Happycracy. Come la scienza della felicità controlla le nostre vite
- Autore: Eva Illouz ed Edgar Cabanas
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Codice Edizioni
- Anno di pubblicazione: 2019
Happycracy è un neologismo inquietante. Tradotto liberamente dall’inglese sarebbe come dire "governo della felicità". A dar retta al sottotitolo - “Come la scienza della felicità controlla le nostre vite” - il termine "governo" ancor più liberamente può tradursi come "dittatura" e l’inquietudine mutarsi in qualcosa di molto simile al turbamento.
Per metterla in altro modo Happycracy. Come la scienza della felicità controlla le nostre vite di Eva Illouz ed Edgar Cabanas (Codice Edizioni, 2019 traduzione italiana di D. Fassio) è un saggio che può impensierire e disallienare al tempo stesso: in quanto saggio controcorrente. E in quanto lucidissimo nel suo essere controcorrente.
Da quando impera il neo-liberismo (e il diktat consumista sul quale si regge), la predisposizione mentale alla felicità è assurta a imperativo categorico. La psicologia positiva asservita al potere economico ha scoperto che la semi-bufala del selfie made man è ancora sdoganabile attraverso l’ottimismo a prescindere (l’ottimismo anche contro ogni evidenza) e il lavoro su se stessi. Prolificano e pontificano i guru della gioia coatta, gli scienziati dell’uomo nuovo coincidente con l’homo felix. A partire dal 1989 sono crollati uno a uno i baluardi europei dell’anti-imperialismo ed è crollata l’URSS che ne era il demiurgo. Sono crollati i motivi per essere grigi, poveri e tristi, sorridere prego.
La ricerca della felicità è uno dei “prodotti di esportazione” più tipici degli Stati Uniti, nonché uno dei principali obiettivi politici, diffuso e promosso tramite una vasta gamma di attori non politici, fra cui life coach, esperti di auto aiuto, imprenditori, organizzazioni e fondazioni private, industria cinematografica, talk show, celebrità e, ovviamente, psicologi.
Il neo lavoratore-cittadino reificato al rango di consumatore (“produci-consuma-crepa” vaticinavano i CCCP di Ferretti e Zamboni) deve lavorare-consumare-crepare (semmai), sempre felice di farlo. È un fatto: la felicità (consumistica) è diventato l’obiettivo esistenziale. È diventato il sollen del nuovo millennio e d’altro canto non è concesso fallire: se si fallisce è colpa di chi fallisce. Si vede che aveva ancora da lavorare su se stesso.
(…) La felicità è ovunque: in televisione e alla radio, al cinema e sulle riviste, in palestra, nelle diete e nei consigli per l’alimentazione, negli ospedali, in ufficio e in guerra, a scuola, all’università, nella tecnologia, sul web, nello sport, a casa, nella politica e, ovviamente, sugli scaffali dei supermercati. La felicità permea l’immaginario comune, sta diventando un assillo, ed è raro che passi un giorno senza sentirne parlare o senza leggerne da qualche parte (…) La felicità è diventata una mentalità, modificabile con la forza di volontà. È la ricompensa per chi trova la forza interiore e mette in gioco la parte più autentica di se stesso; è l’unica meta in grado di dare un senso alla vita; è il metro per giudicare il valore di una persona, la portata del successo o del fallimento, dello sviluppo psicologico ed emotivo di un individuo (…)
È da prendere sul serio quello che ho scritto all’inizio: Happycracy. Come la scienza della felicità controlla le nostre vite è un saggio scomodo, che ai più vigili fra i lettori può trasmettere inquietudine - o anche incazzature di diversa estrazione - (che fare? Scriveva Lenin). Ma è anche un saggio disvelatore. Fa riflettere. Tanto. Sull’involuzione della specie, per esempio. Su ciò che siamo diventati. Peggio ancora che sedotti. Succubi. Desideranti perenni. Miopi. Ipnotizzati. Questo è quello che è successo più o meno a tutti nell’era della polvere sotto il tappetto sociale (sacche di povertà sempre più ampie, sfruttamento, inquinamento, guerre, per il benessere di pochi) e delle felicità obbligatorie. Visto che se ne è parlato e scritto tanto in questi giorni: la DDR del muro di Berlino non era certo il paradiso in terra. Il problema è che nemmeno dall’altra esisteva un paradiso. Si sono manipolate lo stesso le coscienze, soltanto in maniera più subdola, accattivante se vi spaventa di meno. E quanto al paradiso - il paradiso delle merci e delle felicità artificiali – non esiste, è solo parvenza. I toni comizianti sono i miei, Happycracy. Come la scienza della felicità controlla le nostre vite ha toni meno furente. Se denuncia (e lo fa) lo fa con perizia chirurgica, di tipo accademico. Lo fa con estrema cognizione di causa. Non perdetevelo.
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