I leoni d’Europa
- Autore: Tiziana Silvestrin
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2017
Quando Tiziana Silvestrin ha deciso di passare dal racconto al romanzo era il 2009 e Scrittura & Scritture le pubblicava il primo di una serie di gialli metà storia metà fiction, dedicata alla dinastia Gonzaga. Quel titolo, I leoni d’Europa è tornato nelle librerie e online nel 2017, sempre per i tipi della casa editrice napoletana (395 pagine).
Un’abbondante bibliografia (occupa cinque pagine in appendice), insolita in un’opera narrativa, dichiara le basi solide del lavoro dell’autrice mantovana, che ha cominciato a scrivere commedie ispirata dalle esperienze coinvolgenti in una compagnia di teatro amatoriale, per passare poi ai racconti storici e avviarsi alla saga dei Signori della sua città.
Laureata in lettere con indirizzo artistico e appassionata di storia e pure di animali d’affezione e non, di cui è paladina dei diritti con tanto di ufficio nel Municipio a Mantova, è una fan dell’intrigo e del mistero, tanto più quando si vestono d’azione ed emozioni nelle sue trame. Molti degli accadimenti narrati sono autentici, come tanti dei personaggi, non solo primattori della storia, anche popolani e popolane, osti e frequentatori di osterie, mercanti e faccendieri, artisti di strada e contadini.
Leggere le sue storie gialle è come assistere a un film: movimento, corse da un luogo all’altro, situazioni che cambiano all’improvviso, sorprese e colpi di scena. Non si resta delusi e le pagine si consumano di getto.
Nel silenzio ovattato della chiesa di Santa Barbara, lo scozzese James Crichton e l’amico e servente Thomas Samerie parlano a bassa voce. È la notte del 3 luglio 1582 e si sono introdotti per accedere alla cripta sotto l’altare. Raggiunta la porta, nascosta nella cappella a sinistra, si accorgono che la chiave non è nel mazzo sottratto al sacrestano, sopraffatto dall’abbondante bevuta offerta nell’osteria vicina.
I cardini resistono anche alla sbarra con cui cercano di sollevarli facendo leva dal pavimento e lo sforzo fa barcollare James, che urta un candeliere. Il fracasso attira l’attenzione delle guardie del contiguo appartamento ducale e la fuga precipitosa li porta a travolgere alcune ragazze in una piazzetta, spaventandole e provocando la reazione dei giovani con cui si intrattenevano. Nascono un inseguimento e uno scambio di colpi su ponte San Silvestro, col risultato che Crichton uccide quel prepotente di Ippolito Lanzoni, che stava strangolando Thomas, ma viene ferito a sua volta dall’amico del mantovano, Vincenzo Gonzaga, figlio del Duca. Lo scozzese è da qualche mese a servizio proprio del Signore di Mantova, Guglielmo, ch’è stato conquistato dal fascino, dall’erudizione e dalla cultura del giovane nobile. Lo chiama Giacomo Critonio, ma arriva da un altro mondo: perfetto cortigiano, conoscitore di tante lingue, uomo di mondo e di modi raffinati, esercita un fascino irresistibile sulle donne (femminilità e sentimenti trovano spazio nei romanzi di Tiziana).
Mentre sopraggiungono le guardie cittadine, i due stranieri riescono nella confusione a sfuggire al giovane Gonzaga e ai suoi, che si stanno riunendo nel frattempo, ma vengono raggiunti dal bargello Morisco e accompagnati presso un bravo speziale, per curare la ferita dello scozzese al petto, che non sembra preoccupante.
Affidato il giovane nelle mani del medico e alla vigilanza di soldati distratti dal vino, il bargello raggiunge il capitano di giustizia Biagio dell’Orso. La preoccupazione è di assicurare lo straniero alla legge prima che possa essere trovato e linciato dagli amici del Lanzoni. Ma quando tornano nella bottega del Geniforti, lo speziale mostra il corpo di James sotto un lenzuolo. La ferita da punta era piccola, ma pare abbia provocato un’emorragia interna che lo ha soffocato.
La mattina dopo, il corpo è già sepolto nella chiesetta di San Simone, senza bara, in una tela e in tutta fretta, perché a quanto dicono i miasmi di una precoce decomposizione provocata dal caldo estivo avevano consigliato di sigillarlo accuratamente. Un muratore si era già occupato dei lavori necessari e ora si potrà disseppellirlo solo con l’autorizzazione del vescovo.
Il Duca Gonzaga è addolorato, da una parte per la perdita di Critonio di cui apprezzava le qualità, dall’altra per il coinvolgimento del figlio, accusato di omicidio. Il consigliere ducale Zibramonti è preoccupato, perché la morte dello scozzese mette in campo interessi anche occulti e contrastanti della regina Maria Stuart, dell’Inghilterra e della Repubblica di Venezia, sempre attenta alle vicende ai propri confini e nei territori in cui cerca di espandersi.
C’è un gran contorno di corti in questo romanzo e cortigiane, che non guastano. La trama monta rapidamente, in un crescendo coinvolgente.
Ma andiamo a conoscere Biagio dell’Orso, che sarà il trait d’union di tutta la saga. Alto, attraente, riccioluto, occhi neri, fortunato con le donne ma scapolo, a trent’anni d’età. È affidabile, onesto, non si è dato alla professione mercantile paterna per seguire il suo senso di giustizia, che non si presta a compromessi. È anche stimato nella Signoria, rispettato dai sottoposti e temuto dai malintenzionati. Uno come si deve.
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