Il bardo psichedelico di Neal. Romanzo immaginario su un istante: a spiritual occasion
- Autore: Dianella Bardelli
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2012
Siete stati sull’ottovolante, no? Se mi passate il traslato, la frequentazione delle pagine del libro “Il bardo psichedelico di Neal” di Dianella Bardelli (Vololibero, 2012) evoca molto da vicino l’esperienza: per le rapide emozionali cui ti “costringe” e ti lega, per l’alternanza dei climi narrativi, per i cambi di passo, perché - superato l’impatto felicemente frastornante - vorresti ripetere l’esperienza ancora e ancora, e non smontare più dal carrello della storia. In altre parole, il romanzo perfetto per chi ha a cuore le sorti della narrativa anti-mainstream (quella menefreghista delle comparsate tv, convintamene underground, con molto da dire e da dare): un romanzo avventuroso, introspettivo, filosofico, drammatico, poetico, suggestionante, scritto benissimo.
Comincia come un classico on the road, nel bel mezzo di una landa messicano-metafisica; prosegue in forma di trip psichedelico; si avvoltola in chiusura nei pressi di coordinate simil-biografiche. Il plot è imbastito sulle ultime ore di Neal Cassady (uno dei nomi-simbolo della beat generation), attorno a cui si coagulano e svaporano i topoi del suo mondo-paradigma: fenomenologie lisergiche, dialoghi vissuti e immaginati, fantasmi di donne varie ed eventuali, strade su strade, corse, poesia; e c’è finanche un autobus per nessun dove, sul quale stanno viaggiando i compagni perduti (rinsaviti?) Jack Kerouac e Allen Ginsberg. Come in un estremo gioco di rimandi e scambi (Dianella Bardelli è una sapiente estimatrice di letteratura beat) i nodi focali e quelli irrisolti di una vita controvento trovano la loro trasfigurazione nell’ultimo viaggio mentale (anfetaminico) di Neal, prossimo alla morte e al bardo della ri-nascita. Un romanzo sui generis, fratto, immaginifico - illustrato con disegni in puro psichedelic-style da Matteo Guarnaccia - consigliabile come antidoto alla melassa buonista delle classifiche natalizie. Gli stralci narrativi che seguono servono a darvi un’idea anche sulla “musicalità” di cui è provvisto:
“Jack, disse Neal, guardandolo fisso, l’hai poi visto Dio? Tutta la vita hai aspettato di vederlo. L’hai poi visto? No, disse secco Jack, ma lo sento nel silenzio di casa mia” (pag. 53-54);
“Mi ricordo che una volta mi hai detto una frase che mi fece trasecolare tanto era esagerata, esordì Neal. Ma tu, Jack sei sempre stato esagerato, sai cosa mi hai detto? Mi vergogno a dirtela adesso questa frase perché magari non è più così per te e magari ti sei perfino pentito di avermela detta e perfino di averla pensata. Lo sai…insomma lo sai…te lo ricordi quando mi hai detto: e adesso tu occupi i miei pensieri tutto il tempo? Mi hai detto proprio così: e adesso tu occupi i miei pensieri tutto il tempo” (pag. 63-64).
Quando le parole “suonano” a questo modo non resta, per una volta, che imitare i critici più raffinati e scrivere: chapeau.
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