociale della famiglia appartenente alla classe dirigente partenopea che abitava nel quartiere Monte di Dio. Il padre di Napolitano, Giovanni, era un importante avvocato penalista di formazione liberale intimo amico di Enrico de Nicola “che, seppure di fede monarchica, sarà il primo Presidente dell’Italia repubblicana”. Mario Pirani che in quel periodo frequentava casa Napolitano ricorda che il padre di Giorgio “pativa la propensione al comunismo del figlio come una specie di orticaria”. Nel liceo Umberto, laico e d’élite, dove Napolitano frequentava la quarta e la quinta ginnasiale, gli allievi erano Raffaele La Capria, Francesco Compagna, Antonio Ghirelli, Giuseppe Patroni Griffi, Francesco Rosi, Maurizio Barendson, Rosellina Balbi, tutti nati negli anni Venti “predestinati a un’educazione di regime, che invece si scoprono antifascisti, come molti loro compagni, già sui banchi di scuola”.
Napolitano aveva incontrato i primi comunisti (una “specie fino ad allora per me sconosciuta”) a Padova, presso la libreria Randi frequentata da illustri accademici antifascisti, dove la sua famiglia era sfollata nel 1942 per sfuggire ai bombardamenti che bersagliavano la città di Napoli. Ripensando alle notti trascorse nel ricovero antiaereo ricavato nelle gigantesche grotte di tufo sottostanti Palazzo Serra di Cassano a Napoli, il Presidente ricorda che
“in quel ricovero si mescolavano i «signori» dei piani alti e la gente dei «bassi», e anche il popolino miserrimo del Pallonetto Santa Lucia. Conobbi lì un pezzo di impressionante realtà sociale”.
Qui Napolitano scoprì di saper reagire con molto autocontrollo e con ragionevole fatalismo. Un uomo che si considera atarassico, non agitato, privo di confusione, impassibile, capace di non perdere la testa nemmeno nei momenti più terribili: caratteristiche, queste, che gli verranno pressoché universalmente riconosciute e in taluni casi, anche contestate da uomo di partito, da Presidente della Camera, da Ministro degli Interni e pure da Presidente della Repubblica.
Belle le pagine dedicate alla figura di Giorgio Amendola “energia politica allo stato puro” al quale Napolitano resterà legatissimo tanto che nella vulgata del Pci (e non solo) ne sarà considerato prima il discepolo, poi il delfino, infine l’erede. “Per i comunisti napoletani Amendola è già «Giorgio ’o chiatto», Napolitano impiegherà poco a diventare «Giorgio ’o sicco»”. Il capo naturale di quell’area migliorista prima, riformista poi del Pci-Pds il 3 giugno del 1992 è eletto Presidente della Camera, la traversata quindi lo conduce da uomo di partito a uomo delle istituzioni e dell’Europa, che avrà il suo coronamento nell’elezione a Capo dello Stato avvenuta il 15 maggio 2006.
Durante la presentazione del volume a Montecitorio lo scorso 4 marzo, il Presidente del Parlamento Europeo Martin Shultz, tra le altre cose, ha precisato che
“l’insegnamento di Napolitano è che bisogna essere attaccati alle proprie convinzioni senza essere dogmatici. Se è vero che tutto scorre, non significa che si abbandonano le convinzioni profonde ma bisogna adattare le convinzioni al contesto”.
Il settennato di un uomo fin da giovane appassionato di cinema e di teatro, per il quale sono state fondamentali Le Lettere dal carcere e i Quaderni di Gramsci, ha fatto onore a Giorgio Napolitano e “nonostante tutto” alla Repubblica.
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