I sette killer dello Shinkansen
- Autore: Isaka Kōtarō
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2021
Quella di Isaka Kōtarō è una delle voci più originali della narrativa giapponese moderna. I suoi libri hanno vinto numerosi premi e sono stati tradotti in molte lingue.
Fra questi, I sette killer dello Shinkansen (Einaudi, 2021. Traduzione di Bruno Forzan) è ambientato quasi interamente a bordo di uno Shinkansen giapponese — un “treno proiettile” —, lungo una delle nove linee che permettono di viaggiare in tutto il Giappone, in questo caso, da Tōkyō a Morioka in due ore e mezza.
Il treno arriverà sicuramente in orario, visto che siamo in Giappone, ma il viaggio, come suggerito dal titolo, non sarà stato certo tranquillo. I passeggeri a bordo non sono molti — più della metà dei posti disponibili risulta ancora libera — ma la maggior parte di loro sembra coinvolta, in un modo o nell’altro, in uno schema criminale che sarà completamente visibile al lettore solo alla fine.
I “sette killer” formano un gruppo molto eterogeneo e la loro presenza contemporanea sullo Shinkansen non può essere casuale.
Kimura sale sul treno con una pistola e l’intenzione di uccidere Satoshi Oji, il “Principe”, un adolescente, apparentemente innocuo, responsabile del grave incidente che ha coinvolto il figlio Wataru di sei anni. In realtà, il quattordicenne è un vero psicopatico e riesce a ribaltare velocemente la situazione così da ricattare Kimura: se non vuole che qualcuno uccida Wataru, ricoverato in ospedale, dovrà eseguire ogni suo ordine.
Poi c’è la coppia di sicari Mikan e Lemon, “Agrumi”, che salgono a bordo non solo con il figlio di Yoshio Minegishi — uno dei più spietati quanto famosi criminali, sul quale circolano storie terrificanti — ma anche con una valigia piena di denaro. Il figlio di Minegishi è stato rapito e Mikan e Lemon lo hanno liberato, seguendo alla lettera semplici e chiare istruzioni: “Salvate mio figlio!”, “Riportatemi il riscatto!”, “Ammazzate tutti quei bastardi!”.
Purtroppo, la situazione sfugge loro di mano e dovranno risolvere ben due problemi: il primo, riguarda lo stato di salute del ragazzo, mentre il secondo riguarda la sparizione della valigia.
Nanao, invece, ha un compito apparentemente facile: prendere una valigia e scendere dal treno alla fermata successiva. Eppure, in tutti i lavori accettati nei cinque anni precedenti, ha dovuto affrontare situazioni gravi e guai imprevisti. Maria, da cui l’uomo, che si ritiene perseguitato dalla sorte, riceve ordini per telefono, ha liquidato il lavoro come “semplice semplice”, ma il pessimismo di Nanao si rivela più che fondato. È per questo che trova insopportabile che qualcuno dell’ambiente lo chiami "Coccinella", anche se per uno come lui potrebbe essere beneaugurante.
Sul treno, ci sono anche altri due assassini, il Lupo e il Calabrone, con obiettivi e metodi diversi.
I capitoli si concentrano sulle vicissitudini dei vari protagonisti: tutti sembrano avere qualcosa a che fare con Minegishi, e tutti hanno delle peculiarità.
Oltre allo sfortunato Nanao, sempre pronto a fronteggiare ogni evenienza, c’è la strana coppia dei “killer gemelli”, Mikan e Lemon: il primo, riflessivo e preciso, è una sorta di intellettuale, mentre il secondo, precipitoso e facilone, è ossessionato da una storica serie TV per bambini con protagonista il Trenino Thomas, di cui conosce ogni dettaglio.
Kimura ha una brutta storia di fallimenti e di alcolismo alle spalle, ma dopo la l’incidente di suo figlio ha deciso di cambiare vita.
Il Principe, invece, nonostante i suoi quattordici anni, è forse il personaggio più inquietante. È un amorale, un freddo calcolatore e un manipolatore responsabile di una serie di azioni orribili. Il suo “rapporto” con Kimura risale al passato e una serie di flashback spiega i motivi per cui ha preso di mira suo figlio, spingendolo giù dal tetto di un grande magazzino.
I sette killer dello Shinkansen è, naturalmente, un thriller — aleggia per tutto il viaggio la domanda: “Chi ha ucciso, e perché?” —, denotato però da una forte componente comica che, in alcune scene paradossali, rasenta la farsa.
Ciò è dovuto sia alle circostanze — come il passaggio di mano in mano della valigia con il riscatto —, sia alle situazioni create dagli stessi protagonisti.
Le motivazioni sono diverse, ma si intuisce presto che gli incarichi individuali sono connessi tra loro. Su tutti domina ed esercita la sua influenza la figura di Minegishi, con la sua pessima reputazione: un’ulteriore minaccia per chi sta miseramente fallendo la missione per cui è stato pagato.
Il treno, entrato da tempo nell’immaginario letterario, con gli ambienti chiusi e definiti dei vagoni, non è il semplice contorno all’azione, ma struttura in maniera decisiva tutta la vicenda.
Il romanzo funziona proprio perché il lettore è concentrato su ciò che accade durante la corsa sfrenata verso Morioka e sa che l’arrivo alla stazione non rappresenta semplicemente la fine di un viaggio: tutti i protagonisti, in fondo, sono in moto verso una meta, verso il compimento del proprio destino — tutti avranno più o meno ciò che si meritano —, chiusi in una dimensione claustrofobica dove follia, vita e morte si intrecciano.
Scenario privilegiato di numerosi romanzi, spesso inquietanti e carichi di paura, il treno è stato scelto anche da molti registi: il film tratto da I sette killer dello Shinkansen è in uscita nei prossimi mesi con il titolo Bullet Train. Un divertente film d’azione diretto da David Leitch, con Brad Pitt e, fra gli altri, Joey King, Sandra Bullock e Hiroyuki Sanada, che contribuirà sicuramente a consolidare il successo di Isaka Kōtarō.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: I sette killer dello Shinkansen
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