Il Signore delle Mosche
- Autore: William Golding
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Mondadori
Un incidente aereo e una dozzina di ragazzini, di età diverse, ma tutti del medesimo Paese, si ritrovano dispersi su un’isola deserta. Il contesto è indefinito: si sa che i giovani sono inglesi ma non dove siano finiti (si ipotizza l’Oceano Pacifico); si ignorano i motivi del disastro aereo, forse un conflitto; è difficilmente databile, ma si parla di bombe atomiche e c’è una guerra in atto.
L’isola in cui i giovani si trovano è un piccolo paradiso: vegetazione rigogliosa, frutta facile da cogliere, una piccola "piscina" venutasi a creare naturalmente nei pressi della spiaggia e selvaggina. I ragazzi sono coraggiosi e riescono a costruire una piccola società, eleggendo un capo, proclamando assemblee, dividendo i compiti. Unica priorità tenere acceso un fuoco, il cui fumo possa fare da segnale per un eventuale salvataggio.
Ma le basi su cui l’organizzazione è stata creata si dimostrano tutt’altro che stabili. La paura inizia lentamente a farsi strada, contagiando alcuni dei ragazzi, costringendoli a cercare qualcosa che li liberi dal terrore come i giochi dapprima, la caccia, la violenza poi. Regrediscono ad uno stato tribale o forse torna alla luce quello che si cela in ogni essere umano, coperto da una patina di civiltà e progresso.
"Il Signore delle Mosche" è l’opera prima di William Golding, vincitore del premio Nobel nel 1983, ma anche punto di riferimento per i libri successivi, nei quali si possono trovare diversi punti in comune. Sopra ad ogni cosa una visione della società improntata al pessimismo ed una scarsa fiducia verso la convivenza pacifica dell’uomo. D’altra parte la frase in cui Golding amava riconoscersi è:
"L’uomo produce il male, come le api producono il miele".
Il signore delle mosche. Nuova ediz.
Amazon.it: 12,82 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il Signore delle Mosche
Lascia il tuo commento
William Golding nacque nel 1911 nella zona più occidentale dell’Inghilterra, la bella e suggestiva Cornovaglia.
Condusse i suoi studi ad Oxford e in un primo momento si dedicò all’insegnamento ma con l’avvento della Seconda Guerra Mondiale decise di arruolarsi in marina e partecipare attivamente al conflitto mondiale prendendo parte anche allo sbarco in Normandia nel 1944.
Terminata la guerra ritornò alla sua passione per la scrittura e nel 1983 fu insignito del premio Nobel per la letteratura.
Il suo mantra era " l’uomo produce il male come le api producono il miele" e questa idea profondamente negativa dell’animo umano meglio la esplica nelle sua opera "Il signore delle mosche".
Lo sfondo storico del romanzo,non a caso, è la Seconda Guerra Mondiale.Mentre nel resto del globo si sta combattendo il cruento conflitto,vi è un aereo che cade nel cuore del Pacifico su una piccola isola deserta e da questo disastro sopravvive solo un piccolo gruppo di ragazzi che si trova improvvisamente senza il ferreo controllo degli adulti.
Ralph, Piggy, Jack, Eric, Sam, Simone e Ruggero sono i giovani protagonisti dodicenni di queste avvincenti e coinvolgenti pagine.
In un primo momento la felicità della libertà guida le loro giornate ma poi si rendono conto che per sopravvivere lì,tutti insieme, occorrono regole che richiamino all’ordine e alla tanto odiata società degli adulti e sarà proprio la pretesa di ristabilire l’ordine e le gerarchie che rappresenterà,poi, l’inizio della fine.
L’autore si è "servito" dei bambini,per eccellenza buoni e puri di cuori, per sviscerare la brutalità dell’animo umano che lasciato libero fa prevalere l’istinto primordiale, la propria sopravvivenza a discapito di tutti gli altri, senza mai sensi di colpa o tentennamenti.
Piccoli bambini che si trasformano in assassini pur di sopravvivere, la legge del più forte la fa da padrone.
Spietatezza, prepotenza e violenza hanno la meglio sulla innata innocenza e bontà che dovrebbero caratterizzare l’animo puro e casto dei protagonisti.
In modo crudo e diretto Golding ci chiama a riflettere e ragionare sulle nefandezze dell’animo umano che in assenza di leggi e regole si lascia andare ad un completo imbarbarimento e si ritorna ai vecchi istinti primordiali, selvaggi e primitivi.
