Gorizia 1916. 9-17 agosto: la 6º battaglia dell’Isonzo
- Autore: Giorgio Seccia
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Anno di pubblicazione: 2015
Agosto 1916 la presa di Gorizia: una grande occasione mancata
Quando si parla delle dodici battaglie dell’Isonzo sul fronte carsico della Grande Guerra, davanti a una sola il pensiero si fa più leggero: la sesta, combattuta tra il 6 e il 17 agosto 1916. È l’unica che si ricorda come vittoriosa, sebbene sempre nel contesto di perdite e di sangue comune alle altre undici. Infatti ha portato le nostre truppe a Gorizia, l’unica città importante strappata al nemico durante l’intero conflitto, prima di Trento e Trieste, che furono nostre però ad armistizio con l’Austria già firmato e in procinto di entrare in vigore. In “Gorizia 1916”, saggio edito da Itinera Progetti di Bassano (116 pagine 19,50 euro), il brigadiere generale Giorgio Seccia mette in risalto il successo, ma anche l’occasione perduta di sfruttarlo, penetrando a fondo nel dispositivo difensivo infranto.
In effetti, i vantaggi di aver messo in difficoltà grave gli austriaci non vennero monetizzati, quando era probabilmente ipotizzabile invece un’irruzione verso l’altopiano di Tarnova, che avrebbe consentito di aggirare l’intero schieramento avversario. È come se avesse finito per dimostrarsi controproducente la sollecita conquista di posizioni chiave, aspramente contese, fino a quel momento, a protezione di Gorizia. Quei risultati, se pure auspicati dai nostro comandi – osserva Seccia – non erano previsti in maniera così rapida e non era stato preparato un piano organico di sfruttamento per determinare il collasso avversario. Il 7 agosto in poche ore erano stati prima conquistati poi saldamente tenuti dai fanti grigioverdi – nonostante i contrattacchi nemici – baluardi i cui nomi erano simbolo di attacchi sterili e sanguinosi. Appena una sessantina di minuti era bastata agli uomini di Badoglio per prendere il Monte Sabotino. Altre alture famigerate erano state scavalcate grazie a un’accurata preparazione di artiglieria. Per la prima volta accanto ai cannoni erano state schierate le bombarde, grossi calibri a tiro curvo che distruggevano reticolati e trincee. La linea italiana avanzante aveva superato il Podgora, il Grafenberg e quel Monte San Michele contro cui decine di brigate avevano cozzato vanamente per un anno intero.
L’8 agosto, un sottotenente di venti anni, il romagnolo Aurelio Baruzzi, con appena quattro soldati aveva occupato il sottopasso della ferrovia, facendo prigionieri duecento uomini in un posto comando Passato l’Isonzo, aveva poi piantato il tricolore sulla stazione di Gorizia.
A questo punto, occorreva incalzare gli austroungarici in ritirata, prima che munissero la cerchia di rilievi che sbarrava ad est la piana della città, compresi i Monti gemelli San Daniele e San Gabriele. Mancò tuttavia un progetto lucido, se spingersi verso quelle quote o scegliere la direzione del Vallone e del Carso di Comeno. Si puntò prima da una parte, per cambiare idea successivamente senza costrutto. Inoltre, la scelta dell’ufficiale al quale affidare il comando dei nuclei di cavalleria per l’inseguimento e la ricognizione cadde sull’uomo sbagliato. Sarebbe servito un audace, un temerario, per guidare un tallonamento risoluto, accrescendo la confusione e il disordine delle truppe in ripiegamento, spingendole se possibile al panico. Invece l’incaricato, il generale Barattieri, era un valido organizzatore, ma un attaccante pignolo, cauto e portato al lungo ragionamento prima di ogni decisione. L’azione a rilento del gruppo esplorante trovò l’avversario attestato e, comunque, il comando della II Armata, generale Capello, aveva già scelto in anticipo di attaccare verso nord-est, andando a sbattere contro le difese allestite sui due Monti e sul San Marco, per non dire del tremendo Monte Santo. Risultato: un’occasione persa. Dopo la fiammata di Gorizia, presa in due giorni, si tornava al clichè della guerra per logoramento e degli attacchi frontali contro un nemico attestato su posizioni dominanti.
Il volume segue fedelmente le operazioni, condotte reparto per reparto nella seconda fase della sesta battaglia dell’Isonzo, ormai a oriente di Gorizia. Mentre in Italia si festeggiava la presa della città irredenta, tutto era tornato come prima. Nonostante l’avanzata e la superiorità numerica – ma le brigate italiane erano provate dallo sforzo – si riprese con gli attacchi a ondate, per restare sostanzialmente sul posto: i vantaggi parziali venivano subito annullati dal pronto contrattacco, che riportava il nemico sulle trincee perdute.
Il volume del gen. Seccia, ricercatore della Società Italiana di Storia Militare, è arricchito da un considerevole corredo cartografico e da eccellenti fotografie in bianco e nero, in parte inedite, riprodotte su carta lucida al centro del volume.
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