Il casolare dell’inganno. Un eccidio dimenticato nell’Abruzzo del 1944
- Autore: Daniele Astolfi
- Genere: Storie vere
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2023
Guerra partigiana in Abruzzo ottant’anni fa, lotta contro l’occupazione nazista, ma non è una storia edificante quella scoperta, ricercata e investigata da Daniele Astolfi. S’inquadra tra conflitto, follia e barbarie, sostiene il giornalista pubblicista di San Giovanni Teatino (Chieti).
Dopo sillogi di poesie e un romanzo nel 2022, ha dato da poco alle stampe un lavoro tra il saggio storico e il racconto, Il casolare dell’inganno. Un eccidio dimenticato nell’Abruzzo del 1944, pubblicato dalle Edizioni chietine Solfanelli (ottobre 2023, collana Faretra, 156 pagine).
Nella primavera del 1944, il fronte italiano che contrapponeva l’esercito germanico agli anglo-americani era ancora fermo lungo la linea Gustav, da Ortona sull’Adriatico alla costa sud laziale del Tirreno, passando per la roccaforte di Cassino e l’abbazia benedettina, distrutta dai bombardamenti alleati a febbraio. Dietro le linee arroccate sull’Appennino Sannita e nella valle del Liri, i Tedeschi controllavano il territorio italiano occupato, disturbati dalla guerriglia partigiana, soprattutto in Abruzzo.
Martedì 2 maggio, era tardo pomeriggio quando nella radura di Colletto Rosso risuonarono pianti, urla e spari, in contrada Pietragallina, nella zona di Collemesole, ad Arsita, ai piedi del monte Camicia, nel Teramano. Un luogo solitamente tranquillo, era stato profanato da un terribile misfatto, denuncia Astolfi: vi si era consumato l’eccidio di Collemesole.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, soldati polacchi della Wehrmacht controllavano il territorio ed effettuavano requisizioni, specie di generi alimentari. Collaborava con loro il capo delle guardie municipali di Arsita, Emidio Creati, un uomo rigido, zelante, ligio al dovere, sul quale giravano maldicenze di collaborazionismo.
La moglie Ginevra era sempre più preoccupata, conoscendo il carattere del marito e notando l’attività delle formazioni partigiane, che nei monti circostanti intensificavano le azioni contro i Tedeschi e i fascisti. Si distinguevano la banda di Ammazzalorso Rodomonti e i giovani universitari del Partito d’azione. Agivano anche qualche detenuto evaso ed ex prigionieri slavi e maltesi, fuggiti dai campi di concentramento.
L’esigenza di procurarsi del cibo spingeva i partigiani a gravare sulla popolazione civile, già schiacciata dai Tedeschi, che commettevano le azioni efferate registrate nell’Atlante delle stragi naziste e fasciste.
A fine aprile 1944, arrivò in Comune la denuncia di un furto di legna forestale e il podestà inviò in montagna tre militi a investigare sull’abbattimento degli alberi: il capo Creati, il vigile Florangelo Di Stefano e Florindo Di Mattia.
Secondo Astolfi, era un piano dei partigiani di Spyro per attirarli e catturarli, con l’aiuto di una famiglia locale.
Li ritrovarono sei giorni dopo, uccisi. I corpi, in avanzato stato di decomposizione, erano mutilati e presentavano segni di sevizie:
gli organi genitali tagliati e infilati nelle vie orali.
Qualche giorno avanti, gli slavi eliminarono anche Vincenzo, il capofamiglia dei Domenicone, che pure aveva attirato il trio nel casolare dell’inganno, dove avevano fatto irruzione gli uomini di Spyro.
Il capobanda volle punire così la piena testimonianza resa dalla moglie di Vincenzo alle autorità fasciste.
L’autore delle ricerche non mette in discussione il valore della Resistenza antifascista. È merito della lotta partigiana se un Paese piegato da vent’anni di dittatura mussoliniana ha riscattato l’alleanza con Hitler e scelto la strada della democrazia, scrivendo la straordinaria Costituzione repubblicana.
L’Atlante delle stragi naziste e fasciste nel Teramano ha completato un lavoro storico rigoroso e minuzioso. Difficile invece trovare uno studio analitico sulle azioni violente “praticate dai partigiani, in particolare dagli slavi”, scrive Astolfi. Per questo l’autore dice di aver voluto intraprendere un’indagine per esplorare:
L’altro mondo, fatto anch’esso fatto di dolori atroci che hanno purtroppo riguardato numerose famiglie.
Perché l’eccidio di Collemesole non è rivendicato dalla storiografia come una delle tante imprese partigiane esemplari, si chiede? Perché non si è mai indagato a fondo?
Eppure, se si consultassero i documenti disponibili negli archivi ufficiali e si ascoltassero testimoni attendibili, una visione di verità affiorerebbe.
Nella presentazione, lo scrittore, poeta e sociologo pescarese Giancarlo Giuliani riflette sul “forte desiderio di verità”, sul bisogno di conoscere i fatti e le cause, che ha spinto l’autore a ricostruire un evento poco noto, ma significativo, in tempi nei quali la natura umana ha dato anche il peggio di sé.
Il lettore viene guidato tra i misteri, le mille cose non dette attorno a una storia terribile, l’uccisione e lo scempio compiuto su quattro uccisi.
Tre di loro, a quanto risulta, non avevano alcun profilo di colpevolezza, svolgevano con impegno e onestà il proprio compito.
A sostegno, Astolfi riporta numerose testimonianze e aggiunge documenti raccolti con metodo.
Ne deriva un racconto a incastri, in cui opinioni e commenti si inseriscono nel racconto, in cui non mancano commoventi accenni al dolore e al dramma delle famiglie delle vittime.
Se tanti hanno parlato, in particolare i familiari, “stupisce la reticenza di alcuni testimoni”, che anche distanza di decenni preferiscono mantenere l’anonimato. È certo che il libro di Daniele Astolfi farà ancora discutere.
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