Il signore delle mosche è un romanzo dai toni duri e sentenziosi e talvolta alcuni passaggi risultano difficile da digerire, ci viene messa dinanzi una realtà non facile da accettare ma il tono incalzante della narrazione ci fa leggere avidamente ogni riga per scoprire se effettivamente l’animo umano è costellato da tanta spietatezza e violenza.
"Ralph piangeva per la fine dell’innocenza, la durezza del cuore umano" questa una delle frasi finali che mi ha maggiormente scosso, obbligandomi a riflettere sull’uomo e sulla sua natura composta da mille sfaccettature che troppe volte ignoriamo.
Può essere davvero così difficile scalfire l’animo e penetrare sino al nostro cuore?
IL SIGNORE DELLE MOSCHE, di William Golding – Recensione di Giuseppe Antonio Nardo
Per capire il messaggio che William Golding vuole trasmettere con il suo romanzo, bisogna ricordarne innanzi tutto la genesi. L’idea infatti è venuta al suo autore dopo un esperimento didattico messo in atto nella scuola in cui egli insegnava. “Su iniziativa del direttore, le classi di quarta elementare erano state divise in due gruppi e mentre uno di loro faceva da arbitro e un adulto da supervisore, si dibatteva una questione; un giorno Golding pensò di spingere oltre questo esperimento: decise di uscire dall’aula e di dare alla classe piena libertà. Le sue pessimistiche previsioni trovarono conferma: dovette affrettarsi a rientrare in classe per impedire che la situazione degenerasse nel caos e nella rissa aperta.”
il romanzo che nasce da questo esperimento è Il signore delle mosche pubblicato nel 1954.
La vicenda è nota. Un gruppo di studenti britannici, in seguito ad un disastro aereo viene abbandonato su di un’isola tropicale durante un conflitto planetario. Dopo i primi tentativi coronati da successo di dare vita a una società organizzata e democratica, le tensioni all’interno del gruppo esplodono drammaticamente e si deteriorano rapidamente sino alle estreme conseguenze.
Sicuramente il romanzo va interpretato in chiave filosofica. È una metafora: l’Autore rappresenta il tentativo compiuto dall’uomo di fondare un organismo politico che favorisca e consenta una convivenza il più possibile civile. Uno Stato appunto.
Due sono i modelli prospettati in questa meravigliosa ma distopica favola:
a) il modello rousseauiano, la democrazia diretta, legata al mito del buon selvaggio, in cui prevale il “postulato della pietà” incarnato da Ralph e dal suo consigliere Piggy;
b) il modello hobbesiano della bramosia naturale, del leviatano simboleggiato da Jack e dai suoi seguaci.
Ma ciò che colpisce leggendo il libro è l’accentuato pessimismo dell’Autore secondo il quale “l’uomo produce il male come le api producono il miele”. Golding è convinto infatti che in ognuno di noi ci sia sin da bambini qualche cosa di violento e di cattivo, un male interiore. “Una bestia”, “Un signore delle mosche” appunto.
Ed è proprio a tal proposito che le riflessioni di Golding sulla natura umana sono di un’attualità sconcertante. Oggi quel lume della ragione, esaltato da tutti i più autorevoli pensatori, appare fioco e quasi del tutto spento. L’uomo continua ad uccidere, così come ha fatto nel corso di tutta la sua storia; continua purtroppo a mettere in atto tutta la sua aggressività e la propria violenza; continua ad essere homo homini lupus. L’uomo è ancora, come dice Quasimodo nella sua attualissima poesia Uomo del mio tempo,” quello della pietra e della fionda.”
Qual è l’intento di Golding?
Attraverso le vicende descritte mirabilmente nel romanzo egli vuole dimostrare la necessità di regole democraticamente stabilite e da tutti osservate se si vuole pervenire ad una convivenza socialmente accettabile. Egli raffigura in maniera artisticamente impeccabile quelli che sono i tratti della natura umana al fine di dare una risposta, di trovare una via d’uscita al dilemma: modello hobbesiano o rousseauiano? Una bieca dittatura, il Leviatano appunto, o una sovranità esercitata da tutto il popolo?
