I demoni di Wakenhyrst
- Autore: Michelle Paver
- Genere: Horror e Gotico
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Neri Pozza
- Anno di pubblicazione: 2020
“È strano pensare che fino all’anno scorso nessuno avesse mai sentito parlare di Edmund Stearne fuori dal minuscolo borgo del Suffolk chiamato Wakenhyrst. Gli abitanti del posto lo ricordano come un ricco proprietario terriero e uno storico stimato, un uomo dalla reputazione impeccabile fino al giorno d’estate in cui massacrò la prima persona che gli capitò a tiro nel modo più strano e orrendo”.
Non c’è mistero, dunque, circa il colpevole dell’efferato omicidio intorno al quale ruota la trama del romanzo I demoni di Wakenhyrst (Neri Pozza, 2020, traduzione di Francesca Cosi e Alessandra Repossi). L’autrice, Michelle Paver – inglese d’adozione, autrice di due famose saghe fantasy preistoriche per giovani lettori, Cronache dell’Era Oscura e Cronache dell’Età del Bronzo (Mondadori), e del romanzo per adulti La materia oscura (Giano, 2011) – fa sì che il mistero consista piuttosto nel motivo per cui, in una calda mattina di inizio estate del 1913,
“la figlia sedicenne, Maud Stearne, vide il padre scendere i gradini con un punteruolo da ghiaccio, un martello da geologo e intenzioni omicide”.
Rinchiuso in un manicomio, Edmund Stearne dedicherà il resto della sua vita alla creazione di tre enormi dipinti con minuscoli volti malevoli che, scoperti per caso dopo la sua morte, hanno fatto scalpore, hanno incontrato un successo travolgente e sono stati esposti in tutto il mondo.
È per questo motivo che nel 1966, a più di cinquant’anni dall’omicidio, studiosi e giornalisti non si fanno scrupoli pur di ricostruire una vicenda dai molti lati ancora oscuri. Qualcuno arriva persino a supporre che a commettere il crimine sia stata la stessa Maud, incastrando poi il padre, il quale, per proteggerla, si è addossato ogni colpa: i dipinti potrebbero essere in realtà messaggi in codice che puntano il dito sulla colpevolezza della figlia.
Non volendo passare per pazza o assassina, Maud, che dal giorno dell’omicidio non ha mai lasciato la proprietà di Wake’s End, ha acconsentito a incontrare la storica dell’arte Robin Hunter: indecisa se pubblicare o meno la storia, è consapevole che questo le procurerebbe il denaro necessario per riparare il tetto:
“Trovo insopportabile l’idea che tutti sappiano e tuttavia ho bisogno di soldi. Non voglio che questa casa mi crolli addosso, né che la palude diventi un pascolo per i maiali”.
Considerando la dottoressa Hunter all’altezza del suo cognome, “cacciatrice”, Maud decide di inviarle il suo racconto dattiloscritto e di farle leggere i taccuini del padre, che all’epoca dei fatti non aveva mostrato nemmeno alla polizia.
Torniamo così indietro nel tempo.
Maud ha nove anni, è una bambina intelligente, ma ignora o non comprende ciò che accade in casa. La madre ogni anno “soffre della stessa malattia che spesso terminava con la nascita di un bambino”. Che si tratti di un aborto, di un bimbo morto o, peggio ancora, di un bimbo vivo che non sarebbe sopravvissuto, la madre – Maman – sta molto attenta a non piangere mai davanti a Papà, perché a lui non piace. La bambina ignora che il padre, un uomo intollerante, misogino e bigotto, oltre a imporre, da tiranno, le ferree regole che governano la proprietà e i suoi abitanti, costringe la moglie a rapporti sessuali quotidiani, ignorando volontariamente il pericolo – che si rivelerà fatale – di ripetute gravidanze.
E così, dopo la morte per parto della madre, nonostante la giovane età, Maud si assume l’incombenza non solo di seguire le faccende domestiche, ma anche di aiutare il padre nel suo lavoro di ricerca su un testo perduto di Alice Pyett, una mistica medievale.
La ragazza, però, pur convinta che la missione delle donne sia “aiutare l’uomo”, comincia a leggere di nascosto i diari del padre – e il lettore insieme a lei – rendendosi conto della sua vera natura:
“25 marzo
Avevo ragione: non serve una segretaria e nemmeno una governante, se è per questo! In un colpo solo ho risolto entrambi i problemi e risparmiato un bel po’ di denaro. Se istruita come si deve Maud diventerà una dattilografa passabile e con il tempo le potrei anche affidare compiti poco impegnativi che non richiedano l’esercizio della ragione. Crescendo potrà assumere la gestione della casa, scongiurando così il bisogno di una governante. Avrei preferito un’amanuense dall’aspetto più gradevole, ma così è la vita”.
