Giuseppe Perrucchetti. Il Generale fondatore degli Alpini che non fu mai un alpino
- Autore: Giovanni Bertotti
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2016
Giuseppe Perrucchetti. Il Generale fondatore degli Alpini che non fu mai un alpino: è già nel titolo la curiosità della ricerca storica di Giovanni Bertotti, pubblicata nel 2016 dall’Editrice Tipografia Baima & Ronchetti (142 pagine), di Castellamonte Torino, nella collana Storie e memorie piemontesi, a un secolo dalla morte dell’alto ufficiale del Regio Esercito nella sua casa di Cuorgnè.
Ed è dagli alpini del gruppo cuorgnese della sezione di Ivrea dell’ANA che ha preso le mosse il progetto di una pubblicazione che approfondisse il contributo del generale all’istituzione di un corpo di truppe da montagna specializzate. A concretizzarlo ha provveduto il dottor Bertotti, medico e storico, autore di studi e volumi sul territorio eporediense e presidente di lungo corso del Corsac, il Centro di ricerche e studi dell’Alto Canavese.
Il futuro generale italiano nacque suddito dell’imperatore d’Austria. Vide la luce nel 1839 nei pressi di Milano, a Cassano d’Adda, un paese di pianura dell’allora Lombardo Veneto. Il ragazzo era avviato agli studi ingegneristici, per seguire le orme del padre, ma il forte sentimento di italianità e gli ideali patriottici risorgimentali lo spinsero ad arruolarsi volontario nell’esercito piemontese. La preparazione universitaria lo rese un candidato perfetto per l’Accademia militare sabauda, istituita dal generale Alfonso La Marmora per formare gli ufficiali destinati a comandare le forze armate del nuovo Stato unitario. Il 6 marzo 1861 era sottotenente di prima nomina nel 24° Reggimento fanteria a Cesena, laureato in geodesia alla scuola militare e specializzato in topografia.
Oltre a distinguersi nell’attitudine al comando, da aiutante in seconda del Reggimento e negli studi storici sulla campagna napoleonica d’Italia del 1813-14, ebbe modo di farsi decorare con la medaglia d’argento e la promozione a capitano per la coraggiosa condotta esplorativa sul campo, nell’infausta battaglia di Custoza, giugno 1866. Tra l’altro, era stato tra i pochi ufficiali di professione a ritenere che l’armata austriaca, pur nettamente inferiore di numero, non sarebbe rimasta ad aspettare dietro l’Adige. L’ipotesi, letteralmente canzonata dalla gran parte dei colleghi, si rivelò reale, provocando la sorpresa tattica che mise in difficoltà l’avanguardia italiana che aveva passato il Mincio. Affrontate dal nemico, le colonne non vennero appoggiate dal grosso delle forze, rimaste inoperose per mancanza di comunicazioni e collegamenti.
Sul campo, il giovane Perrucchetti aveva visto giusto e lontano. Di lì a poco, avrebbe esercitato quella capacità di visione proponendo la creazione di una specialità di montagna dell’Esercito, che porterà ad istituire il Corpo degli Alpini, nel 1872.
Gli sembrava evidente l’opportunità di sfruttare il baluardo naturale della cerchia montana che corona l’intero Nord Italia, per difendere il Paese dall’invasione di un nemico d’oltralpe. Oltre a rafforzare le asperità costruendo fortificazioni dove necessario, riteneva utile valorizzare chi risultava più fortemente motivato a baluardo dei propri confini, affidando in prima battuta la difesa alle stesse popolazioni delle valli alpine, militarmente addestrate e armate.
Va aggiunto che Perrucchetti non trascurò nemmeno la frontiera con la Svizzera, storicamente neutrale, perché la riteneva comunque una “porta” per la penetrazione di un esercito straniero. E si badi che la proposta di ricorrere a un arruolamento su basi strettamente locali, di truppe a perfetta conoscenza dei luoghi, aveva un carattere rivoluzionario rispetto alla concezione che dal 1861 privilegiava una leva militare su base nazionale, anche per incentivare la contaminazione positiva tra giovani connazionali di provenienze diverse, dopo l’unificazione risorgimentale.
Non si pensi che l’attribuzione all’allora trentenne ufficiale di fanteria della paternità della specialità militare alpina sia stata pacifica e assodata. Sorsero equivoci su chi fosse il vero fondatore del Corpo delle penne nere e uno dei responsabili della diffusione di voci contrastanti fu l’addetto militare francese a Roma. In un articolo pubblicato sulla "Revue militaire de l’etranger", il maggiore Le Moine aveva indicato come creatore delle compagnie alpine tricolori il ministro della guerra Ricotti Magnani. Nessuno provvide a correggere l’errore che, tanto meno lo stesso Perrucchetti, sempre modesto, prudente e appagato dall’intima soddisfazione di avere reso un servizio importante all’Esercito e all’Italia.
Peraltro, riconosceva che anche il suo mentore, colonnello Agostino Ricci, aveva studiato i problemi della guerra in montagna, suggerendo di affidare il compito di arresto e contrattacco ad una fanteria speciale di montagna formata da militi distrettuali provinciali. Ma il comandante della scuola di guerra di Torino non si era spinto fino a indicare l’esigenza di riunire ed equipaggiare le truppe nelle stesse rispettive località montane, come fece invece Purrucchetti.
Dopo cent’anni, per il curatore del volume è il momento di valutare il ruolo nella giusta prospettiva storica. Non è stata una paternità esaustiva, ma il suo è stato certamente il contributo ideativo più completo, lucido e innovativo.
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