Gli eroi di Bligny
- Autore: Piero Baroni
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2011
Le trincee dello Chemin des Dames non saranno state le Termopili di Francia, ma oggi possiamo dirci orgogliosi dei soldati italiani che fermarono i boches nel Dipartimento dell’Aisne nel luglio 1918. Fanti e artiglieri in grigioverde impedirono ai tedeschi di avanzare verso Reims e raggiungere Parigi. A loro andò la riconoscenza di tutta la popolazione francese, ribadita dal generale Petain in occasione del saluto ai nostri a fine guerra. Lo sottolinea il giornalista Piero Baroni nella ricostruzione storica delle azioni delle truppe tricolori sul fronte occidentale, proposta nel libro “Gli Eroi di Bligny”, edito da Greco & Greco nel 2011 (pp. 330, euro 12,50).
In Italia l’episodio è noto solo agli studiosi del primo conflitto mondiale e agli appassionati di storia. Non a caso, l’autore - a lungo inviato speciale e di guerra della RAI - si rammarica che la memoria bellica non sia parte della nostra cultura, al contrario di quanto accade in altri Paesi (Verdun, Stalingrado, il DDay).
“Voltiamo le spalle al passato, considerato meno di spazzatura”.
Ci strappiamo ancora i capelli per Caporetto, ma ignoriamo quanto accadde a Bligny e quello che di importante vi fecero gli Italiani, che ha finì per assumere invece un significato cruciale nell’arrestare la grande offensiva germanica: la Grande Guerra sul Fronte Occidentale ebbe il culmine nella seconda battaglia della Marna dell’estate 1918 e un momento chiave fu proprio l’insuperabile resistenza italiana, che infranse il violentissimo attacco tedesco.
Si tratta di un inveterato autolesionismo storico nazionale, di cui è davvero esemplare la vicenda del II Corpo d’Armata del generale Albricci, protagonista della spedizione italiana in terra di Francia, dall’aprile al novembre 1918. L’accurata ricerca di Piero Baroni fa riemergere “dal silenzio gelido dell’indifferenza, la forza morale, la dedizione, il senso del dovere, il coraggio” di quanti si batterono a Bligny, un episodio dal quale è dipeso il seguito del XX secolo. Il giornalista bolognese non ha dubbi:
“la guerra si sarebbe conclusa con la vittoria dell’Impero germanico se a Bligny i soldati del II CdA non avessero stroncato la poderosa offensiva scatenata dal generale Ludendorff nel luglio 1918”.
Cinquantamila uomini, 10915 tra morti, feriti e dispersi, circa un terzo degli effettivi delle due divisioni formate dalle brigate Napoli e Salerno, Brescia e Alpi, a difesa dei boschi che rappresentavano l’obiettivo dello sbalzo tedesco che puntava ad aprirsi la via di Reims e di Parigi.
L’Italia aveva da poco superato la prova immane del crollo del fonte a Caporetto, nell’autunno 1917. Nessuno all’estero aveva creduto alla capacità del nostro esercito sconfitto sull’Isonzo Carnia di resistere sul Piave a novembre. Parigi e Londra avevano previsto il peggio: fiume forzato e austrogermanici dilaganti in pianura. Lasciando agli italiani tutto il peso della difesa, si astennero dallo schierarsi immediatamente a fianco delle nostre truppe messe alla prova. Le proprie restarono sul Mincio, a debita distanza, per non rischiare d’essere coinvolte nella probabile nuova ritirata.
Ma la linea del Piave resse, sebbene restassero solo 13 divisioni italiane ad affrontare le 27 austriache e tedesche, la politica tirò un sospiro di sollievo e a dicembre le 11 divisioni anglofrancesi in Italia entrarono nelle trincee della riva occidentale e sul Grappa. Intanto, la prima decisiva battaglia d’arresto sul fiume era stata combattuta unicamente dagli italiani e vinta unicamente dagli italiani.
Una volta ristabilita la linea tra l’Adriatico e le Alpi, era evidente che la Francia, considerando decisivo solo il suo fronte, avrebbe chiesto di riavere i suoi reparti. Ma nel contesto del contributo collettivo dell’Intesa si decise che i primi a rinforzare le difese nella Champagne sarebbero stati i nostri del gen. Albricci.
Nacque così l’avventura che li portò il 15 luglio a fare muro contro l’assalto tedesco. I fanti del Kaiser pensavano di sfondare facilmente verso Parigi, ma quelli grigioverdi resistettero e la Ville Lumiere restò un miraggio.
Dopo lo stop nel la seconda battaglia della Marna, cominciò la lenta ritirata germanica, che si sarebbe arrestata solo con l’armistizio. Un motivo di orgoglio per i nostri uomini in terra amica transalpina. “Eroi”, così li ha chiamati il comandante in capo dell’esercito francese, generale Petain, al rientro in Italia del II Corpo d’Armata.
“E saluto anche i vostri eroi caduti sul campo dell’onore”
aveva aggiunto al suo discorso.
Sono raccolti in 3453 tombe (con 60 caduti della Legione Garibaldina dei nipoti di Garibaldi) nel più grande cimitero militare italiano della Grande Guerra in Francia, a Bligny, 17 chilometri a ovest di Reims. Le croci sono gradinate su un leggero pendio che porta a un tempietto centrale di pietra bianca, in stile ionico, su quattro colonne doriche.
Gli eroi di Bligny. 1918, l'epopea delle truppe italiane sul fronte occidentale
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