Mirabile è la descrizione del buon selvaggio che via via si trasforma in homo homini lupus. Nel romanzo viene sottolineato a più riprese che all’arrivo dei ragazzi, sull’isola regna uno stato di felicità e di benessere. Inizialmente quel Jack che poi subirà una radicale trasformazione, afferma: “L’isola è tutta per noi ...ci procureremo del cibo, andremo a caccia…” e Ralph: “Si rivolse agli altri con gli occhi lucenti... Gli occhi scintillarono di nuovo nell’ombra in una solenne comunione... Ralph espresse l’intensità della sua gioia buttandosi per gioco su Simone e rotolando con lui nell’ombra del sottobosco in un groviglio ansante, felice…tutto intorno fiori, farfalle… gli occhi lucenti, la bocca aperta, trionfanti essi assaporavano la gioia del dominio. Si sentivano allegri, si sentivano amici… La condizione iniziale richiama alla mente l’isola di corallo, omonima opera ottocentesca dello scrittore britannico Robert Michael Ballantyne in cui si evoca un paesaggio di incantevole bellezza. Ma ad un certo punto i rapporti si guastano. Oltre a Ralph, lo stesso Jack ammette” … c’è qualcosa che non va. Non capisco perché. Avevamo cominciato bene, eravamo felici. E poi…poi la gente ha cominciato ad avere paura.” E iniziano a parlare di fantasmi e di una bestia che si aggira per la foresta nonostante Piggy, affermi che nella foresta non c’è nessuna bestia e inviti gli altri a non avere paura perché’ “la vita è scientifica”.
Dopo l’intesa e la buona amicizia iniziale, quindi, gradualmente tutto cambia: quella che era un’isola paradisiaca diventa un’isola infernale (non è la vicenda dell’uomo sul nostro pianeta?). I ragazzi iniziano a litigare anche in maniera violenta; l’uomo da buon selvaggio alla maniera di Rousseau diventa homo homini lupus alla maniera di Hobbes. Incominciano ad avere paura di non farcela, di non avere sufficienti mezzi per soddisfare i naturali bisogni primari e allora i più forti e i meglio attrezzati, capeggiati da Jack, si impongono sugli altri. Il possesso di un coltello (simbolo della proprietà dei mezzi di produzione come direbbe Marx), che permette di fabbricare le lance, consente a Jack di dettare legge: al leader saggio e giudizioso democraticamente eletto subentra l’uomo forte; alla democrazia diretta di Rousseau si sostituisce il leviatano di Hobbes; l’isola viene messa a fuoco nell’ insano gesto di scovare ed eliminare definitivamente Ralph e tutto ciò che lui simboleggia. Jack dà inizio alla rivolta gridando:” …chi se ne frega delle leggi! Noi siamo forti …siamo cacciatori.” Il buon selvaggio che vive felice a contatto con la natura perché riesce a soddisfare i bisogni primari si trasforma in homo homini lupus perché in possesso dei mezzi con cui si procura il cibo necessario per la sopravvivenza.
Non c’è via d’uscita per l’uomo. La sua natura maligna e violenta finisce per riemergere e per prevalere in continuazione: il lume della ragione, simboleggiato da Piggy, viene gradualmente spento: Piggy, in cui qualcuno ha voluto vedere il filosofo platonico del mito della caverna che esorta i compagni a liberarsi dalle catene ed uscire fuori alla luce del sole dove avrebbero potuto cogliere la vera realtà delle cose, prima viene privato di una lente e poi degli interi occhiali, che gli permettevano di vedere dove o cose che gli altri non riuscivano o non volevano vedere. Ed infine ucciso. Senza pietà alcuna, anzi con corale sadismo e intimo piacere, proprio mentre Ralph sta invitando ancora una volta tutti “a ragionare, stare uniti d’amore e d’accordo visto che forse avrebbero dovuto invecchiare su quell’isola.”
Lapidaria ed emblematica è la scena finale del romanzo, “…il suo pianto risuonava sotto il fumo nero, davanti all’incendio che distruggeva l’isola, e presi dalla stessa commozione anche gli altri bambini cominciarono a singhiozzare. In mezzo a loro, col corpo sudicio, i capelli sulla fronte e il naso da pulire, Ralph piangeva per la fine dell’innocenza, la durezza del cuore umano, e la caduta nel vuoto del vero amico, l’amico saggio chiamato Piggy.” Tale scena corrisponde all’ultima immagine di un film quella che suggella tutto il contenuto e racchiude il suo più autentico messaggio: la morte di Piggy, il sonno della ragione (Goya, Guttuso) da lui simboleggiata genera mostri. I malconci superstiti fanno ritorno tra quegli adulti che stanno combattendo una guerra altrettanto insensata e suicida.
Questa sembra volerci dire Golding è la genesi della guerra, di tutte le guerre!
Milano, 10/08/2024