Guareschi. Buona la prima!
- Autore: Ezio Aldoni, Andrea Setti
- Genere: Storie vere
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Imprimatur
- Anno di pubblicazione: 2018
Peppone e don Camillo, prima la tipografia poi il grande schermo. Anche se la popolarità è arrivata col primo film, la coppia è nata tra le pagine dei racconti riuniti nella raccolta “Mondo piccolo”. Solo sei anni dopo è stata proiettata la prima delle cinque fortunate pellicole ed è arrivato il successo. Ancora prima, centodieci anni fa, era nato l’artefice di tutto, lo scrittore satirico Giovannino Guareschi e cinquant’anni fa è morto, il 22 luglio del 1968, come ci ricorda un libro “Guareschi. Buona la prima!”, che ad opera di Ezio Aldoni e Andrea Setti, per i tipi delle Edizioni Imprimatur di Reggio Emilia (aprile 2018, 144 pagine, 14 euro) racconta in breve e spiritosamente costume e politica di quei tempi, oltre alle stravaganze sul set, a Brescello, nella Bassa emiliana.
Setti è giornalista, Aldoni uomo di cinema, insieme rendono esponenziale la loro passione per quell’uomo bruno, baffuto e arguto. È stata la vena caustica di Guareschi a dare vita nel 1946, su carta, ai personaggi e alle situazioni che conquistarono il pubblico del primo “Don Camillo”, nel 1952, auspice l’editore Angelo Rizzoli (sua la casa editrice omonima dei racconti e quella cinematografica, Cineriz), un ex Martinitt, uno che si era fatto dal niente e che aveva un gran fiuto.
Spencer Tracy nell’abito talare e Paul Douglas nei panni del sindaco comunista, per la regia di Frank Capra: è così che avrebbe dovuto andare, ma il grande director hollywoodiano aveva altri impegni e il produttore Peppino Amato si orientò verso una coproduzione italo-francese, con altri registi e attori, regalando al cinema mondiale e agli spettatori la magia di Fernandel e Gino Cervi, Don Camillo e Peppone per sempre. L’acqua santa e il diavolo, le campane contro la banda di paese che intona l’Internazionale.
Nel saggio dei due cinefili Guareschi-dipendenti, quella del casting “di riserva” è una delle prime curiosità. Sono tantissime, nell’insieme, che non si saprebbe davvero da che parte cominciare e dove andare a parare.
Vittorio Giannelli, sacrestano storico della Chiesa di Santa Maria Nascente e “custode sovrano” del principale edificio di culto di Brescello, ricorda nel libro le pennichelle degli indimenticabili protagonisti.
Tanto il grande attore bolognese Gino Cervi che il simpatico comico francese Fernand Joseph Désiré Contandin, in arte Fernandel, amavano fare un riposino a metà giornata, durante le riprese.
Monsieur chiedeva a Giannelli di potersi stendere un paio d’ore sul divano dell’abitazione del custode, al fresco del corpo di fabbrica dell’edificio religioso. Al risveglio, compensava ogni volta l’ospitale sacrestano con un biglietto da 5mila lire, una bella somma a quei tempi. Cervi non era altrettanto generoso, ma si confermava ugualmente abitudinario, godendo di una rispettata sosta ai box nella freschissima Cappella del fonte battesimale.
La signorilità dei due protagonisti, avversari solo nella sceneggiatura e la delicatezza di questo siparietto idilliaco non devono distogliere l’attenzione dal clima politico negli anni Cinquanta. La stessa pellicola generò scontri al calor bianco, tanto più in un territorio come quello reggiano, dove la gente è sanguigna e portata facilmente all’estremismo.
Al conflitto manicheo tra bianchi e rossi, evocato con tanto spirito nei racconti e genialmente trasposto nelle sceneggiature, corrispondeva in quell’area politicamente turbolenta un ancora più acceso contrasto politico tra lo scudo crociato e la falce e martello, la Democrazia Cristiana contro il Partito Comunista. Più faziosi e intransigenti i rossi, mai teneri con Guareschi, che da parte sua non li digeriva. Più scaltri i “biancofiore”, sebbene se nei primi anni si fosse registrato un atteggiamento di chiusura da parte del Vaticano, che non aveva a lungo consentito di effettuare riprese in Chiesa, autorizzando solo inquadrature all’esterno.
Va detto che una volta tramontata la collaborazione Cineriz-Hollywood, la parte di Peppone l’avrebbe dovuta interpretare lo stesso Giovannino, ma suo malgrado si rivelò poco tagliato per la professione di attore. Lo scrittore peraltro non andava pazzo neanche per Fernandel, che trovava poco corpulento, tuttavia ebbe modo di ricredersi.
Si alternarono tre registi: i primi due film (“Don Camillo”, 1952 e “Il ritorno di don Camillo”, 1953) furono diretti da Julien Duvivier, che diede una notevole impronta alla saga, seguito da Carmine Gallone (“Don Camillo e l’onorevole Peppone”, 1955, “Don Camillo monsignore... ma non troppo”, 1961) e da Luigi Comencini (“Il compagno don Camillo”, 1965). Ebbero tutti grande successo: il primo fu campione di incassi, tutti lo seguirono ai primi posti.
Era previsto un sesto film, “Don Camillo e i giovani d’oggi”, nel 1970, per la regia del francese Christian-Jacque, con Giancarlo Giannini, ma l’aggravarsi della salute di Fernandel, costrinsero a sospendere le riprese. Affetto da un tumore, morì di lì a poco.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Guareschi. Buona la prima!
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