Il caso dei cioccolatini avvelenati
- Autore: Anthony Berkeley
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Straniera
Pubblicato nel 1929, con Il caso dei cioccolatini avvelenati (edizione italiana Polillo editore, 2002 trad.F. Stignani) Antony Berkeley dà vita a uno dei migliori gialli mai scritti, con una trama originale e ben orchestrata. Scrittura elegante ma semplice, ambientazione raffinata in un club del crimine londinese. Anche il delitto è fine: niente sangue o violenza, solo una scatola di cioccolatini avvelenati. Dialoghi arguti conditi da ironia che rendono questo libro piacevolissimo. Oltre che un romanzo, Berkeley ci regala ciò che può essere definito un saggio sulle tecniche investigative.
Trama - Sir Eustace Pennefather riceve una scatola di cioccolatini recapitata al Rainbow Club come omaggio da parte della ditta Mason & Son. A lui i cioccolatini non piacciono e decide di regalarli a un altro membro del club, Bendix, che lo ringrazia poiché, avendo perso una scommessa con la moglie, avrebbe dovuto comprarle proprio una scatola di cioccolatini. A casa lui ne mangia un paio e si sente male, la moglie ne mangia un po’ di più e muore. Avvelenamento da nitrobenzolo. La polizia non ne viene a capo e chiude il caso.
Sir Roger Sheringham (che diverrà l’investigatore protagonista di successivi romanzi di Berkeley). fondatore e presidente del Circolo del Crimine, propone ai suoi sei membri di indagare sul caso e di provare a risolverlo.
I personaggi sono scrittori di libri gialli, una commediografa, un avvocato, tutti esperti di criminologia con doti logico-deduttive sopra la media. Ognuno a suo modo potrà svolgere indagini partendo dai primi indizi che l’ispettore Moresby accetta di fornire.
Ne vengono fuori sei soluzioni diverse, tutte possibili e tutte supportate da prove. Ognuno di loro usa un metodo di indagine e un ragionamento diverso: chi usa un metodo deduttivo, chi un metodo induttivo, chi valuta più importante l’aspetto psicologico, chi pone più attenzione al veleno e chi al carattere della vittima. Ciò che stupisce sia il lettore sia i personaggi stessi è che ognuno partendo dallo stesso fatto riesce a trarre deduzioni diverse, interpretandolo in modo differente. Dando, inoltre, più peso ad alcuni fatti o prove piuttosto che ad altri, la visione d’insieme cambia fino a rovesciare la veridicità degli stessi. Quindi uno stesso caso visto da angolazioni diverse in cui i protagonisti giocano a trovare falle nel ragionamento degli altri fin quasi a “smontarlo” del tutto, si prendono in giro tra loro per le mancanze o si complimentano per aver tratto una sagace deduzione.
Un giallo vecchio stampo che si colloca perfettamente negli anni d’oro del genere, ma stupisce e affascina per la struttura innovativa. C’è da notare inoltre, come Berkeley avanza l’ipotesi della fallibilità degli investigatori nei libri gialli, ci svela che è lo scrittore a dare al lettore le prove che supportano la soluzione del caso e, se da quelle prove si trae una deduzione, questa deve essere necessariamente giusta. Un piccolo inganno al lettore che uno dei protagonisti, Chitterwick, rimprovera agli scrittori:
“…in questi libri si presume che da un singolo fatto sia possibile trarre una sola deduzione, invariabilmente quella giusta. Non è possibile giungere ad alcuna soluzione che non sia quella proposta dall’investigatore di turno…”
Trucco che proprio uno scrittore di gialli non esita a confessare, il personaggio forse più irriverente dallo pseudonimo altisonante, Morton Harrogate Bradley:
“Nella letteratura, come nell’arte in generale, la prova diventa una questione di scelta. Sapendo quali elementi lasciare e quali togliere si può provare praticamente tutto. Lo faccio in tutti i miei libri”
Per chi ama il genere tradizionale, tuttavia, si assicura che un colpevole alla fine viene fuori ed è uno solo.
Il caso dei cioccolatini avvelenati
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