Il cielo di stagno
- Autore: Ben Pastor
- Casa editrice: Sellerio
- Anno di pubblicazione: 2013
Dopo il successo di “Lumen” , la scrittrice italo americana Ben Pastor torna a raccontarci pagine di storia poco note servendosi del suo personaggio originalissimo, il maggiore dell’esercito tedesco Martin Bora, aristocratico, cattolico, proveniente dalla scuola di cavalleria, detective suo malgrado per conto dell’Abwehr, il servizio segreto tedesco, durante la Seconda guerra mondiale.
Il romanzo ha come ambientazione l’Ucraina, occupata dall’esercito tedesco. Siamo nel maggio 1943 a Kharkov. La battaglia di Stalingrado è stata combattuta e persa dall’esercito germanico e quell’assedio è costato un prezzo troppo alto ai nazisti: suicidi, uccisioni, mutilazioni, follia... Bora ne è uscito apparentemente indenne, lucido, consapevole che il progetto hitleriano di supremazia sull’Europa è destinato al fallimento. La Russia è in grado di schierare ancora milioni di uomini e Bora ne conosce bene la lingua, le abitudini, le possibilità. Conosce bene anche i suoi connazionali, divisi tra SS, Gestapo, Wehrmacht, commissari dei territori occupati, giudici militari, servizi segreti, in aspro conflitto di potere fra di loro, divisi fra rigidità ideologica e corruzione, fedeltà assoluta al capo e dubbi legittimi su quanto la Germania hitleriana sta compiendo.
La narrazione alterna il racconto della gesta di Bora, con intere pagine del suo diario scritte in prima persona dal protagonista. Il fascino di questo romanzo sta esattamente nei dubbi, le perplessità, i ripensamenti ai quali è costretto Martin Bora. Lo scenario nel quale si trova immerso è quello di una regione devastata prima dalla carestia, dalle rappresaglie e dalla guerra civile operata da Stalin e ora in mano alla crudeltà degli occupanti nazisti, pronti ad ogni nefandezza su militari e civili, donne e bambini, ebrei e partigiani.
Il plot del libro è complesso e molto articolato: c’è una foresta, Krasny Yar, che è un posto maledetto, dove sono avvenute e continuano ad avvenire orrende uccisioni, che la superstizione popolare ingigantisce; ci sono le morti improvvise ed inspiegabili di due generali russi, uno dei quali, Platonov, da lungo tempo prigioniero, si rifiuta di rivelare i piani di attacco dell’esercito malgrado l’insistenza di Bora; l’altro, Khan, addirittura si consegna a bordo di un potente carro armato ai nazisti, con la richiesta di essere messo a confronto con il capo dei Servizi segreti. I due vengono avvelenati sotto gli occhi impotenti di Bora, incaricato di scoprire i reconditi motivi e gli autori di quel duplice delitto. La trama si dipana lungo tutto la svolgersi del mese di maggio, in un crescendo di caldo, mosche, violenza, misteri, delitti.
Intervengono diversi personaggi, il più riuscito dei quali è certamente la cantante lirica Larissa Malinovskaya, ora anziana, ma in gioventù amante del padre di Bora, il musicista Friederich, che l’aveva abbandonata dopo una lunga relazione, lasciandole il suo pianoforte. L’incontro interessato fra il giovane Martin, che suona per lei un pezzo composto da suo padre, “Le campane di Novgorod”, e Larissa che si ingozza di burro, di cui è ghiottissima, che riceve in cambio delle preziose informazioni che aiuteranno in modo decisivo Martin nelle indagini, è una delle pagine più riuscite del libro.
Le riflessioni di Bora, la paura della morte in agguato per lui e per il suo giovane fratellastro Peter, la consapevolezza dell’orrore in cui sono precipitati i tedeschi per l’insensatezza della guerra, traspaiono nelle pagine della Pastor:
“Non è solo quello che abbiamo fatto o che ci è stato fatto, ma quello che abbiamo visto fare ad altri, quello da cui non abbiamo potuto distogliere lo sguardo”,
pensa Bora, incapace di immaginare di poter riabbracciare sua madre o fare l’amore con l’adorata Benedikta, la bellissima moglie che lo aspetta in patria. Non è più l’uomo che era. Il mondo da cui proviene, probabilmente, se riuscirà a sopravvivere, sarà scomparso:
“Case in cui la colazione era servita sui vassoi d’argento e ci si cambiava per la cena, dove le stanze erano tenute eternamente immacolate. Disciplina, rispetto, feste comandate, vacanze, rango e cortesia sempre rispettati; generosità e filantropia come forme di dovere. Fiori freschi nei vasi, buone maniere…”
La scrittrice nel raccontare la guerra ci mette di fronte alle contraddizioni, alle paure, alle debolezze, alla corruzione, la falsità, la defezione in agguato anche tra gli uomini più convinti. Le dittature sanguinarie, tanto quella staliniana che quella del nazionalsocialismo hitleriano, sono destinate a perdere gli uomini ed annullarsi, sembra suggerire in molte pagine del romanzo. In esso, insieme alle fosse comuni, ai cadaveri, alle esecuzioni sommarie, alle deportazioni, alle stragi, compaiono brani di vita normale. L’amore per la letteratura, le citazioni di Spengler, del Conte di Montecristo, di Madame Bovary, di François Villon, di Schumann e Brahms, Debussy e Massenet, lo scambio epistolare tra Martin e la moglie, la bella foto di lei, nuda, ci riportano ad un mondo dove musica e arte, teatro e buoni sentimenti possono ancora salvare l’umanità dell’abisso a cui sembra destinata. Lo spartiacque di Stalingrado, con le sue conseguenze in tema di conservazione della dignità umana, sembrano essere al centro della riflessione di Bora, a cui il cappellano chiede, a nome del cardinale suo confessore, di pentirsi perché sarà perdonato dall’Onnipotente. Ma Martin Bora ha saltato il fosso e, dopo tutto ciò che ha visto e ha fatto, non crede più.
Un thriller pieno di suspense, ma anche una riflessione dell’esito drammatico in termini morali a cui gli eventi della prima metà del ’900 hanno condannato gli uomini in tutta Europa. Particolarmente curata la traduzione, che risulta attenta e sensibile alle sfumature che certamente Ben Pastor ha voluto attribuire alla psicologia dei suoi personaggi, originali e giustamente contraddetti.
Booktrailer
Il cielo di stagno
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