Maud, infatti, sta diventando tutto ciò che una giovane donna del suo tempo non dovrebbe essere: non è bella, né particolarmente religiosa; ha un eczema fra il pollice e l’indice che l’affliggerà per tutta la vita; ama leggere ed è attratta dalla natura incontaminata e dagli esseri che popolano la palude che circonda la tenuta di famiglia – “uno degli ultimi acquitrini che un tempo sommergevano tutta l’East Anglia”.
Poco amata anche dalla servitù, a farle compagnia c’è solo una gazza, Chiacchierino, salvata quattro anni prima dall’affogamento, e l’aiuto giardiniere, Clem Walker, un ragazzo gentile e premuroso.
In un fosco pomeriggio di settembre, sulla strada di ritorno dalla chiesa, passando attraverso il camposanto immerso nella nebbia che si è improvvisamente alzata, Edmund intravede le tavole imbiancate a calce che costituivano il rivestimento staccato dall’arco del presbiterio e che gli operai avevano lasciato lì in attesa di essere bruciate.
Un fruscio.
Una presenza che si muove strisciando furtiva.
E un occhio, che lo fissa da una delle tavole.
Si tratta del dettaglio inquietante di un antico dipinto di notevoli dimensioni, che si scoprirà essere l’Apocalisse. In quanto storico, la scoperta dovrebbe suscitare il suo più vivo interesse, invece, lungi dal reclamarne la scoperta, lascia che sia notato e portato alla luce da altri.
Da questo momento, l’uomo precipita in un tanto lento quanto inesorabile stato confusionale da attribuire alle paure primordiali scatenate dai diavoli raffigurati nella pala o, forse, ai demoni che emergono dal suo stesso passato e lo tormentano per il peccato inconfessabile che ha commesso.
Nella trama si fondono dunque due narrazioni: quella di Maud e le parti di diario in cui il padre descrive i sogni orribili, le ossessioni e le sensazioni terrificanti, i turbamenti dell’animo repentini e inspiegabili. In breve, l’irrazionalità che si insinua “rapida come un’alluvione infetta nei meandri più reconditi della mente”.
Gli “esseri” che lo perseguitano sono reali o immaginari, frutto di una mente che sta perdendo il contatto con la realtà?
Qual è il ruolo di Maud: semplice spettatrice o parte attiva di questo processo?
Mentre la tensione si manifesta nel rapporto fra Edmund e sua figlia, la quale ha il vantaggio di conoscere i pensieri più intimi del padre, la palude – un paesaggio che appare spesso inquietante, avvolto da un’aurea minacciosa, il luogo dove si svolgono tutti gli eventi decisivi – si intromette fra loro e, come un vero e proprio personaggio, porta conforto alla prima, mentre angoscia sempre più il secondo.
La trama appare ancor più interessante alla luce delle precisazioni della nota finale, in cui l’autrice approfondisce le tre idee principali che hanno dato vita al romanzo gotico ambientato nelle paludi che intendeva scrivere e le esperienze personali cui si è ispirata:
“Ho inventato Wakenhyrst e la sua Apocalisse, così come Wake’s End, la palude di Guthlaf, la chiesa di San Guthlaf e la famiglia di Edmund Stearne, ma tutti hanno un aggancio con la realtà”.
Dalle escursioni che Michelle Paver ha fatto in paludi, acquitrini, borghi e chiese del Suffolk, alla sbalorditiva storia del Wenhaston Doom, un dipinto medievale del Giudizio Universale che era stato ricoperto di vernice bianca dai puritani e poi quasi gettato in un falò dai vittoriani in occasione della ristrutturazione della chiesa, avvenuta nel 1892.
Dal Libro di Margery Kempe, che ebbe visioni strampalate di Gesù e che aveva sulla coscienza un peccato che non volle rivelare nemmeno al confessore, alle usanze, tradizioni e credenze degli abitanti di Wakenhyrst sugli spiriti che infestavano la palude – spiritelli, fuochi fatui e Cani Fantasma…
Purtroppo – ammette l’autrice – non ha inventato nemmeno le idiosincrasie e/o idiozie dei tre medici citati nel romanzo, mentre molti aspetti della vicenda di Maud si rifanno a una fonte ancora più personale: le reminiscenze della madre e della zia, che sono di origine belga, sull’infanzia durissima della loro mamma.
In queste pagine, dove realtà e finzione, oggettività e costruzione narrativa sono in perfetto equilibrio, la contrapposizione fra il soprannaturalismo assoluto e la suggestione che i tormenti di Stearne siano di origine psicologica, insieme alla vicenda familiare e sentimentale di Maud, fanno sì che I demoni di Wakenhyrst sia molte cose contemporaneamente, tutte riuscite: un agghiacciante horror gotico, un romanzo di formazione e una vicenda di follia e di solitudine, di dannazione e di redenzione.
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