Dal 16 ottobre le sale cinematografiche italiane hanno dato il via alla proiezione de "Il giovane favoloso", l’attesissimo film di Mario Martone sulla vita di Giacomo Leopardi. La pellicola, di grande impatto emotivo, snoda nei 137 minuti di tempo a disposizione tutta la sofferenza, la gioia, la dolcezza e l’amarezza che hanno fatto dell’esistenza di Giacomo Leopardi un capolavoro di poesia, messo poi su carta dal recanatese stesso.
All’interno del film di Martone, però, ci sono elementi che esulano dal semplice sapere accademico sulla vita del Leopardi (interpretato da un fantastico Elio Germano). In ciò risiedono l’originalità e la grandezza del film.
Martone evidenzia il rapporto che Giacomo ebbe con Monaldo, padre che, come ben sappiamo, fu severo ed autoritario, ma anche infinitamente tenero ed affettuoso nei confronti di quel figlio complesso e introspettivo. Sottolineando questo dolce sentimento, il regista è riuscito anche a portare sul grande schermo un Giacomo inedito: non solo il Leopardi dei Canti e degli Idilli, ma anche il Giacomo filologo e soprattutto il Giacomo ribelle, rivoluzionario, dando ampio spazio alla corrispondenza che ebbe con Pietro Giordani.
Ed infine la figura di Adelaide Antici Leopardi: una figura che nell’immaginario collettivo risulta quasi evanescente, mentre invece Martone, pur operando la scelta di non far apparire di frequente questa madre anaffettiva e ferocemente cruda, è riuscito nell’intento di dare una descrizione molto più realistica di quanto i libri scolastici abbiano mai dato. A tal proposito nelle biografie leopardiane, a partire dalla "Vita di Giacomo Leopardi" di Chiarini, passando per "All’apparir del vero" di Damiani, ed infine approdando al "Leopardi" di Pietro Citati (Mondadori, 2010), tutti questi elementi vengono esplicitati in modo ordinato, approfondito e dettagliato.
Proprio all’interno della biografia di Citati troviamo un intero capitolo dedicato a Monaldo e Adelaide, i genitori che forse hanno la colpa, la più grande di tutte, di non aver ben compreso l’ardore e la passione che contraddistinguevano quel "giovane favoloso" che un giorno sarebbe diventato famoso in tutto il mondo per le sue opere.
"Il reazionarissimo conte Leopardi era un uomo dei suoi tempi: un discendente di Rousseau e di Alfieri. (...) Voleva imporsi, comandare, guidare. Era persuaso di esser sempre nel vero, sebbene non raccogliesse che fallimenti. Se falliva, la colpa non era sua, ma della realtà sciocca o degli uomini sciocchi".
Questo è il Monaldo di Citati, il Monaldo che, ad ogni modo, emerge anche dal film di Martone, ma c’è anche il Monaldo che aiuta Giacomo a tagliare la carne a tavola (Giacomo non usava mai il coltello per spezzare i cibi, altro particolare sui cui il regista si sofferma e che è presente solo nei testi di approfondimento sul poeta di Recanati), il Monaldo che sprona il figlio a diventare un grande uomo di studi e che, nonostante i limiti e i pregiudizi che lo marmorizzano, crede in quel giovane afflitto da gravi malattie fisiche e da somma infelicità esistenziale.
"Nella madre" - continua Citati - "un mostruoso cristianesimo si alleava con una ragione egualmente mostruosa. Non c’era dubbio: spesso la madre diceva ai figli la nuda verità. Ma Leopardi preferiva l’amabile velo che cela la verità: quel velo che la sua madre vera, Monaldo, distendeva dolcemente davanti ai suoi passi".
Questa era la realtà dei fatti, la stessa realtà che Martone ha avuto il coraggio e l’accortezza di riportare su grande schermo: Adelaide, l’ottusa Adelaide, la fervente cristiana che si rallegrava per la morte, per il momento in cui Dio richiama a sé le proprie creature. Adelaide contabile, Adelaide amministratrice dell’eredita dei Leopardi, Adelaide dal cuore di ferro e dall’instacabile severità di gesso.
"Naturalmente aveva le chiavi alla cintola, simbolo del suo potere assoluto su tutte le stanze, le dispense, le cantine, i bugigattoli".
Un testo, dunque, quello di Citati (così come probabilmente anche quelli di Chiarini e Damiani) che certamente sarà stato di grande aiuto a Mario Martone, che ha magistralmente ed elegantemente messo a disposizione del grande pubblico un Giacomo Leopardi nuovo, inquieto, fragile ma anche profondamente bisognoso di amore e alla continua ricerca della Verità, che risiede nel Dubbio.
Se Citati ci ha regalato una biografia romanzata assolutamente piacevole alla lettura e di grande spessore contenutistico, Martone, non da meno, ha realizzato un film sulla vita del poeta recanatese da 10 e lode.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: I volti de “Il giovane favoloso” Giacomo Leopardi: da Martone a Citati
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