

Il ciclo della vita. Tradizioni e credenze di San Marco in Lamis
- Autore: Grazia Galante
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2022
Ancora decenni fa, per grazia ricevuta, i bambini del Sud vestivano da santi. Ci sono due pagine e più di foto di maschietti con i sai di Antonio e femminucce con la tonaca o eleganti vesti spagnolesche a lutto della Madonna Addolorata, nel libro Il ciclo della vita. Tradizioni e credenze di San Marco in Lamis.
Pubblicato in autunno da Andrea Pacilli Editore di Manfredonia (novembre 2022, 272 pagine), è la più recente fatica della professoressa Grazia Galante, insegnante emerita (anche al nord) e dopo la quiescenza ricercatrice appassionata di tradizioni popolari locali della sua San Marco, cittadina sul promontorio pugliese del Gargano che ha dato i natali a letterati come Pasquale Soccio (1907-2001) e il poeta, latinista e traduttore italo-newyorkese Joseph Tusiani (1904-2020).
Decisamente ampia la bibliografia della docente di lettere italiane e cultrice di vernacolo locale. Su Sololibri.net, i lettori hanno incontrato Il Gargano in tavola (2018), La Vadda de Stignane e altri canti popolari di San Marco in Lamis (2020) e Filastrocche Scioglilingua Brindisi Indovinelli di San Marco in Lamis (2021). Fanno affidamento tutti in gran parte a fonti orali e insieme all’attuale costituiscono esempi perfetti dei metodi e degli obiettivi dell’autrice sammarchese.
Come osserva nella prefazione Grazia Stella Elia, poetessa originaria della stessa provincia di Foggia e a sua volta già insegnante:
è un libro di grande interesse non solo per i Sammarchesi e i Garganici, ma per chiunque voglia leggere in queste pagine lo scorrere della vita in una località montana dalle forti radici intrecciate tra religiosità e popolarità, tra onesto buonsenso e aderenza ai tabù.
Il volume è accompagnato da oltre duecento fotografie, concesse dalle famiglie del paese e legate ai temi trattati. Venti i disegni, per mano di Giuseppe Ciavarella e di altri due artisti, Annalisa e Donato Nardella, collaboratori assidui di Grazia Galante.
Che sapore di cose di una volta in questo libro, come nei precedenti. La ricerca dell’autrice copre l’intero ciclo della vita, ripreso nei capitoli, dalla nascita al matrimonio alla morte, con uno sguardo alle usanze, alle credenze e alle superstizioni.
Come sempre, non è un’operazione “nostalgia”, è un invito a ricordare e un’occasione per farlo. Non è ritornare in un passato “attanagliato dalla miseria e in molti casi dalla fame”, ma ritrovare un mondo di persone semplici o conoscerlo, per quanto riguarda i giovani. Una comunità in cui non si era mai soli, perché si condividevano gioie e problemi di tutti.
Un paese fatto di famiglie e di botteghe, di attività artigiane e manuali: tutto andava prodotto a mano, non esisteva il bello e pronto, tanto meno il prêt-à-porter. Ci si nutriva con i frutti di stagione, coltivati in zona. Si tralasciava il superfluo e si badava all’essenziale, privilegiando i valori, saldissimi, il lavoro, l’onestà, quelli familiari, religiosi, relazionali, il rispetto per gli anziani.
Tra le innumerevoli curiosità, qualche particolare in più sui bimbi vestiti da santo, almeno un giorno alla settimana. Quasi tutte le mamme, per un voto o per guadagnare la protezione divina, vestivano i figli con un abito copiato dalle statue dell’intercessore cui erano devote. Bambini e bambine infilavano il saio nero col cordone bianco del santo di Padova o quello di san Ciro medico, marrone col mantello.
Quando i piccoli tardavano a parlare andavano vestiti come san Biagio, protettore della gola, mentre i sammarchesi affetti da artrosi e reumatismi si ingraziavano san Nazario. Molti, perfino molte, erano abbigliati come san Michele Arcangelo. Soltanto il Venerdì Santo e durante le processioni, veniva messo addosso alle bimbe un abito molto elaborato da Addolorata, costoso e poco pratico.
E la fuitina? Quando l’amore di una coppia era contrastato dalle famiglie, per coronare il sogno ce nefujéuene. Il ragazzo portava la ragazza a casa di qualche parente. Nella famiglia di lei succedeva il finimondo, per il disonore, la vergogna, ma non appena si calmavano gli animi, i genitori si mettevano d’accordo per fissare la data del matrimonio riparatore. Al fatto compiuto ricorreva con la forza chi non veniva corrisposto in amore, sicuro che lei si sarebbe piegata alle nozze perché nessuno avrebbe sposato una ragazza “disonorata”. Lo adottavano come stratagemma i figli di famiglie numerose o con difficoltà economiche: era un modo per risparmiare, visto che i matrimoni riparatori venivano celebrati di mattina presto, senza il vestito bianco e non prevedevano pranzi e festeggiamenti.
Usanze e credenze erano parte centrale della cultura folklorica e si tramandavano per generazioni. Sono arrivate cinquanta, anche sessant’anni fa, eppure sembra di parlare di cose accadute secoli prima, riconosce Grazia Galante.
Divertente la sezione finale. Spicca l’interpretazione dei sogni. Si riteneva che aspettative favorevoli derivassero da un buon segno: il fango, l’acqua sporca, le deiezioni, tanto più abbondanti possibile, perfino una bara piena. Di cattivo presagio, invece, sognare disordine, topi, gatti, una bambina o una bara vuota.
Derivavano dalla saggezza popolare senza tempo le anticipazioni meteo alla buona, dall’universale “rosso di sera bel tempo si spera, rosso di mattina il tempo si avvicina”, al più dettagliato “se piove il 4 settembre, si sta a mollo fino a dicembre”. Infallibili le previsioni sui raccolti: “sotto la neve pane, sotto l’acqua e il vento fame”.
E ricordate che:
L’acqua di agosto porta olio vino e mosto.

Il ciclo della vita. Tradizioni e credenze di San Marco in Lamis
Amazon.it: 23,74 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il ciclo della vita. Tradizioni e credenze di San Marco in Lamis
Lascia il tuo commento